Numero perfetto: le auto a tre ruote ‘Velocissime’
Tre o quattro ruote? All’alba della storia dell’automobile forse la domanda più importante è stata questa: “la invento con tre o quattro ruote? Nel 1886, a distanza di pochi mesi, i primi chilometri sono stati percorsi secondo l’uno e l’altro principio: Karl Benz su tre ruote, Gottlieb Daimler su quattro. L’automobile a tre ruote ha sempre solleticato le menti. All’inizio l’auto era un giocattolo perciò questo genere di prodotto funzionava come una scommessa. Con la motorizzazione di massa dei primi Anni ’50 questi tentativi hanno proliferato. Ma non c’è niente da fare: fino a che non volerà sul serio l’automobile avrà sempre quattro ruote. Ecco le tre ruote Velocissime (delle auto con più di quattro ruote abbiamo parlato qui).
TRI-CAR SUBURBANETTE 1955. Il 20 febbraio 1955 l’Universal Travel & Auto Sports Show di New York tiene a battesimo la Tri-Car Suburbanette, progettata da James Martin. Questi fu pioniere dell’aviazione e inventore.: negli Anni ’30 creò molti progetti innovativi per la mobilità urbana contraddistinti da grande concretezza. Il primo noto è la Martinette del 1932; tra le sue caratteristiche: due ruote sterzanti anteriori, una singola ruota posteriore di trazione e unica porta d’ingresso frontale. Nei primi Anni ’50 affida al designer H. Roy Jaffe lo studio di un’auto piccola per la città. Nascono la Stationette nel ’54 con carrozzeria in legno e , nel ’55, la stuzzicante Suburbanette: robusto telaio in acciaio, motore bicilindrico ad aria, carrozzeria in plastica, 500 kg, 100 km/h. La produzione è di un solo prototipo.
ISO ISETTA 1953. Negli Anni ’30 Renzo Rivolta aveva fondato a Genova la Isothermos e creato una leadership con i frigoriferi. Dopo il conflitto riparte a Bresso, porte di Milano, con scooter e moto. E un’ambizione: L’auto più piccola che si può produrre. Nel ’51 affida a Ermenegildo Preti e Pierluigi Raggi la progettazione di una minuta. Per il motore si usa il due tempi a cilindro ‘sdoppiato’ della motocicletta ISO 200. La nuova Isetta Viene presentata a settembre ’52: è una microcar con carrozzeria a ‘ovetto’ unica ruota e porta frontale, motore posteriore a destra per equilibrare il guidatore, solo 228 cm di lunghezza, 236 cc, 9,5 cv, 310 Kg, 85 km/h. La stabilità è poca ed infatti si passa presto a due ruote posteriori molto vicine. È più piccola di una Topolino ed è questo il problema. L’Italia si sta motorizzando sicché l’Isetta costa troppo (400.000 Lire) ed è solo un’ottima seconda o terza macchina. La produzione si ferma a circa duemila esemplari ma viene prodotta su licenza in giro per il Mondo (Spagna, Brasile, Francia, GB e Belgio) e soprattutto Germania: la BMW si salva da morte certa grazie a lei e ne produce oltre 180mila esemplari.
MESSERSCHMITT KR 200 1955. A fine Anni ’20 comincia la produzione degli aerei Messerschmitt. In pochi anni diventano il vanto dell’Aeronautica tedesca fino al punto che nel ’38 nel pieno della furia nazista, nasce la Messerschmitt AG e i suoi aerei, prodotti con costruzione leggera, sono il vanto dell’aeronautica teutonica. Alla fine della guerra all’azienda viene proibita la costruzione di aeromobili così si converte alla produzione automobilistica. Negli Anni ’50 la progettazione di un veicolo leggero è affidata all’ingegnere Fritz Fend già collaboratore sotto il Nazismo. L’influenza aeronautica è forte: peso contenuto, design aeronautico (abitacolo a forma di carlinga), due posti disposti in tandem (quello del pilota con manubrio), sospensione anteriore a ruote indipendenti, unica terza ruota posteriore in abbinamento con le due sterzanti anteriori. Il Messerschmitt KR200 (‘Kabineroller’, motorino con cabina), monta un monocilindrico due tempi di 200 cc per 10 cv. La velocità massima è di 90 km/h. Tra il ’55 e il ’64 ne sono prodotti 30mila esemplari.
FRAMO STROMER 1933. Nel 1923 il tedesco J.S. Rasmussen fonda la Metallwerke Frankenberg e per la produzione di componenti per la DKW. Negli anni successivi cambia la denominazione in Frankenburger Motorenwerke (‘Framo’) e lancia il progetto di una piccola auto da città. La versatilità del telaio di base, di costruzione semplice, robusto, e versatile, apre la via a un veicolo di potenziale successo. Al Salone dell’Auto di Berlino del ’33 fa il suo esordio la Stromer. La piccola vetturetta poggia su un telaio tubolare e monta, in posizione anteriore, un motorino monocilindrico due tempi DKW con circa 10 cv abbinato a un cambio a tre marce e alla trazione anteriore. È così minuta che non serve patente e – naturalmente – ha solo tre ruote. Il design mantiene la filosofia del periodo, lungo frontale e cofano verticale con radiatore finto. Ha due posti e bagagliaio posteriore. Grazie al peso molto contenuto (circa 310-320 kg), la velocità massima è di circa 60 km/h. È disponibile con carrozzeria coupé o la più sfiziosa spider. La Stromer è un progetto interessante ma il suo limite principale è di essere fin troppo piccola per sfondare sul mercato. In due anni ne sono costruite circa trecento.
FIBERFAB SCARAB STM 1977. Da sempre il ‘custom’ è un valore della cultura americana. Mentre gli inglesi si costruiscono le Caterham in garage, negli States installano un V8 GM/Ford in un telaio open source. Si è così plasmata la filosofia delle hot rod o delle Camaro con interni in pelliccia e cerchi da 24/25”. E quando non era possibile installare un vigoroso motore gli appassionati ricorrevano al più umano boxer del Maggiolino. Va da sé che questo spirito è stato alimentato dalle tante aziende che hanno sviluppato il fenomeno delle kit car. Tra le numerose piccole factory la Fiberfab, fondato nel ’64 da ‘Bud’ Goodwin ha avuto un certo successo. Nel ’74 l’ultimo passaggio di proprietà ha dato grande linfa e portato il catalogo a ben nove modelli e circa trenta motorizzazioni possibili. La Scarab STM del 1975 poggiava su una struttura tubolare con sospensione anteriore Volkswagen e carrozzeria in vetroresina (formata da tre sezioni, imbullonata al telaio. Anteriormente aveva una forma affusolata e filante, con il musetto tutt’uno con il parabrezza a filo, molto inclinato, e i fari a scomparsa. Le porte si potevano configurare con layout ad ali di gabbiano o mono-portiera a sollevamento verso l’alto. Il design della coda poteva essere del tipo ‘monovolume‘ con portellone o con un mezzo ‘volume aggiuntivo’. Questo determinava che creava un classico lunotto verticale in stile ‘Ferrari 208/308’. Il motore, infine, era di tipo motociclistico.