Scia luminosa/2: le concept che anticipavano il futuro

Scia luminosa/2: le concept che anticipavano il futuro

Oggi le luci formate da un’unica striscia luminosa che percorre il frontale o la coda sono una scelta piuttosto normale ma negli Anni ’70 e ’80 non si andava oltre la concept da Salone. Era una forte provocazione, un balzo nel futuro. Ecco una lista di concept che sembrano astronavi e hanno questo layout.

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PONTIAC PURSUIT 1987. Una concept esprime una visione “energica” verso il futuro, è il punto in cui un designer si sente trasportato più avanti nel tempo. Dove questa categoria di “opere dell’ingegno” crea il maggior fascino è sul “potere predittivo”. Un prototipo anticipa sogni, esigenze, bisogni, forme e tendenze dei tempi a venire. La Pontiac Pursuit è presentata nel 1987 e rappresenta uno sguardo del marchio di Detroit verso un futuro ancora poco immaginato se non in modo esagerato: eppure il 2000 non era distante ma questo sogno su ruote si proietta in avanti con un balzo davvero consistente E, paradossalmente, tutta la tecnologia di cui è equipaggiata oggi fa parte della dotazione comune. Lo stile di carrozzeria è molto audace (laddove attualmente un’auto di produzione adotta con semplicità queste soluzioni). Si pensi, ad esempio, all’unica fascia illuminata frontale che forma le luci e che avvolge il musetto. Le somiglianze con i veicoli di serie, però, finiscono qui. Il design a chiocciola dà luogo a una forma fantasiosa, utopistica, inserita in un ambiente avveniristico dove le auto galleggeranno a pochi millimetri da terra, non avranno necessità di prese d’aria per raffreddare i radiatori e di esse si sentirà solo un ronzìo (ciò spiega le ruote nascoste dietro profondi “spat” vicini all’asfalto).

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In abitacolo la prima innovazione riguarda lo sterzo, dotato di una specie di dispositivo “steer-by-wire”: manca il piantone ed è invece installato un modulo a controllo elettronico che invia gli input agli ingranaggi alimentati a batteria. Questi azionano ruote anteriori e posteriori (anch’esse sterzanti). L’elettronica e l’infotainment sviluppati per quest’auto hanno davvero anticipato la realtà odierna: i normali indicatori sono sostituiti con schermi e pulsant mentre la strumentazione fornisce indicazioni su ogni possibile dato su ambiente e veicolo con un’abbondanza di visori, per certi versi, allarmante: questa è, peraltro, esattamente la tecnologia che le case automobilistiche si affannano a vendere oggi. Naturalmente c’è un avanzato sistema di navigazione e schermi televisivi sullo schienale dei sedili per intrattenere i passeggeri. Sotto il cofano è installato un 4 cilindri turbo con distribuzione bialbero e 203 cavalli, propulsore oggi presente su molte automobili di qualsiasi fascia del mercato.

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LINCOLN MACHETE 1988. All’inizio del 1988 al Salone dell’Auto di Chicago, Lincoln svela la Machete, una berlina full-size a due porte con design avveniristico e individualista. Gli unici accenni ai canoni Lincoln sono la griglia verticale stilizzata scavata nel paraurti anteriore e una serie di loghi che accrescono l’appartenenza. Nel complesso la forma è chiaramente influenzata da tematiche fantascientifiche, in particolare dal film Predator dell’87 con Arnold Schwarzenegger. I copriruota integrali rafforzano la forma aerodinamica e con un tono di aggressività ma non riescono a nascondere del tutto il peso visivo dell’auto, soprattutto dalla parte posteriore dove l’enorme sbalzo serve forse per riporre tute spaziali. L’impianto dei fari è organizzato con una sottile striscia orizzontale ed è raccordato con una modanatura che corre per tutta la fiancata per dare consistenza e volume. Gli specchietti retrovisori sono sostituiti da piccole telecamere alla base di ciascun montante A, mentre le maniglie sono a scomparsa.

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Tutta la greenhouse è concepita per dare all’interno un ampio senso di spazio, comfort e ariosità. Questo si coglie anche nell’andamento morbido del padiglione. Tutte le superfici vetrate sono oscurabili: l’operazione avviene con un controllo in abitacolo. I sedili sono grandi e ampi, tipiche poltrone all’americana. le dolci curve della plancia, la console fluida e il volante a due razze (ma sulle grandi dorsali americane se ne utilizza una sola) sono integrati da schermi LCD riconfigurabili. Il conducente è circondato da un’area di visualizzazione fluida e da una console con grafica a fibre ottiche. La gestione del flusso d’aria è la chiave della Machete: è equipaggiata con dispositivi di controllo della portanza anteriore e posteriore che controllano la spinta al suolo e la frenata.

