Romano Artioli, oltre il limite dei… 90

UOMO D’ALTRI TEMPI.  Romano Artioli, lo storico ex patron di Bugatti e Lotus, che ha guidato con entusiasmo vulcanico tra il 1987 e il 1996, ha appena compiuto novant’anni, ma si guarda bene dall’andare in pensione. E fare quattro chiacchiere con lui è sempre un’iniezione d’ottimismo e fiducia, pur in un mondo che corre veloce e non si ferma ad aspettare come quello di oggi. Nel quale valori come il tempo, la pazienza, il coraggio, la libertà di sognare e rincorrere i propri sogni appaiono sempre più svuotati. E ogni volta che può, Romano, insieme con la nipote Elisa (alla quale nel 1995 dedicò la Lotus Elise, il modello che diede fiato alla ripresa della Casa di Hethel), s’infila casco e guanti per una sfida in famiglia sui kart. Ma Artioli non è veloce solo in pista: la sua mente è un ping pong perenne di idee e considerazioni mai banali sul domani dell’auto.

Romano Artioli 90 anniQuando è nato il suo amore per le automobili?
Lo scoprii a dieci anni – racconta a Veloce – quando mi capitò per le mani un libro per prepararsi all’esame per la patente di guida pieno di spiegazioni e immagini sui motori diesel. Perché all’epoca i veicoli non bastava saperli guidare, serviva anche saperli riparare. Fu come una folgorazione. E voglio dire una cosa: mi sarebbe piaciuto tanto anche correre in macchina, ma se mi fossi dedicato anima e portafogli per guidarle, le automobili, forse non sarei mai riuscito a costruirle.

Romano Artioli 90 anniCome imprenditore ha lasciato il segno. La stabilimento Bugatti di Campogalliano era tra i più all’avanguardia in una zona dove la concorrenza era feroce. Non ha mai avuto timore di “pestare i piedi” a Ferrari, Maserati, De Tomaso e Lamborghini?
No, perché la mia intenzione era un’altra: collaborare con tutti per potenziare il ruolo e l’immagine della nostra Motor Valley nel mondo. Ricordo le difficoltà della Lamborghini, che all’epoca si trovava in una crisi senza apparente via d’uscita. Suggerii loro di cedere all’Audi – alla quale avevano già chiesto aiuto per lo sviluppo di nuovi modelli a quattro ruote motrici –  il 2% delle azioni della società. All’inizio tergiversarono un po’, pensavano che fosse un regalo eccessivo. Poi cambiarono idea e, beh, basta guardare cos’è diventata oggi la Lamborghini…

Romano Artioli 90 anniCapitolo Bugatti: quali sono i ricordi a cui è più legato?
Da grande appassionato di auto e di corse quale sono sempre stato, avvertivo dentro di me la profonda necessità di ridare vita al sogno Bugatti, che si era interrotto nel 1954. Era stata la marca di automobili più prestigiosa a cavallo tra le le due guerre mondiali e, dopo aver lavorato 36 anni per mettere insieme i capitali che mi servivano a rilevare il Marchio, volevo fare il possibile per metterla in sicurezza. Naturalmente questo significava anche creare le migliori condizioni di lavoro per i dipendenti. E così è stato: lavorare per la Bugatti è stato per tutti noi, dai progettisti agli operai, dai dirigenti al custode, un immenso orgoglio. Per una serie di ragioni che spiego molto bene nel mio libro Bugatti & Lotus thriller non sono invece riuscito a dare un futuro a quella fabbrica meravigliosa. Suscitammo tanta ammirazione, ma anche tante, troppe gelosie da parte di certi soggetti che, alla fine, sono riusciti a distruggere i nostri sogni. Ma la Bugatti si è rivelata più forte e oggi svolge un ruolo di grande prestigio e importanza all’interno del gruppo Volkswagen.

Perché la “Fabbrica Blu” di Campogalliano era diversa da tutte le altre? 
Nel mio lavoro ho visitato tantissime fabbriche e le ho sempre trovate molto tristi. Così, quando ebbi l’occasione di costruirne una tutta mia, ho cercato di dar vita a un luogo nel quale andare a lavorare fosse un piacere. Con l’aiuto dell’architetto Benedini, un vero appassionato, abbiamo disegnato ambienti luminosi e in cui tutti condividevamo sogni e obiettivi: gli operai sapevano che tempo faceva fuori e al ristorante sedevano insieme agli ingegneri e agli ospiti importanti che venivano a trovarci. Il lavoro ce lo portavamo anche a tavola, ma non era un peso, perché le soluzioni ai problemi cercavamo di trovarle con la forza del gruppo. Eravamo tutti consapevoli di stare realizzando qualcosa di unico e speciale.

