Mazda RX-8: l’ultima della stirpe
L’ultima versione di RX-7, la FD, è stata quella che ha segnato numerose generazioni di players che, a metà degli Anni ’90, approcciavano il mondo dei videogiochi dedicati alle auto come Need For Speed. Una linea così sinuosa e seducente, che ancora oggi attuale. Nulla però è per sempre e così anche la RX-7 dovette lasciare spazio alla nuova arrivata, la RX-8. Una coupé altrettanto filante e originale, caratterizzata dalla particolare apertura a libro delle portiere, disegnata da Ikuo Maeda, figlio d’arte: il padre aveva infatti realizzato la prima generazione della RX-7.
DOV’È FINITO IL TURBO? Ma se stilisticamente l’auto ricevette sin da subito i consensi sperati, fu sul fronte meccanico che si alzò qualche critica. Il perché era sotto al cofano: la RX-8 del 2003 si presentava al pubblico soltanto in versione aspirata, quando l’ultima generazione della RX-7 era equipaggiata con una rotativo sovralimentato. Il che significava solo una cosa: la RX-8 non era performante – almeno in rettilineo – tanto quanto la precedente RX-7. Questo fu il principale argomento di discussione, perché quanto a guidabilità e maneggevolezza, la RX-8 aveva confermato ancora una volta tutte le competenze della Mazda alla voce handling. Avantreno McPherson e retrotreno multilink erano un perfetto biglietto da visita, soprattutto se corroborato da un bilanciamento dei pesi ottimale: 50 e 50.
PERFINO A IDROGENO. A seconda del mercato di commercializzazione, la RX-8 era offerta con diverse configurazioni di potenza (da 192 a 231 cv) e trasmissione sebbene sotto il cofano ci fosse sempre lo stesso rotativo 13B, che sulla nuova coupé giapponese venne nominato Renesis. Evoluto, rielaborato, ‘corretto’ in alcune sue componenti, venne progettato con l’obiettivo di mantenere le prestazioni del 13B-REW turbo, migliorando allo stesso tempo i consumi e riducendo le emissioni. Il nome Renesis è una combinazione di Rotary Engine (RE) e Genesis. Ha mantenuto il layout a due rotori con una capacità di 1308 cc proprio come il suo predecessore sovralimentato. L’unità Renesis venne anche adattata all’impiego di idrogeno come combustibile, una soluzione bifuel, perché la RX-8 Hydrogen RE poteva essere alimentata anche a benzina. L’autonomia ad idrogeno superava di poco i 100 km.
TRA LE CURVE ‘CON FAMIGLIA’. Tecnica a parte, uno dei grandi meriti della coupé giapponese, confermato da chiunque abbia avuto la possibilità di guidarla, era la tenuta di strada. Una vettura facile, immediata, un po’ come la piccola spider MX-5, ma con il vantaggio di avere 4 posti e un bagagliaio più funzionale. Come da tradizione Mazda ci furono diverse versioni speciali di RX-8, non sempre importate anche nel nostro paese. Come ad esempio la PZ, venduta in esclusiva nel Regno Unito, sviluppata in collaborazione con Prodrive. Ne furono prodotte appena 800, ognuna dotata di specifici cerchi in lega OZ e specchi retrovisori più piccoli, funzionali a ridurre la resistenza aerodinamica. Prodrive per l’occasione aveva realizzato un sistema di scarico ad hoc, mentre l’assetto era formato da ammortizzatori Bilstein e molle Eibach.
FUTURE CLASSIC? Oggi la Mazda RX-8 si trova decisamente a buon mercato, ma merita un’accurata analisi tecnica e un attenta manutenzione. È l’ultimo baluardo del rotativo Wankel, con un handling capace di impensierire le sportive di ultima generazione, meno personali e istintive della Mazda. Quale sia il futuro di questa tecnologia non è ancora stato deciso, ma difficilmente ritroveremo sportive con un dna simile a quello della RX-8.
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