Mazda Cosmo: così nacque il Wankel

Mazda Cosmo: così nacque il Wankel

I cento anni che quest’anno festeggia la Mazda sono costellati di idee innovative e piccole coupé dissacranti. E la Cosmo ne è l’esempio. In quel periodo, infatti, l’imperativo era stupire, perché nessuno resta impassibile di fronte a un guizzo tecnologico. E sul finire degli anni ’60, per alimentare l’appeal di un brand, si giocava tutto (o molto) sulle prestazioni. Alla Mazda l’idea del motore rotativo elaborato dall’inventore tedesco Felix Heinrich Wankel, sembrava perfetta per entrare nel mercato delle coupé sportive. Al di là delle specifiche del sistema rotativo, con il quale Mazda si è interfacciata nell’ambito della produzione di serie sino all’uscita di scena della RX-8 (2012), era l’idea di innovare che spinse al suo impiego il costruttore giapponese. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo… il lavoro, ovvero la lunga fase di sperimentazione che precedette il debutto in grande serie. Anche perché il rotativo ha sempre avuto qualche problema di affidabilità e di ‘tenuta’, come dimostrarono da subito alcune guarnizioni in prossimità dei rotori; il problema venne risolto adoperando materiali come l’alluminio e la Cosmo – in versione prototipo – fece il suo debutto al Tokyo Motor Show del 1964. Eccentrica, stravagante, voleva essere di rottura rispetto allo stile ricorrente dell’epoca, sia nel bene sia nel male. In modo che l’auto rimanesse scolpita nella mente dei suoi spettatori.

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IL DEBUTTO. I primi passi su strada avvennero l’anno successivo con alcuni modelli di pre-produzione. Ne furono costruiti ottanta, tutti equipaggiati con la versione 0810 del motore Wankel L10A (nome in codice della prima generazione di Cosmo). Le prime unità avevano i rotori in ghisa mentre gli alberi eccentrici erano in acciaio al cromo-molibdeno. C’era poi un carburatore quadricorpo Hitaci e la cilindrata complessiva era di 998 cc. Un piccolo propulsore capace però di 110 cavalli, quindi con una potenza specifica superiore ai 100 cv/litro. La prima serie di Mazda Cosmo arrivò in vendita nel 1967: aveva un cambio manuale a quattro marce e cerchi da 14 pollici. Il temperamento sportivo del propulsore era accompagnato da un comparto sospensioni sufficientemente adeguato a sostenere l’indole dell’auto: avantreno a ruote indipendenti e retrotreno che impiegava un impassibile ponte De Dion. Nessuna servoassistenza per l’impianto frenante, formato da dischi anteriori e tamburi posteriori. Il tutto condito da una velocità massima di 185 km/h.

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SI AGGIORNA. Passò solo un anno e la Mazda Cosmo prima serie era già pronta a cedere il passo alla seconda edizione. Un passaggio che molto probabilmente oggi sarebbe definito come un corposo restyling di metà carriera ma che la Mazda introdusse sulla sua sportiva soli dodici mesi il debutto. Tante le migliorie meccaniche; dal motore, il cui codice identificativo era L10B 0813, portato da 110 a 128 cavalli al cambio a cinque marce passando per la servoassistenza all’impianto frenante. Nonostante un piccolo aumento di passo dal punto di vista estetico la Cosmo del 1968 cambiò poco rispetto all’anno precedente; ma ora andava ancora più forte e la velocità massima salì a 193 km/h.

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INCONFONDIBILE. Una coupé sportiva, lunga poco più di 4 metri, agile e con un sound reso inconfondibile dall’architettura Wankel sotto il cofano. Della prima versione di Cosmo ne furono prodotte solo 343, mentre della seconda, andata in scena sino al 1972, ne furono realizzate 1176. Una vera rarità, tenuto presente che la produzione, in particolar modo della prima, era appena di una Cosmo al giorno. Un’auto fatta pressoché a mano. Per dimostrare la bontà del motore Wankel e la sua affidabilità, poco dopo il lancio del ’67, la Mazda prese parte con due Cosmo alla 84 Ore Marathon de la Route, che si svolgeva lungo l’insidioso tracciato del Nurburgring. Le due vetture, dotate ancora della versione L10A del rotativo giapponese, stupirono per prestazioni e affidabilità. Nel corso dell’82° ora di gara l’equipaggio giapponese dovette cedere per rottura di un semiasse, mentre il duo belga concluse la corsa al quarto posto. Un risultato che contribuì ad alimentare la narrazione della Mazda Cosmo, di cui ne vennero prodotte diverse generazioni successive… rigorosamente con motore Wankel.

 

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