#museumpills: la storia della segnaletica stradale
L’ottavo di questi approfondimenti è dedicato alla segnaletica stradale che, pressoché da sempre, ci aiuta ad essere guidatori diligenti e ci mette in guardia su eventuali pericoli, specie quando siamo soprappensiero o abbiamo la testa tra le nuvole. Quale sarà la strada giusta verso la nostra destinazione? È un senso unico? Chi ha la precedenza? Qual’è la velocità massima consentita in questo tratto? I segnali stradali forniscono risposte alle molteplici domande sovente ci si pone quando si è alla guida e spesso riportano simboli o diciture universali, comprese ai quattro angoli del globo.
OBIETTIVO UNIFORMITÀ. I ceppi miliari risalgono alla notte dei tempi, ma nel Diciannovesimo Secolo il traffico crescente di carrozze, veicoli a motore, cicli e biciclette alimentò una nuova necessità: servivano dei segnali stradali in grado d’avvertire i conducenti su possibili pericoli in modo chiaro ed inequivocabile. Fu così che dal 1880 in poi i club ciclistici della Gran Bretagna iniziarono a piazzare qua e là i primi cartelli stradali; pratica che in Germania cominciò solo trent’anni più tardi – con la diffusione su larga scala dei primi veicoli a motore. L’automobile ha certamente aiutato ad abbattere molte barriere, soprattutto di confine transnazionale: per questo motivo è stato necessario sin da subito uniformare i vari codici stradali nazionali per creare un corpus che potesse essere assimilato universalmente. Nel 1909 Bulgaria, Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia, Monaco, Impero Austro-Ungarico e Spagna stipularono un accordo per avere quattro segnali stradali che fossero validi in ogni rispettiva giurisdizione: erano costituiti da un cerchio blu con alcuni simboli e avvertivano del pericolo di strade sconnesse, curve, passaggi a livello o incroci. Nel 1968, poi, c’è stata la Convenzione di Vienna sulle segnaletiche stradali cui hanno aderito quasi 70 paesi nel mondo.
ARRIVANO IN PISTA. In Germania la segnaletica stradale all’inizio del XX secolo andava diffondendosi e le grandi città furono ad adoperarsi affinché cartelli e indicazioni fossero il più possibile uniformi. Uno dei cartelli più tipici era senza dubbio quello circolare dotato di freccia: se puntava di lato, la freccia indicava la direzione di marcia, se puntava verso l’alto era un segnale d’avvertimento, se era invece rivolta verso iI basso intimava uno stop o un accesso limitato. La cartellonistica stradale non disdegnava nemmeno il mondo delle corse, non solo lungo il tracciato. La comunicazione tra box e piloti è sempre stata fondamentale e alla Solitude del 12 settembre 1926 il direttore di gara Alfred Neubauer, utilizzò per la prima volta un suo sistema di segnaletica — che consisteva in bandiere, cartelli e pannelli informativi —per garantire soste ai box pianificate con precisione: il sistema rimarrà in uso fino ai giorni nostri.
IL FUTURO. Col passare del tempo, naturalmente, la segnaletica si è evoluta: dai primi cartelli in ghisa si è passati a quelli in lamiera d’acciaio smaltata, per poi arrivare a quelli in lega d’alluminio; oggi molti segnali — specie su strade a scorrimento veloce, autostrade o in città vengono visualizzati in forma digitale su pannelli a messaggio variabile con tecnologia LED. Il riconoscimento automatico della segnaletica stradale è presente e futuro della mobilità. Da svariati decenni, Mercedes-Benz ha svolto ricerche sulla guida autonoma, ad iniziare dal progetto Prometheus nato nel 1986. Nel 2013, la concept car Bertha – una S500 con Intelligent Drive – ha guidato autonomamente lungo lo stesso percorso del primo viaggio in automobile della storia, quello di Bertha Benz e figli da Mannheim a Pforzheim. Il prototipo Bertha è esposto dal 2016 al Museo Mercedes-Benz.