Tipoteca, la parola alle macchine
Puoi avere tutti i cavalli che vuoi dentro quel cofano, o sotto la sella, ma quanto scommettiamo che un messaggio Whatsapp arriva a Roma prima che tu esca dal garage? Tutto è relativo, anche la velocità. Eppure oggi, nell’epoca dello sharare pare davvero impossibile che il cavernicolo Minga Ponga (ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale) per condividere la caccia all’hamburger preistorica avrebbe dovuto invitare la gente nel salotto della sua grotta, per mostrargli la pittura rupestre davanti al divano. Mai come in quegli anni le parole erano pietre. Motivo per cui non era facilissimo spedirle di qua e di là. E qui entrano in scena gli antichi egizi, che sfoderano un papiro, in foggia di rotoloni impareggiabili (anche in bagno). Eppure, tutte queste cose che sembrano lontane anni luce dal libro che hai sul comodino, in realtà hanno una cosa in comune. E te ne rendi conto quando vuoi prestarlo a qualcuno: te ne devi privare. È così che a uno particolarmente geloso delle proprie cose, in un secolo buio come quello medievale, gli si accende una candela: e inventa il ctrl+c. Il concetto di copia, fino a quel momento applicato solo all’altra metà del cielo artistico (sculture, quadri…). Nasce così una nuova professione, quella degli amanuensi. Mentre i costruttori di mobili intravedono immediatamente un’opportunità di business: la libreria.
GUTENBERG, LO SMACCHINATORE TEDESCO. Va bene, ok. È vero che con gli amanuensi la produzione migliora, ma i tempi di copiatura rimangono a dir poco biblici (anche per colpa del soggetto sacro tanto in voga). Quindi non si può parlare di una vera e propria diffusione, fino a che un giorno succede una cosa: un tedesco, tal Johannes con la passione per la meccanica, si domanda perché mai non si possa far fare a una macchina quel lavoro tanto ingrato. E quando qualcuno gli fa timidamente notare che l’archibugio di cui fantastica non esiste ancora, il signor Gutenberg lo inventa. A vederla così, la prima macchina da stampa sembra un’arma letale, un mostro capace di imprimere sulla carta la stessa pagina tutte le volte che vuoi. E in un niente, si fa per dire: inchiostra, metti il foglio, gira la manovella. Gli amanuensi, gente accecata da secoli di miniature nonostante si vedessero già disoccupati, stranamente non scendono in piazza a protestare. Mentre il mondo dei letterati si trova di fronte a un problema linguistico mica da poco. Per la prima volta nella storia si parla di copie in assenza di un originale: quasi un mistero della fede. Ecco, da quel momento lì, e siamo nel 1439, nasce la condivisione. Ovvero, ognuno può avere la propria copia e tutti possono studiare la stessa cosa. Nello stesso momento. Nelle biblioteche universitarie i numeri dei volumi aumentano, i libri diventano più popolari, e la gente scopre un antidoto contro l’ignoranza: la lettura. Il pensiero riprende la sua velocità e il sapere comincia a viaggiare sulle pagine di queste autostrade di carta. In quegli anni in cui l’America ancora non era stata scoperta, la Silicon Valley è il Vecchio Continente. Ma se l’ingegno meccanico anche allora parla tedesco (non so perché ma la cosa non mi sorprende proprio), il problema è che her Gutenberg, cresciuto a wurstel e crauti, mi aveva un carattere cupo e bilioso, e parlo del font, che stampato era molto complicato da leggere. Oltre che brutto da vedere.
ARRIVANO I NOSTRI (PER FORTUNA). Qui entra in ballo il Pininfarina del tempo. Aldo Manuzio e Giambattista Bodoni sono due carrozzieri del carattere, designer ante litteram che, ispirandosi alla romanità, semplificano: sfilano pance e stanghette, tondi e linee. All’insegna del less is more, ‘il meno è meglio’, nascono pagine di un’eleganza che farà scuola (anche questa volta la cosa non mi sorprende). Oltre che una serie di caratteri senza tempo, come il Bodoni, appunto, o il corsivo, che guarda caso si chiamerà italic, e che nasce, come tutti i pezzi di design, dall’esigenza pratica di un esteta. Manuzio, il papà del libro tascabile, condensa parole per risparmiare carta. Il tutto senza rinunciare alla piacevolezza dell’impaginato. Nascono le edizioni ‘aldine’, copie iconiche di un’originalità tutta nostra.
IL MUSEO, ANCHE ONLINE. Eh, ma che cannonata! Ci vorrebbe un posto dove poter vedere questa roba qui, dirai tu. Una specie di museo che racconti l’evoluzione di macchine che sono veri e propri gioielli di meccanica: dal torchio che sembra quello per fare il vino alla Linotype, che ha fatto furore tra i quotidiani. Per fortuna questo posto c’è, e si chiama Tipoteca. A Cornuda, in provincia di Treviso, è allestita dentro a una vecchia fabbrica che trasuda industriosità da tutte le finestre (era la sede di un canapificio). Qui, questi catafalchi semoventi che vedi nelle foto, tutti stantuffi, tastiere immense, catene di rimando e ingranaggi, raccontano fiumi di parole. Fusi e refusi. Ti è venuta voglia di prendere e partire, ma ti sei svegliato in zona rossa (senza contare che tra regioni non ci si può ancora spostare)? Puoi sempre partecipare ai laboratori online. Scoprirai di avere un bellissimo carattere. E di non averlo ancora stampato.