MG ZT 260: quando alla 75 (Rover) si spostò la trazione
Son capaci tutti, a fare i brillanti quando scatta il verde al volante di una 911. E tutti si aspettano da te che tu faccia lo stupendo se hai una macchina alta un metro e una spanna, larghissima, dalle forme audaci e i colori brillanti. Ma vuoi mettere la soddisfazione di fare le stesse cose a bordo di una berlina che non ci sfigurerebbe un cardinale seduto sul sedile posteriore? In fondo, è proprio questo il senso delle sleepers, o Q-Car che dir si voglia: nemmeno tanto il non apparire (no, qui l’understatement non c’entra) quanto il fatto di rimestare le carte. E ancora più gusto c’è quando il fuoco sotto la cenere non brucia con una Mercedes Amg, ma grazie un’auto che – insieme – è un’acqua cheta e un pezzo da veri intenditori.
LE VERSIONI SPORTIVE. Alla base della MG ZT 260 c’è la Rover 75, unico (e peraltro ben riuscito) frutto dell’acquisizione del marchio inglese da parte della Bmw: un’auto correttamente costruita, dallo stile un po’ barocco ma – quel che più conta – profondamente british. Il matrimonio con i tedeschi dura poco, dal 1994 al 2000, poi la Rover viene ceduta alla Phoenix, un consorzio di imprenditori inglesi che cerca di massimizzare il rendimento dei pochi modelli del tempo sdoppiando la gamma con il recupero massivo del marchio MG. Che per alcuni anni starà alla Rover come negli anni ’60 l’Abarth stava alla Fiat o la Gordini alla Renault: sono le stesse auto, ma reinterpretate sportivamente. Nel caso della 75 la versione ‘Mgizzata’ è la ZT, di cui vengono in realtà ripresi alcuni motori non esattamente rabbiosi (un V6 2.5, due 1.8 quattro cilindri, aspirato e turbo, e persino un Diesel!) con un abito meno formale. Sarebbe, fin qui, una banale (e anche un po’ meschina) operazione di badge engineering, non fosse che la quasi pletorica gamma della ZT si arricchisce, nell’ottobre del 2003, della versione 260, offerta anche con carrozzeria station wagon. E qui le cose cambiano, e parecchio.
LA SPINTA NEL POSTO GIUSTO. Il fatto che il motore sia un grosso V8 4.6 americano di origine Ford Mustang fa bene al cuore di quanti ben sanno (anche oggi, in tempi di downsizing esasperato) quanto sia valido il detto no replacement for displacement, nulla può sostituire la cilindrata. Soprattutto in termini di coppia ed erogazione perché, fosse per la potenza, i 260 cavalli dichiarati (da cui la denominazione della vettura) non sono certo chissà che. Ma soprattutto, ciò che rende la ZT 260 un pezzo più unico che raro è la radicale trasformazione del layout, che passa dal motore trasversale con trazione anteriore al motore longitudinale con le ruote motrici dietro. Un’impresa affidata alla Prodrive, specialista inglese di preparazioni e componentistica sportiva che comporta il radicale ridisegno della parte mediana della scocca, per far passare l’albero di trasmissione collegato al nuovo cambio Tremec a cinque marce. Ovviamente diverso anche il retrotreno, un multilink in alluminio ancorato a un telaietto ausiliario e completato da un differenziale autobloccante. Ammesso che ne troviate una, oggi ve la portate via a meno di 10mila euro: quanto una Panda a chilometri zero ma con un fascino e una rarità che nessun’altra auto al mondo può vantare.