Perché la sostenibilità non farà rima con libertà

Perché la sostenibilità non farà rima con libertà

I limiti sulle emissioni imposti dall’Unione Europea sono entrati in vigore lo scorso primo gennaio e cambieranno definitivamente l’approccio delle Case automobilistiche al mercato, arrivando a rimodellare i parchi auto europei come mai prima: la notizia del sold out della Suzuki Jimny, arrivato a soli 20 giorni dall’inizio dell’anno, è un segnale inequivocabile di questo cambiamento. Nel 2018, quando questa piccola fuoristrada venne presentata, il presidente di Suzuki Italia, Massimo Nalli, nel corso della conferenza stampa disse: “Dovremmo ringraziare la Suzuki per avere avuto il coraggio di farla”. Frase che, se all’epoca poteva essere interpretata come un eccesso di zelo nei confronti della Casa madre, ma che riletta oggi rivela il suo messaggio subliminale; l’Europa non avrebbe potuto accogliere un gran numero di Jimny per via del tetto sulle emissioni, mettendo un costruttore come Suzuki nella condizione di far bene i conti riguardo alle vendite ‘possibili’ per non andare a pagare multe. L’anno scorso Suzuki Italia ha venduto 3770 Jimny, quest’anno – nonostante la richiesta del mercato – 2000. Primo esempio, questo, della contingentazione dei modelli a cui assisteremo nei prossimi tempi

bullitt4

UN PASSO INDIETRO. È il 2009 quando il Parlamento e il Consiglio Europeo approva il regolamento n.443 in materia di emissioni ammesse dalle auto di nuova immatricolazione. L’obiettivo è quello di ridurre le emissioni di CO2 prodotte dalla mobilità a quattro ruote. Viene fissato un obiettivo: il livello medio di emissioni per il nuovo parco auto, a partire dal 2020, dovrà essere di 95 grammi di CO2/km. Un traguardo consolidato dalle leggi approvate successivamente dalla stessa Comunità Europea che, oltre a programmare nuovi intenti per il 2025 e il 2030, ha fissato norme – e relative multe per chi non le rispetta – per indirizzare le case automobilistiche verso la progettazione e la vendita di veicoli a bassissimo – o ancora meglio, nullo – impatto ambientale. L’obiettivo è quello di ridurre la quantità di anidride carbonica prodotta che, secondo la gran parte degli esperti, è all’origine dei mal di pancia di Greta. Ma pure, indirettamenete, rendere più sostenibile l’inquinamento all’interno delle grandi città: abbattere le cause di morte dovute all’aria insalubre di metropoli sempre più grandi e – allargando la visuale al di fuori del campo automobilistico – fare sì che il concetto di sostenibilità faccia da driver per una ricrescita economica virtuosa, che serva oltretutto per migliorare le condizioni di vita all’interno della Comunità Europea. 

TORNIAMO ALLE AUTO. La costante riduzione delle emissioni del nuovo parco circolante aveva dato fiducia. Il raggiungimento dell’obiettivo imposto dalla roadmap comunitaria sembrava a portata di mano. Negli ultimi anni, però, qualcosa è cambiato: la drastica riduzione delle immatricolazioni di auto Diesel in seguito al Dieselgate (del 2015) e la consacrazione delle suv da parte dei consumatori (auto più pesanti e meno aerodinamiche delle equivalenti berline, quindi meno efficienti energicamente) hanno fatto tornare a crescere le emissioni medie di anidride carbonica. Allontanando il raggiungimento dell’obiettivo dei 95 grammi di CO2 al chilometro. Ed eccoci a oggi: tanti brand automobilistici si ritrovano esposti a multe milionarie, se non miliardarie, con grandi potenziali ripercussioni per la profittabilità. E molti automobilisti si ritroveranno a scegliere l’auto non solo sulla base dei gusti, ma pure sulla… disponibilità sul mercato. 

IMG_0804

FUTURO. È in questa situazione di incertezza che il mondo dell’auto si sta avventurando verso il nuovo decennio; ormai in brevissimo tempo i principali attori del mercato delle quattro ruote dovranno dovranno avere per le mani gamme di prodotti adatte ai nuovi parametri e, soprattutto, aver fatto i compiti per capire quali e quanti modelli siano vendibili in Europa prima che il salasso delle multe punisca i ricavi; UE che ha assegnato target specifici ai Costruttori: a seconda della tipologia di vetture, ha previsto esenzioni per alcuni particolari brand e ammesso un breve periodo di transizione di due anni (ossia fino al 2022).

L’AGGIUSTAMENTO DEI CALCOLI. Il tetto dei 95 grammi di CO2 per chilometro è un valore che l’UE indica come medio, per ogni auto venduta. Per rendere più applicabile questo valore in un contesto di mercato che spazia dalle Fiat 500 alle Porsche Cayenne, il Legislatore ha previsto un aggiustamento: 95 + [0,033 x (peso della vettura meno 1379,88 kg)]. Ovvero: 95 (tetto imposto); 0,033 (coefficiente correttivo); 1379,88 kg (peso medio auto individuato dall’UE). Insomma: un’auto più pesante, quindi una suv o una grande berlina, avrà un limite di emissione ammesso leggermente superiore ai 95 CO2 g/km mentre una citycar dovrà rispettare un limite ancora inferiore per fare spazio alle auto più energivore delle rispettive gamme.