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CHEVROLET CERV III 1990. Il programma C.E.R.V. (Corporate Engineering Research Vehicle) nasce nel ’59 per testare differenti soluzioni per la Chevrolet Corvette e tra queste il motore posteriore-centrale. Zora Artus Dunkov, ingegnere dello staff, presenta il primo risultato nel ’59, il prototipo CERV I. Nel ’63 è introdotto lo studio successivo, CERV II, un concept per spingere il progetto Corvette di fronte alle sempre più numerose auto da corsa con motore centrale. È un vero mostro: monta il V8 posteriore della CERV I e trazione integrale; vola da 0 a 100 km/h in meno di 4 secondi e supera 320 km/h. Nell’84, poco dopo la presentazione della Corvette C4, il programma CERV riparte per dare visibilità ai progetti interni di GM. Avendo una partecipazione in Lotus il Gruppo è interessato alla sua tecnologia delle sospensioni attive per la F1. Chevrolet invece vuole dare visibilità al motore V8 per la Serie Indy e ad altre innovazioni allo studio: acceleratore a controllo elettronico e quattro ruote sterzanti. I nuovi prototipi devono creare suggestione e accendere il desiderio verso una Corvette con motore posteriore. La Chevrolet Indy debutta al NAIAS di Detroit ’86; è un manichino non marciante, la sintesi che Zora Arkus-Duntov ha sempre cercato in una Corvette con questo layout di motore ma non è diventato realtà. È un trionfo di curve e rotondità morbide, sembra un UFO ma “non è minaccioso”. In coda risalta una striscia luminosa a tutta larghezza che racchiude le luci. A questo primo esemplare non marciante segue una seconda Indy di colore rosso, equipaggiata con V8 di 2,8 litri ma ancora non definitiva e al NAIAS di gennaio 1990, infine, l’esemplare perfetto: la CERV III perfettamente marciante per dare concretezza a tutti gli studi tecnici che la riguardano. La carrozzeria è un unico pezzo ottenuto dall’amalgama di alluminio, fibra di carbonio e compositi; è stato così raggiunto un ottimo livello di rigidità strutturale. Questa è anche molto aerodinamica perché registra un coefficiente di 0.27. Il motore è un V8 con due turbocompressori che fornisce 650 cavalli. Anche la trasmissione è un colpo di genio poiché consiste in una complessa struttura con due cambi accoppiati: un Hydramatic a tre marce a cui è unito un secondo componente per un totale di sei rapporti. La forza di trazione agisce su tutte e quattro le ruote (attraverso un giunto viscoso), ed è variabile tra gli assi grazie all’elettronica. Le ruote della CERV III, infine, sono tutte sterzanti. Di tutti e tre i prototipi CERV costruiti, il terzo è quello più vicino alla produzione in serie.

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JAGUAR XJ 220 PININFARINA 1995. È nota la passione (ingordigia?) del Sultano del Brunei verso le auto speciali. Tra gli Anni 80 e 90 il monarca del Far East si è fatto confezionare una quantità/qualità di super/hypercar speciali ai limiti del ridicolo (finanche “stucchevole” nella percezione di un super-appassionato). E il dettaglio più sensazionale è che si è sempre trattato di esemplari ufficiali, costruiti direttamente da team di tecnici e sviluppatori delle Case Madri. Del resto con una capacità di spesa “infinita” non poteva esistere sogno irrealizzabile. Tra queste creazioni uniche figura la Jaguar con telaio SAJJEAEZ7AX220889. Si tratta di una XJ220 appartenente a un lotto di una “ventina” di esemplari standard e commissionata nel 1992. Questa macchina in particolare è stata ri-carrozzata da Pininfarina in esemplare unico. La Italtecnica di Torino si è occupata dell’ingeneering con l’obbiettivo di mantenere intatte tutte le qualità dinamiche mentre la carrozzeria (verniciata in uno speciale colore verde scuro), è realizzata da Coggiola.

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Il frontale è stato modificato allargando gli ingressi d’aria e rendendo la forma “meno appuntita”. I fari di serie hanno lasciato il posto a quattro luci per lato che girano intorno al musetto e iniziano a salire sul passaruota mentre due enormi uscite sotto il parabrezza fanno da sfogo all’aria incanalata verso il fondo. Proseguendo verso la coda sembrano modificati il montante A e la forma della porta, ivi compreso il bordo inferiore del finestrino. Nuovi sono anche gli ingressi d’aria sulle fiancate nella parte bassa del passaruota posteriore. La coda appare molto modificata: termina con un doppio spoiler dove quello inferiore è una fascia luminosa che percorre tutta la larghezza di questo e ricorda l’Honda NSX; sotto di questa passa un flusso d’aria che proviene dal padiglione incanalandosi per dare stabilità alla coda. L’abitacolo è molto modificato: plancia, strumentazione, tunnel centrale e pannelli porta. A livello meccanico l’XJ220 Speciale Pininfarina è personalizzata con l’aggiunta dell’automatismo della trasmissione a cinque marce (non si vede più, infatti, la leva del cambio); altri interventi riguardano l’aggiunta del servosterzo e modifiche all’impianto elettrico e di raffreddamento. Secondo le fonti non sono state eseguite variazioni a telaio e motore (V6 biturbo da 542 cavalli). Sembra che questo esemplare unico non abbia mai lasciato il Sultanato del Brunei.

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LO SCENARIO ATTUALE. Oggi la produzione di automobili con questo layout di luci è ampia e varia. Sembrano prendere la sembianza di un raggio di luce, un bagliore minimalista che indica purezza. I costruttori sfornano soluzioni con caparbietà, creatività e soluzioni che guardano a un futuro positivo. Le proposte sono tante e racchiudono anche nuovi traguardi nella tecnologia dell’illuminazione. Tra queste: la Mercedes Vision EQXX e Vision AVTR, la Bugatti Voiture Noir, la Lightyear One, la Chery Light Year 1, la Lucid Air, L’Audi Q6 E-tron Prototype, la Alpine Alpenglow, la Tesla Cybertruck, la Microlino e i recenti modelli Porsche

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