#museumpills: prima la cuffia in pelle, poi il casco
Il dodicesimo e ultimo di questi approfondimenti è dedicato alla cuffia in pelle: un tempo accessorio fondamentale, soprattutto in corsa, oggi vezzo al limite del superfluo quando si guida un’auto classica decapottabile. Sulla Benz Patent Motorwagen che raggiungeva i 16 km/h di velocità massima forse non era necessario, ma a bordo della Mercedes 35 PS che nel 1901 toccava già i 75 km/h un copricapo era – se non fondamentale – sicuramente gradito. Nel 1909 Victor Hémery oltrepasso la barriera dei 200 km/h con la sua Blitzen Benz su circuito di Brooklands: anche solo un insetto in fronte a quella velocità sarebbe stato come un proiettile. Le cuffie in pelle che usavano una volta i piloti erano pressoché identiche a quelle utilizzate dagli aviatori per proteggersi da vento e intemperie. Molte erano dotate di feritoie in corrispondenza delle orecchie: potevano essere aperte per dialogare con co-pilota/navigatore o meccanici ai box e poi richiuse quando si viaggiava a forte velocità; quasi sempre venivano indossate con una mascherina che proteggeva gli occhi. Alcuni piloti preferivano addirittura modelli in cotone, specie nella stagione estiva, quando faceva più caldo.
DA SEMPLICE PROTEZIONE A DISPOSITIVO DI SICUREZZA. Inizialmente e non di rado queste cuffie venivano utilizzate anche da chi guidava su strada pubblica; poi, sul finire degli anni Venti, le vetture di produzione cambiarono forma per sempre: un tetto oltre il parabrezza e un abitacolo vero e proprio proteggevano conducente e passeggeri dall’esterno. La cuffia di pelle rimase quindi, per altri trent’anni, un accessorio utilizzato esclusivamente in pista. Inutile dire che questo tipo di copricapo era totalmente inutile in caso d’incidente: per fortuna, partendo dagli Anni ’50, iniziarono a diffondersi i caschi. Prima i jet della prima ora, in lega leggera o fibra di vetro, poi gli integrali apparsi sul finire degli Anni ’70. Tra i materiali utilizzati per i caschi integrali: tecnopolimeri, ABS, policarbonato, PVC, fino ai materiali compositi com carbonio e kevlar.
E PIÙ RECENTEMENTE… Negli Anni ’90 gli ingegneri hanno iniziato ad includere il casco negli studi aerodinamici effettuati durante lo sviluppo della vettura; gli helmet di oggi sono dotati di flussi d’aria studiati al millimetro, radio interna, possibilità di bere liquidi e sali minerali anche mentre si corre a oltre 300 km/h. C’è poi il sistema HANS, acronimo di ‘head and neck safety’ letteralmente ‘sicurezza del collo e della testa’: è nato negli Anni ’80 ed è divenuto obbligatorio nel 2003. Questo dispositivo collega il casco all’abitacolo tramite le cinture di sicurezza, trattenendo la testa insieme al resto del corpo in caso d’impatto: si riduce così il rischio d’infortuni gravi come la frattura della base cranica.