HYPERCAR, LE GRAZIATE. Fino al 2028 i costruttori con una produzione di vetture limitata ad alcune migliaia di esemplari (per esempio Lamborghini, Ferrari, Pagani ecc) potranno commercializzare vetture ad alte prestazioni a motore termico dalle emissioni di CO2 più elevate. Per tutti gli altri varrà la formula menzionata qui sopra: per i primi due anni, tuttavia, verrà escluso dal calcolo delle emissioni medie il cinque per cento delle auto più inquinanti mentre le immatricolazioni di auto con valori inferiori ai 50 CO2 grammi/km (cioè le elettriche e molte ibride ricaricabili) conteranno il doppio delle altre nel 2020, 1,67 volte nel 2021 e 1,33 nel 2022. In caso di non raggiungimento del target sono previste penali così calcolate: 95 euro per ogni grammo di CO2 eccedente il limite (95 g/km); valore da moltiplicarsi – chiaramente – per il numero di vetture immatricolate.

TU CHE TARGET HAI? Ecco i target che l’Unione Europea hanno assegnato ai costruttori, per Gruppo: questi numeri sono stati calcolati considerando la tipologia di modelli prodotti e la gamma composta dai vari marchi. Toyota 94,9 (g/km, ndr); PSA, 91,6; Renault-Nissan-Mitsubishi, 92,9; Hyundai-Kia, 93,4; Volkswagen, 96,6; Bmw, 102,5; Ford, 96,6; Daimler Mercedes, 103,1; Honda, 94,0; FCA 92,8; Volvo 108,5; Suzuki 90,3; Mazda 94,9; Jaguar Land Rover 130,6. Da questo elenco (dati Comunità europea, elaborazione PA Consulting) è possibile immaginare le difficoltà che incontreranno le case automobilistiche nel far rientrare entro i limiti imposti il loro parco auto; da qui anche è possibile capire come molte di loro si troveranno a dover contingentare la vendita dei modelli meno convenienti sotto il profilo delle emissioni (come nel caso sopra citato della Suzuki Jimny).

WMveloce

CONSIDERAZIONI. Questi dati, in ogni caso, mettono in evidenza un altro aspetto: le Case a cui l’Unione Europea ha assegnato target più alti coincidono con quelle che vendono modelli di prezzo superiore, entro il quale è più verosimile spalmare il costo della multa imposta; al contrario le Case che producono auto meno costose – più consone, insomma, alla pancia del mercato ‘pop’ – hanno target più stringenti: raggiungibili attraverso investimenti ulteriori, difficili da spalmare su modelli tendenzialmente più economici. E spesso già virtuosi. In un certo senso, l’elenco sopra riportato rappresenta anche un’implicita ‘autorizzazione’ dell’EU alla produzione di auto di fascia alta da parte di Bmw, Mercedes, Land Rover e Volvo. Se Honda o Fiat decidessero, per esempio, di produrre un modello come la Classe G sarebbe pressoché impossibile, per loro, inserirlo in gamma: ecco perché questa assegnazione condanna, in un certo senso, i player del mercato automobilistico europeo al loro heritage. E a non cambiare… Facile prevedere, infine, forti cambiamenti per marchi come Audi, Maserati o Porsche: fanno parte di gruppi molto grandi che faticheranno a trovare ‘spazi di CO2’ per fa respirare le loro aspettative.   

CONDIVIDI SU
2 commenti su “Perché la sostenibilità non farà rima con libertà”
  • alex.giani34 ha scritto:

    Interessante sapere che nel 2009 i politici europei, votati anche dagli appassionati di automobili italiani, abbiano deciso di salvaguardare il nostro futuro uccidendo la nostra passione. Peccato che durante le campagne elettorali questi loro ideali non li abbiano dichiarati…
    Comunque la vera ricetta per ripulire l’aria delle città sarebbe semplice: triplicare il costo del gasolio da riscaldamento, raddoppiare quello del gas metano e aumentare sensibilmente l’elettricità. Così i 19 gradi in casa e in ufficio non sarebbero solo parole ma diventerebbero realtà.

  • Marco Pascali ha scritto:

    Rifacendoci alla boutade, il problema in questo caso potrebbe essere non fare la fine del celebre marito che per far dispetto alla moglie… scherzi a parte, la roadmap europea in questo senso era piuttosto chiara. Da un lato i politici locali (intendo di diversi Paesi europei tra i quali il nostro) sono impegnati su altri fronti e un discorso serio sui problemi ambientali inerenti le metropoli non lo hanno mai imbastito. Se non gestendo algebricamente gli sfori di CO2. Chiaro che le auto d’epoca o ‘da gioco’, con la partita ambientale messa in campo dall’UE, c’entrino davvero poco: i chilometri percorsi per passione sono pochi, ridicoli, rispetto a quelli macinati per necessità… Il problema vero, dal nostro punto di vista, è che non s’intravede un progetto serio sul tema della sostenibilità: l’UE ha gettato le basi, i Paesi membri sono più o meno orfani di una guida politica onesta e preparata per ‘mettere a terra’ una visione di per sé condivisibile

Lascia un commento

INCENTIVE
VIDEO
ALTRI VIDEO