Veloce intervista: Toni Fassina
“Ho iniziato a correre quando ho smesso con le corse”, ama ricordare Toni Fassina per sottolineare l’impegno che richiede, e che lui ha messo fin dal primo giorno, l’attività di concessionario. Iniziata, nel suo caso, nel 1983, mentre stava concludendo la sua carriera di pilota professionista (terminata di fatto nella primavera del 1984 con la vittoria alla Targa Florio su Lancia Rally 037). La sua vita da imprenditore è stata costellata di successi, nel segno di un’espansione geografica che lo ha portato dalla provincia di Treviso al Veneto e poi a Milano, diventata la sua città adottiva. Tutto comincia nel 1983, quando Toni Fassina rileva la concessionaria Fiat di Vittorio Veneto, in provincia di Treviso. Sono gli anni di uno sviluppo vorticoso che portano la concessionaria, nel 1989, a essere la terza in Italia per numero di auto nuove vendute. In questo periodo iniziano anche le prime acquisizioni: vengono rilevate la concessionaria Fiat Zaja di Pordenone, la Citycar, concessionaria Fiat di Padova e, nei primi Anni ’90, la concessionaria Fiat di Mestre, attuale Campello Motors.
ESPANSIONE COSTANTE. Il settore auto procede a gonfie vele e, nel 1996, viene inaugurata la concessionaria Volvo Autopolar a Conegliano Veneto (TV). La collaborazione con Volvo viene continuamente ampliata nel corso degli anni: allo stato attuale il Gruppo Fassina è concessionario Volvo a Treviso, Conegliano (TV), Belluno e Milano. Nel 1997 comincia la sfida più ambiziosa: il gruppo rileva da Fiat Auto Milano la storica succursale, sita in via Arona 15, adiacente alla Fiera Campionaria e a Corso Sempione. I marchi storici Alfa Romeo Rotondi, Lancia Saicar e Fiat Saigarage entrano a far parte del gruppo, avviando l’espansione nel capoluogo lombardo: viene acquisita la Volvo Sveziacar, la Chrysler Syncro Car Service, la Land Rover Comar e la Jaguar British Racing Green. Nel giro di pochi anni l’azienda può vantare lo showroom più ampio e prestigioso di Milano: il Car Village di via Giovan Battista Grassi: oltre 50mila metri quadrati tutti dedicati all’auto. I prestigiosi marchi Infiniti e McLaren scelgono il gruppo come distributore esclusivo per l’Italia, rispettivamente nel 2008 e nel 2010, arricchendo ulteriormente la già vasta offerta che oggi genera un fatturato aggregato vicino ai 400 milioni di euro. La proposta di marchi inglesi si completa poi tra il 2018 e il 2021 con l’arrivo di Bentley e MG, quest’ultimo caratterizzato da una gamma ampiamente elettrificata e con notevoli ambizioni, mentre sul fronte asiatico Hyundai e Mitsubishi costituiscono i due marchi di riferimento per Fassina. A conferma della matrice petrolhead di Toni Fassina, dal 1999, tramite Petrol Service, il gruppo da lui presieduto è presente nella distribuzione carburanti col marchio H6, settore che viene seguito con particolare interesse e per il quale è previsto un piano di crescita considerevole.
Cosa pensavi dei concessionari quando eri ancora pilota?
Sono sempre stato affascinato dall’automobile e di conseguenza mi è sempre piaciuto il lavoro dei dealer, come li chiamiamo oggi. Quando nel 1983 ho iniziato l’attività di imprenditore nel commercio di automobili ho subito capito che solo con l’impegno costante e quotidiano si ottengono i risultati, altrimenti non c’è possibilità di sopravvivenza sul mercato.
Quanto ti è servita l’esperienza agonistica di pilota nella tua carriera di brillante imprenditore?
Tantissimo: per i sacrifici, l’impegno, la puntualità, la precisione, lo spirito organizzativo, tutto ciò che ti porta a non lasciare nulla al caso. Nel nostro lavoro di dealer è proibito sbagliare. Fare il pilota, soprattutto il pilota professionista, richiede un impegno che chi non lo è o non lo è stato non riesce a immaginare e che non si esaurisce nel guidare il più velocemente possibile un’automobile. Non da ultimo, correre mi ha insegnato a svegliarmi presto e a essere performante da subito, due particolari non così scontati.
Quando hai capito che l’attività di dealer avrebbe rappresentato il tuo futuro?
Da subito. Mi piaceva fare il concessionario, c’era molto da lavorare e a me è sempre piaciuto lavorare. Non ho mai avuto, neanche per un istante, la tentazione di fermarmi o di tornare indietro.
Com’è cambiata la professione di dealer da quando hai iniziato ormai quasi 40 anni fa?
