Lopresto Raid: giorno 1. Aria di Targa Florio
Giorno 1 Palermo-Nicosia-Leonforte-Catania 308 chilometri
Ci svegliamo in una Palermo post tempesta. Nella notte è volato di tutto, alberi, cassonetti, impalcature. Il raid inizia in una città che sa di Blade Runner, perfino nell’officina di Falanga, le auto sono coperte di foglie. Sembrano tutte dei barn find. E mentre i motori si scaldano Lopresto si mette la tuta. Marco Luciano, l’altra Balilla del raid (“l’ho rubata a mio padre, che fino all’ultimo non era molto persuaso che partissi…”), sistema l’attrezzatura sui sedili dietro. Si salpa, destinazione Tonnara Florio, via revisione (Marco), gommista (noi). Alla tonnara, strette di mano, baci e abbracci, e ci viene consegnato un santino gigante di Don Vincenzo (Florio), che visto il meteo che c’è accettiamo tutti molto volentieri. La prima sosta è alle Tribune di Cerda, tra quel che resta della mamma di tutte le corse.
LE MADONIE. L’arrampicata delle Madonie comincia dopo Cefalù. Che detta così sembra dietro l’angolo, invece la mareggiata ha reso la costiera una pozzanghera costante. Piove a tratti, ma il vento non cala. Le Balilla sono scortate da una 508 e una Ford A anteguerra. Apripista una Ghia 1500 gialla. Le montagne palermitane tirano discretamente, ma le curve e controcurve ti accompagnano su col sorriso sulle labbra. Che Florio avesse deciso di fare la Targa qui non sorprende nessuno. Ci piazziamo dietro alla Balilla di Marco per vederla danzare. E invece no. Non si muove, entra in curva che sembra una Deltona al rallenti, e quel quattro cilindri con meno di 20 cavalli, la fa uscire piano, ma constante. Effetto funivia. Il manipolo appare e scompare nella nebbia. Tutto fila liscio, a parte il tempo. A un bar tra le nuvole, qualcuno strizza stracci, qualcun altro sventola portiere. Una macchina dei Carabinieri si avvicina, vuole vederci chiaro: raid, Palermo-Milano, due Balilla una Giardiniera… “Ma quando arrivate?”, chiedono. Il 22 diciamo. “Ah, nel 2022…” rispondono.
LA SORPRESA. E intanto, nessuno, a parte Lopresto, si aspetta quello che sta per succedere. Anche se l’arrivo a Sperlinga, questo castellotto scavato nella roccia che sa di presepe di montagna, qualcosa lo fa presagire. Siamo alle porte di Nicosia. E ho detto tutto, già perché per gli aficionados del Giro di Sicilia, questa è sempre la tappa più bella. Entriamo, passiamo la piazza, e tutto tace. Strano, qualcosa non torna. Ma sul più bello che stiamo per uscire dal paese scoppia prepotentemente l’amarcord. Pubblicità Pirelli e Ceat compaiono a tutti i davanzali, tre monelli con coppola e bretelle giocano a fare gli scherzi al prete che intanto benedice auto e chi li ha vestiti la mattina. Sulle porte delle botteghe compaiono signore d’altri tempi, c’è un barone (finto) e il notaio (vero), un sindaco farlocco e un buffet che fa innamorare tutti. Ripartiamo col buio, Lopresto è ancora commosso per l’accoglienza, una festa così non si dimentica facilmente. E gli altri si chiedono ancora se non è stato tutto un sogno. Il trasferimento a Catania lo facciamo in autostrada, bene, salami e caponate si smaltiscono più velocemente, come i chilometri. Poi a un certo punto, il black out. Alla Balilla di Marco partono i fari. Lo chiamiamo immediatamente. “No non sono partiti, mi si è scaricata la batteria. Non tiene una giornata di fanali. Nessun problema, ho la batteria di scorta nel baule…”. Che sembra che parli del telefonino: la Balilla nell’era di Google.