Velocissime… sulle dune! Lontano dall’asfalto /2
Veloce è emozione, capacità di andare oltre gli schemi e le convenzioni. Negli ultimi giorni Morgan ha presentato la Plus CX-T (qui per saperne di più), il non-plus-ultra del talento del marketing attuale. Questo fa l’impossibile per trovare uno sbocco verso nicchie inespresse, conquistare nuovi lidi, dare un senso alle ‘cose’ automobilistiche. Ma la sportiva inglese ‘non convenzionale’ ci ha fatto anche riflettere e ci siamo chiesti quali fossero le ‘Velocissime‘, quelle auto davvero fuori dagli schemi passate alla storia. Ma con una variabile in più: ovvero che non avessero bisogno (almeno in teoria) dell’amata superficie dell’asfalto per toglierci il respiro. Sportive veloci, nell’etica, nella meccanica, nell’aspetto, nella destinazione. Ecco la nostra selezione in due puntate. Il secondo episodio (qui il primo) è dedicato a niente di meno che una Mini con i cingoli, la prima vera suv supercar e una Porsche 911 Turbo pick-up pronta a conquistare il deserto.
BMC MINI-TRAC 1965. Nel 1959 nasce la BMC Mini. Il gioiellino di Alec Issigonis, la Fiat 600 d’Oltremanica, è subito un grande successo di vendita. Ma sono anche gli anni delle più intense esplorazioni nei climi più difficili del pianeta. Nel ’65 una spedizione australiana va alla conquista dell’Antartide. Del gruppo che prepara la Australian National Antarctic Research Expedition (ANARE) fa parte anche l’australiano Terry O’Hare, che per l’occasione sviluppa una versione ‘spazzaneve’ dell’utilitaria inglese, un piccolo veicolo per muoversi agilmente sulle ‘dune ammantate’ del continente. Sono mantenuti più componenti possibili del modello di serie: telaio, sospensioni, quattro posti e carrozzeria. Il motore è il quattro cilindri della BMC 1100, la trasmissione è a quattro marce. Il movimento è assicurato da due fasce di cingoli larghi diciotto centimetri. Al posto dello sterzo sono installate due leve che danno movimento a ciascun cingolo e consentono la marcia e la svolta. Sono costruiti tre esemplari ma uno solo viene effettivamente spedito in Antartide. Il primo, a conclusione dell’esperienza antartica, torna in Australia e forse lì si trova oggi. Un secondo prende la via della Nuova Zelanda ma se ne perdono le tracce. Il terzo viene effettivamente costruito e viene venduto in Canada. Sembra che oggi si trovi ancora lì.
LAMBORGHINI LM002 1986. Il primo tentativo di un fuoristrada taurino è del 1977 e nasce nell’ambito di un programma militare americano. La Chetaah (preceduta dal concept XR311 del ‘71), è presentata al Salone di Ginevra: è un ‘ghepardo delle sabbie’, una massiccia dune buggy in acciaio con V8 centrale a tre marce. Ma il progetto non ha successo. A causa di noie finanziarie nel 1981 il Toro è acquisito dai fratelli Mimram, che ridanno energia al progetto e presentano a Ginevra la LM001 con V8 posteriore – centrale da 5,9 litri. La via è giusta ma serve più potenza. A Ginevra ’82 debutta la LMA002: nuovo telaio tubolare ma, soprattutto, motore anteriore: questo è il possente V12 della Countach LP500S [LINK: ] con 332 cv. Ed infine, al Salone di Bruxelles ’86, ecco la macchina definitiva: la LM002. Il frutto di questo progetto militare abortito è un rinoceronte stradale con il motore della Countach Quattrovalvole, 5,2 litri, sei carburatori, 450 cv, due metri di altezza, 2500 kg. (290 litri di serbatoio), 4 posti, 0-100 km/h in meno di 8″. e 210 km/h. Su strada è una bestia, una che gli spigoli degli edifici li demolisce (perché non ci passa!) mentre la lancetta del carburante si muove in tempo reale (consuma in un modo titanico!). E nel suo vero terreno d’espressione? Si dice che fuori dall’asfalto non sia efficace: le ruote troppo larghe la fanno galleggiare, la coppia impressionante la fa slittare di continuo. Viene messo in piedi un programma sportivo. L’idea è di un team francese e viene coinvolto ‘il drago’ Sandro Munari. L’obbiettivo è la Parigi Dakar ’88. L’LM002 diventa un gozilla con 600 cv. Ma alla prima gara, il rally dell’Acropoli, si ritira. Il team francese fallisce e con lui i sogni di gloria. E ci può essere una versione ancora più impressionante di lei? Certo: la LM002 Station Wagon allestita per il Sultano del Brunei.
RINSPEED BEDOUIN 2003. Il tuner-customizer svizzero è uno dei più eclettici sulla piazza, di quelli che al Salone di Ginevra ti spiazza: creatività all’ennesima potenza che diventa re-invenzione. Nei primi Anni 90 si fa conoscere grazie alla sua reinterpretazione della Lamborghini Diablo ma soprattutto per il restyiling della meravigliosa Bugatti EB110. Nel 2003 il marchio svizzero crea sensazione con un’idea strabiliante: mentre Porsche sconvolge l’universo con la Cayenne, Rinspeed raggiunge lo stesso risultato da un’altra angolazione: la Bedouin è una Porsche 996 Turbo con una grande versatilità funzionale che le è data dalla carrozzeria trasformabile. Nella sua configurazione base è una shooting brake per quattro passeggeri. Ma sfruttando gli ammortizzatori idraulici e il movimento del tetto si può alzare di quindici centimetri e trasformarsi in un pick-up due posti. Il design è degno del più inutile (ma assai stylish) dei giocattoli per tiktoker del Dubai. Il motore è addirittura virtuoso: il boxer 6 cilindri di Stoccarda è alimentato a gas: produce 420 cv, copre lo scatto da 0 a 100 km/h in 5″9 e raggiunge i 250 chilometri orari autolimitati.