Quando il green si fece cool: 25 anni fa la Honda Insight
Su queste pagine ci piace scrivere di hypercar costosissime e sbalorditive, ci piace sognare grazie ai dodicimila restomod che nascono ogni mese e godiamo nel testare sportive esotiche o hot hatch impacchettate di cavalli. Ed ecco quindi la storia della Honda Insight: 1 litro di cilindrata, 75 cavalli, 11,3 secondi per arrivare a 100 orari e una velocità massima di 180 km/h… beh, comunque ben superiore a quella della Abarth 500e. Come mai? Semplice, era costruita in maniera così intelligente ed efficiente da diventare persino interessante. Parleremo solo della mk1, presentata nel Settembre 1999 al Salone di Tokyo e progettata per essere il veicolo a benzina – prodotto su larga scala – più parco nei consumi dell’epoca, dato che le eredi non saranno altrettanto brillanti.
SI FA NOTARE. La Honda Insight ZE1 viene svelata al pubblico poco dopo l’avvento della Prius, con un consumo dichiarato di 35 km/l (!) e un coefficiente aerodinamico di 0,25, praticamente quello di una goccia in caduta libera. Valori simili sono raggiunti spremendosi le meningi in tutti i campi, che siano meccanici, aerodinamici o costruttivi, rendendo la Insight una vera amica dell’ambiente, non come un qualche Suv elettrico da quattro tonnellate dichiarato ecologico da un gruppo di ciechi moralisti. Partiamo dal look: eh sì, è bello strano. Dimensioni ridotte, ruote posteriori carenate, linea da coupé due porte e un profilo a lacrima che la rende per metà attraente e per metà buffa. Quella carrozzeria che ricorda una CR-X arrotondata è realizzata con alluminio riciclato, costoso, ma se optate per il cinque marce manuale al posto del cambio CVT avrete un peso a secco fermo a 820 chili. Ci sono pacchi batterie che pesano di più.
ABBINATA VINCENTE. Il motore è la star della Insight, leggero quanto un colibrì sottopeso e ibrido. Il 3 cilindri 1.0 è realizzato in alluminio, magnesio e plastica ed eroga 68 cavalli, alla quale si aggiungono 13 cavalli da parte del motore elettrico per una potenza combinata di 75 stalloni. A fronte della cavalleria ridotta in realtà le prestazioni sopracitate non sono da disdegnare, merito del Cx e del peso da citycar anni ‘80. In accelerazione il sistema IMA (Integrated Motor Assist) fornisce una spinta in più al tre cilindri mentre in decelerazione e frenata accumula energia per le batterie; lo stesso motorino d’avviamento è alimentato dall’IMA e già venticinque anni fa la Insight montava lo Start&Stop.
CONCEZIONE QUASI ESOTICA. Il telaio è una monoscocca in alluminio piuttosto rigido per la categoria di auto, tra l’altro la Insight veniva assemblata nella fabbrica Honda di Suzuka, la medesima dove la NSX e la S2000 videro la luce. Quale onore. I bracci delle sospensioni erano in alluminio, le gomme su misura avevano una resistenza al rotolamento inferiore del 40% rispetto ad equivalenti treni standard e gli interni vantavano sedili bicolore di tessuto super traspirante, un sottile volante a tre razze ed un design semplice e pratico. Nella vita reale difficilmente si raggiungevano i consumi dichiarati dalla casa, ma traguardi tra i 25 e i 30 km/h erano la norma. Difetti? Fondamentalmente il costo e l’avere solo due posti, per il resto la Insight era acuta, leggera, simpatica alla vista, economica da usare e persino piacevole da guidare. Non stupisce che stia diventando ricercata come futura classica…