#museumpills: ritorna il drive-in. E le sue origini?

Il nono di questi approfondimenti è dedicato al mitico drive-in che, in questi mesi post lockdown, è tornato alla ribalta dopo anni di quasi totale oblio. Il drive-in contemporaneo non è unicamente un surrogato del cinema: si può infatti anche assistere a spettacoli teatrali, concerti e addirittura partecipare a matrimoni stando comodamente seduti nella propria vettura.

SI DIFFONDE. Il primo drive-in della storia ha aperto i battenti nel 1933, nel New Jersey; ma è negli Anni ’50 che di pari passo con l’aumento esponenziale delle automobili private il drive-in si diffonde anche in Europa: in Italia il primo apre nel 1957 tra Axa e Casal Palocco a poca distanza dal litorale romano, mentre in Germania è arrivato per la prima volta nel 1960 a Gravenburch, vicino a Frankfurt am Main. Di base, ci si parcheggia in auto davanti ad un maxi schermo e ci si porta cibo e bevande da casa; nei drive-in permanenti, invece, c’è un servizio apposito stile catering che provvede a popcorn, bibite e quant’altro. Oggi come allora, che romanticismo: un film su schermo gigante, il cielo stellato a far da contorno, l’intimità della vostra vettura e tutti con gli sguardi attenti in avanti. Beh, forse quasi tutti…

ALL’AUDIO CI PENSA L’AUTO. Le dimensioni dello schermo sono degne di nota e così la potenza del proiettore; la colonna sonora viene trasmessa direttamente ad ogni veicolo, poiché degli speaker esterni avrebbero un volume troppo elevato. Oggi la traccia audio viene trasmessa di vettura in vettura su una frequenza VHF: sintonizzatevi su 89.9 Mhz, ad esempio, e buona visione. Ai tempi d’oro, invece, c’era una piccola cassa in mono attaccata ad un filo, che poteva esser posizionata nell’abitacolo oppure appesa al retrovisore. In tedesco si chiamava Klangfilm e spesso erano prodotte da una ditta specializzata in tecnologia audio per cinema che faceva capo alla Siemens.