#lost: le auto che non ce l’hanno fatta/2
Fra tutte le auto meravigliose che punteggiano la galassia automotive, con i loro design caratteristici e le loro performance più o meno strabilianti, ce ne sono parecchie che non sono mai arrivate ad uno step di produzione meritato ed ufficiale. Molte di queste sono concept car che hanno sorpreso ed entusiasmato con la loro bella presenza ai saloni automobilistici di tutto il mondo — i saloni, ve li ricordate? — ma poi, per un motivo o per l’altro, sono rimaste un puro esercizio di stile. Sono servite — e questa funziona spesso permane tutt’ora — per mostrare al grande pubblico e agli addetti ai lavori quale fosse la direzione stilistica intrapresa da un marchio oppure, in molti casi, sono stati il risultato del lavoro di un team di progettazione che ha ricevuto un briefing fuori dagli schemi tradizionali. Ma molte di queste vetture erano più di una concept car o di un prototipo, diciamocelo: se fossero effettivamente andate in produzione avrebbero probabilmente riscosso un grande successo. Rifatevi un po’ gli occhi mentre — ci auguriamo — siete sotto il vostro ombrellone, in barca o a bordo piscina.
BUGATTI EB112 (1993). A due anni dal lancio della mitica EB 110, la Bugatti di Romano Artioli pensa in grande e, in collaborazione con la Italdesign di Giugiaro, sviluppa la EB 112. Sarebbe dovuta essere la berlina stradale a quattro porte più veloce del mondo, una super ammiraglia in grado di rispolverare in maniera ancor più marcata i fasti della Bugatti di un tempo. Abitacolo — manco a dirlo — estremamente lussuoso e sotto al cofano un V12 a cinque valvole per cilindro da sei litri per 455 cavalli di potenza massima. Nonostante il peso di circa 1800 kg, l’imponente vettura passa i 300 km/h di punta massima e vanta un’accelerazione da 0 a 100 km/h in soli 4″4 grazie al sofisticato sistema di trazione integrale permanente ereditato dalla supercar. La EB112 sorprende tutti, e la produzione è prevista per il 1995, anno che purtroppo segnerà la bancarotta per l’azienda di Campogalliano e la fine prematura di questa incredibile berlina.
VOLKSWAGEN W12 NARDÒ (1997). La W12, meglio conosciuta come Nardò, deriva strettamente, sia per telaio che meccanica, dalla concept Audi Avus Quattro del 1991 (qui per saperne di più). Il progetto della W12, al contrario di quello della sua progenitrice, entra però in una timida produzione: arrivano ben quattro esemplari tra il 1997 e il 2002. Il primo prototipo ha 420 cavalli e il suo design viene affidato da Ferdinand Piëch alla Italdesign, poi arriva la versione Roadster; nel 1998 arriva la W12 Coupè/Nardò che grazie ai 1200 kg e al suo dodici cilindri seimila pare raggiunga i 350 km/h; infine, nel 2002, viene preparata una versione ancora più estrema denominata W12 Record con carrozzeria e telaio in fibra di carbonio. Lo stesso anno lanciata a tutta velocità nel centro prove pugliese conquista una serie di record di velocità percorrendo in un solo giorno 7741 chilometri, alla velocità media di 323 km/h. Sebbene non sia mai entrata in produzione, la ricerca compiuta dagli ingegneri tedeschi con questi prototipi ha gettato molte delle base tecnologiche utilizzate pochi anni dopo dalla Bentley Continental GT e dalla Bugatti Veyron.
MINI SUPERLEGGERA VISION (2014). Presentata al Concorso d’Eleganza di Villa d’Este nel 2014, stupisce tutti: è una piccola ed affascinante due posti in grado di garantire molte emozioni alla guida e — soprattutto — d’impensierire lei, la Mazda MX-5, il best seller indiscusso del segmento Roadster. Dulcis in fundo, la Vision è 100 percento elettrica ed è carrozzata dalla storica carrozzeria Touring Superleggera. Una cosa da lasciare a bocca aperta. I piani alti di Mini però non credono nel progetto, perché ritengono che i margini di mercato nel settore delle piccole sportive scoperte siano troppo bassi per un brand come il loro. A noi di Veloce sembra solo una scusa bella e buona. Che peccato, davvero.