Piaggio Ciao, il ciclomotore che ha inventato il motorino
Me lo sento. Finita la clausura stai cercando il tuo mezzo di locomozione urbana. Vuoi una cosa leggera, maneggevole come una bici, ma con la stabilità di una moto. E il motore per non sudare sette camicie andando al lavoro o arrivare sfinito dall’amante. In entrambi i casi non ci faresti una gran figura. Vorresti una cosa col portapacchi e se puoi caricare anche davanti, tra le gambe, sarebbe davvero il massimo. Note tecniche a parte lo vuoi cool perché la quarantena non ha fiaccato il fighetto che c’è in te e non vuoi sfigurare coi compagni di movida. E Ciao. Già, proprio lui.
LA CARTA DI CIRCOLAZIONE, IN BREVE. Lanciato nel 1967 è diventato quasi subito un accessorio femminile, un’appendice sexy della ragazza con lentiggini e Superga blu, che sembrava tanto la Vitti. Pesava meno di 40 chili e aveva una meccanica paragonabile a quella di una bicicletta (traduzione: massima affidabilità e minimi costi di manutenzione). Il mono di 50cc, due tempi, era messo lì sotto, longitudinalmente, per abbassare il baricentro e semplificarne raffreddamento (che era anche forzato) e trasmissione (monomarcia). Freni a tamburo e sospensioni solo davanti (dietro ti molleggiava il sellino…), a un certo punto si è beccato la miscelazione separata (il serbatoio era sotto il portapacchi). Si metteva in moto pedalando e potevi anche liberare le ruote (il tasto nero che c’era in fondo al carter di sinistra) per trasformarlo in bici. In realtà lo si usava così solo in discesa perché il tunnel centrale non agevola il Coppi che c’era in te. Consumi risibili (50 km/l) e prezzo che era un terzo, quasi, di quello di una Vespa, ne hanno fatto un immediato bestseller.
IL CIAO E LE SARDOMOBILI. Nato alla fine degli anni ’60, questo ciclomotore arriva in pieno downsizing. Nonostante le auto stessero già rimpicciolendosi a vista d’occhio le città cominciavano a dar segni di circolazione congestionata. Che la mamma della Vespa avesse intravisto un mercato da conquistare non sorprese nessuno. Quello che stupì fu il modo in cui Pontedera decise di lanciare questo ciclomotore. Con una comunicazione ironica e aggressiva che metteva nel mirino le ‘sardomobili’ (le auto erano paragonate a scatole di sardine semoventi). Questo approccio gli conquistò subito le simpatie degli studenti, che lo elessero a mezzo ufficiale della contestazione. È così che, insieme ai pantaloni di velluto, alle immancabili Clarks, anche il Ciao divenne immediatamente parte della divisa unisex per ragazzi e ragazze che ce l’avevano col mondo intero.
QUEL NOME CHE È TUTTO UN PROGRAMMA. Lo chiamarono Ciao perché era il nuovo arrivato. Come fosse l’amico che fa tardi al bar e saluta tutti. Doveva parlare a un mondo che ne aveva le tasche piene di tromboni e baroni e che voleva darsi finalmente del tu. Andato in pensione nel 2006 per raggiunti limiti di inquinamento, oggi, potrebbe tornare con un bel motore elettrico al posto del 2 tempi. E verrebbe salutato sempre con lo stesso entusiasmo. Ciao!