Le Ferrari a 6 cilindri da corsa: le monoposto
Non è ancora arrivata sul mercato, ma la Ferrari 296 GTB ha già ridato lustro all’utilizzo di un V6 in una Rossa stradale. Come ben sappiamo non è la prima volta che un modello stradale accoglie un sei cilindri: il Cavallino ha arricchito la propria storia con tutti i frazionamenti disponibili, dal quattro al ‘sedici’ (quest’ultimo, in verità, andato ad animare un progetto ‘non Ferrari’: la Cizeta V16T Moroder) e sul finire degli Anni ’60 è stata la Dino 206 GT a portare in listino un modello entry level motorizzato V6. Ma la storia di questo frazionamento nelle auto di Maranello non si è fermata lì: sono state tante le idee, i progetti, le vetture e i successi e, come sempre, partono dall’universo delle corse. Ecco un profilo dei modelli da competizione animati con una… ‘metà’ di V12.
DINO 156 F2. Alfredo ‘Dino‘ Ferrari, classe 1932, segue le orme del padre e si dedica con interesse alla progettazione. Nel ’55 è nel team tecnico con Vittorio Jano per creare un motore V6 per la F2 ma, gravemente fiaccato dalla malattia, viene a mancare l’anno successivo. Il Drake vive un dolore gigantesco (si racconta fosse stata la perdita dell’amato figlio a fargli decidere di nascondere per sempre il suo sguardo dietro un paio d’occhiali scuri) ma continua il programma del sei cilindri e il 28 aprile ’57 al GP di Napoli esordisce la Dino 156 F2 con il nuovo 1,5 litri a sei cilindri e ‘V’ di 65°. Luigi Musso conquista il terzo posto dietro le Lancia- Ferrari D50 con il V8 Jano ma a inizio luglio, alla Coupe Internationale de Vitesse a Reims, Luigi Musso regala al ‘sei’ la prima vittoria.
FERRARI 246/256F1. Nel corso dei mesi il piccolo 1.5 Ferrari/Dino passa a 1,9 litri e, quindi, a 2,2. Per la stagione di F1 del ’58 viene riprogettato e nasce un inedito V6 2.4. La nuova Ferrari 246 a motore anteriore è guidata da Mike Hawthorn con ottimi risultati. Ma il destino ha strani schemi: ai primi di luglio durante il GP di Francia se ne va tragicamente Luigi Musso, a inizio agosto perde la vita anche Peter Collins. La 246 evolve in 256 F1: l’inglese vince il Titolo ’58 e la 256 comincia la stagione ’59 con tanti aggiornamenti dalle sospensioni posteriori alla carrozzeria accorciata. Soffre, però, la superiorità degli inglesi, che si sono convertiti al motore posteriore. Ferrari vince i GP di Francia e di Germania ma l’alloro va a Jack Brabham con la Cooper T51. Maranello corre ai ripari e risponde con la 246P/256P Sperimentale. Debutta al GP di Monaco del 1960 con il V6 Dino 2.5 alle spalle del pilota e i serbatoi laterali. È ancora acerba: molto pesante, poco agile e lenta. La stagione ’60, infatti, è ancora di Jack Brabham, dominatore con la Cooper T53. l’unica vittoria Ferrari è il successo di Phil Hill al GP d’Italia.
FERRARI 156 F1. Già nel ’59 sono annunciate grandi novità, che sarebbero entrate in vigore nella stagione 1961: la cilindrata sarebbe stata definita in un range tra 1,3 e 1,5 litri, niente sovralimentazione e avviamento in abitacolo. La decisione scontenta tutti ma, per fortuna, c’è chi già corre in F2 con regole di base simili. Tra questi Ferrari, che corre il ’61 con la 156 a sei cilindri posteriore Dino. Phil Hill conquista il terzo posto al Nürburgring e a Monaco, il secondo in Inghilterra e Olanda e vince in Belgio e a Monza (dove Von Trips perde la vita e fa 14 vittime). Nel 1962 La 156 F1 rimane invariata: nell’ottobre ’61 la Divisione sportiva guidata da Eugenio Dragoni lascia l’azienda perciò la macchina corre senza modifiche e la stagione è sotto tono; il motore Dino è utilizzato con due configurazioni della V: 65 e 120°. La stagione ’63 vede la 156 finalmente aggiornata: la nuova 156 Aero ha nuovo telaio rinforzato e passo più lungo. John Surtees riesce a vincere almeno il GP di Gran Bretagna. Nel ’64 le nuove 1512 e 158 decretano la conclusione del ciclo del sei cilindri ma lo rivediamo nella stagione ’66 sulla 246 F1 con cilindrata di 2,4 litri, V a 65° e 250 Cv. Lorenzo Bandini arriva 2° a Monaco e 3° a Spa-Francorchamps. (Immagini e copertina per gentile concessione dell’Archivio Ferrari)