Della sua squadra parla come fosse un dream team…
E non credo di esagerare. Eravamo geniali, ma eravamo prima di tutto persone semplici. Il nostro progettista più bravo, Oliviero Pedrazzi, non aveva fatto neanche l’università, ma conosceva il valore del gioco di squadra e come tirare fuori il meglio da ogni collaboratore. Il suo gruppo era composto da sette, otto persone, tutte bravissime nel trovare per ogni criticità almeno tre soluzioni, tutte diverse e tutte facili da attuare. Ricordo ancora quando, nella prima riunione, dissi loro che con la EB110 il nostro obiettivo era costruire la GT più incredibile che fosse mai esistita.

Romano Artioli 90 anniNe venne fuori la Bugatti EB110, che molti ritennero essere la supercar “definitiva”: era davvero così o c’è qualcosa che cambierebbe di quell’auto?
Per sicurezza, prestazioni e qualità costruttiva quella macchina non aveva e probabilmente, a distanza di trent’anni, non ha rivali. I clienti più affezionati ancora oggi mi scrivono per dirmi che basta cambiare olio e filtri per far ripartire l’auto anche dopo alcuni anni di stop in garage. Detto questo, io la penso esattamente come Enzo Ferrari: la miglior auto che sia mai stata costruita è la prossima.

Qual è stata e quale rimane, nella vita e nel lavoro, la sua più grande fonte d’ispirazione?
La risposta potrà apparire scontata, ma ha un nome e un cognome ben precisi: Ettore Bugatti. Aveva sedici anni quando andò a Milano per fare l’apprendtia alla Prinetti e Stucchim, che all’epoca costruiva tricicli a motore. Iniziò a modificarli installando un secondo motore e divennero vincenti. Quattro anni più tardi, nel 1901, aveva già costruito la sua prima automobile con un motore a quattro cilindri: fantascienza, se pensiamo che all’epoca per le strade si vedevano solo biciclette e carrozze trainate da cavalli”.

Romano Artioli e la nipote ElisaE Colin Chapman? Cos’ha imparato, dal fondatore della Lotus?
Parlare di Lotus per me significa riaprire pagine della mia vita molto importanti e dense di tanti significati. A differenza della Bugatti, nei miei anni alla guida della Lotus non ho mai delegato nulla, a costo di lavorare 24 ore su 24. Non avevamo un penny bucato, ma non abbiamo licenziato neanche un operaio. Il piano di rilancio era così stimolante e ambizioso che ogni singola risorsa ha dato il 110%. La Elise ha fatto il resto: è stata il giusto premio alla nostra corsa e il punto di partenza per tornare a essere protagonisti tra i migliori costruttori di auto sportive. Proprio come ai tempi di Colin Chapman, la cui più grande intuizione resta l’aver compreso prima degli altri l’importanza della leggerezza e dell’aerodinamica per tenere incollate all’asfalto auto che, altrimenti, avrebbero spiccato il volo. È stato un vero genio.

Romano Artioli oggi è un arzillissimo novantenne: quanto è rimasto del Romano bambino in lui
Sicuramente tanto entusiasmo, tanta voglia di fare, di continuare a rincorrere i miei sogni. A maggior ragione oggi che il mondo è un disastro tra guerre, crisi economica ed energetica, transizione ecologica.

Romano Artioli 90 anniA novant’anni non ha nessuna voglia di andare in pensione?
Smetterò quando mi sentirò stanco. E poi ci sono ancora così tante cose belle da fare e da migliorare che adesso non ci penso.

A proposito di transizione ecologica: crede che sarà l’elettrico il futuro dell’auto nei paesi occidentali?
Personalmente, agli elettroni preferisco di gran lunga il biogas: perché buttare via il motore termico, se alimentandolo nel modo giusto diventa più pulito di un motore a corrente? Nell’ideologia verde e iper-prorgressita dell’Unione europea i cortocircuiti sono tanti e stridono con i bisogni dei consumatori. Per questo sono convinto che il motore a scoppio durerà più a lungo dei politici di Bruxelles.

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Un commento su “Romano Artioli, oltre il limite dei… 90”
  • Giovanni Braghetti ha scritto:

    I miei complimenti e auguri. Condivido opinione su elettrico… Sono un sostenitore del Gpl per l’uso quotidiano…

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