Non mi sembra che sia cambiata molto, nonostante la digitalizzazione, internet e il passaggio a vetture sempre più complesse e tecnologiche. Per avere successo occorre sempre essere precisi e attenti nel lavoro, onesti e trasparenti con i propri collaboratori e con i clienti. Il rigore etico è fondamentale tanto quanto lo sono la professionalità e l’esperienza. Dobbiamo trovare ‘clienti a vita’, fidelizzarli con la qualità del nostro lavoro
Cosa occorre per dare impulso al lavoro di dealer nei prossimi 5-10 anni?
Sono sempre stato ottimista e lo sono ancora rispetto alla professione di concessionario. Certo, servono mezzi finanziari e una proprietà e un management di alto livello. Ma con un circolante composto da 40 milioni di automobili in Italia, di cui la metà da cambiare per obsolescenza il lavoro non dovrebbe mancare per i prossimi 10, 20, 30 anni. Certo i fattori esterni possono condizionare la domanda, ma io resto fiducioso. Poi è chiaro, non si può pretendere che il Paese passi alla mobilità elettrica all’improvviso, quando i problemi relativi ad autonomia, capillarità dei punti di rifornimento e tempi di ricarica, senza parlare del prezzo delle vetture elettriche, non sono stati risolti. Ma già sul fattore prezzo la situazione sta migliorando, grazie agli incentivi e all’aumento della produzione dei modelli a emissioni zero, che porta a una lieve riduzione dei listini.
Parliamo di rally, quei rally che hanno animato la tua vita per almeno 15 anni. Cosa pensi delle auto del momento, le WRC+, le Rally 2 e delle future WRC ibride?
Mi piacciono le auto di oggi; sono più facili da usare per andare al 90 percento del proprio limite e quindi molto più performanti rispetto alle vetture delle precedenti generazioni che pure disponevano di motori di cilindrata superiore e a volte molto più potenti, pensando ai Gruppi B. Vero, c’era più goliardia nell’ambiente, ma cosa cambia nel giudizio tecnico e agonistico? Quanto ai percorsi, ogni periodo ha i suoi punti di forza e le sue negatività. Il Sanremo 1979 che ho vinto con la Lancia Stratos prevedeva 65 prove speciali in 5 giorni, oggi le gare sono lunghe due giornate e mezza. I percorsi di allora erano più duri e lunghi, più selettivi. Ma secondo me non c’è il meglio e il peggio.
Quando hai guidato un’auto da rally moderna l’ultima volta?
Durante l’ultima stagione di mio figlio Alessandro nel Mondiale: la sua Toyota Celica GT-Four gruppo N. Poi solo la mia Stratos, con cui mi diverto moltissimo ancora. E ha un sound, quel motore 6 cilindri Ferrari, che tutte le WRC si sognano!
I successi sportivi dei modelli e dei marchi, soprattutto nei rally dove le auto da competizione ancora somigliano un po’ alle vetture stradali, portano ancora un qualche riflesso sulle vendite?
Direi più a livello di brand che di modello. Lancia e Abarth, per esempio, sollecitano ancora la memoria delle vittorie del passato a chi non è proprio giovanissimo. A livello di modello invece no: difficile che nel salone Hyundai si presenti qualcuno che vuole la i20 perché è l’auto che corre e vince oggi nel Mondiale Rally.
Cosa ne pensi delle gare per auto e moto elettriche, come la Formula E e la Moto-E?
Sono più eventi promozionali che gare. Credo molto nell’elettrico, sono stato tra i primi a utilizzare quotidianamente prima la Cinquecento Elettra, che aveva due soli posti, e poi la Seicento Elettra, a quattro posti. Oggi utilizzo in prevalenza la Hyundai Kona EV, che mi permette di andare da Milano a Valdobbiadene ogni fine settimana senza dovermi fermare a ricaricare e senza dover viaggiare per forza a 90-100 km/h. Ed essendo da poco concessionario MG inizierò presto a muovermi con i nuovi modelli come la Marvel R dotati di autonomia nell’ordine dei 400 chilometri.
Nel tuo lavoro di pilota prima e di concessionario oggi, ti sei ispirato a qualcuno?
Come pilota, quando ho iniziato avevo come modello Sandro Munari, anche lui veneto, e, guardando fuori dai confini italiani, Bjorn Waldegaard e Jean-Claude Andruet. Da imprenditore ho seguito l’esempio di colleghi più bravi di me che guardo con invidia costruttiva.
A quando la pensione, Toni?
In realtà sono in pensione da vent’anni almeno, ma lavoro più di quando ho iniziato. Davvero ho iniziato a correre quando ho smesso di fare le corse! Per avere successo devi trasmettere entusiasmo ai collaboratori e ai figli e ai nipoti se sono in azienda con te. E non manca molto all’arrivo della terza generazione dei Fassina, dopo che mio figlio Ado ha rappresentato e sta rappresentando la seconda generazione, occupandosi soprattutto dei marchi Bentley, McLaren e Volvo.