Lancia Delta S4, la regina (senza corona) del Gr. B

Lancia Delta S4, la regina (senza corona) del Gr. B

Se il rally è diventato lo sport d’azione estrema che conosciamo oggi, lo si deve in gran parte alle mostruose Gruppo B. Tutto ha inizio nel 1981 quando, con la decisione di allentare le maglie delle norme che regolavano i vecchi Gruppi 1, 2, 3 e 4, la Fisa (Federazione Internazionale dello Sport Automobilistico) apre di fatto la strada a una corsa sfrenata in cui i più importanti costruttori automobilistici del mondo cominciano a sfidarsi a suon di auto sempre più potenti e sofisticate. Teatro di quella che, sin dalle prime battute, si preannuncia come una sfida tecnica e sportiva senza precedenti, è il Campionato del mondo rally. Grazie a macchine sempre più veloci e spettacolari e a una generazione di piloti professionisti capaci di imprese leggendarie, i rally pregustano un primo assaggio di quella popolarità che, alla metà degli Anni ‘80, ne farà lo sport automobilistico di gran lunga più seguito al mondo. Persino più della Formula 1. Il motivo? Le corse non si guardano dagli spalti degli autodromi, ma sul ciglio della strada. Assiepati in massa a una manciata di metri (a volte di centimetri…) dal palcoscenico su cui si esibiscono automobili del tutto simili – almeno a livello estetico – ai corrispettivi modelli di grande produzione. Questione di marketing, di immagine, di orgoglio nazionale: per le case automobilistiche, correre e vincere nei rally significa affermare la loro supremazia tecnica non solo sui campi di gara, ma anche sulle strade di tutti i giorni. Un fattore che per la Lancia, famosa in tutto il mondo per i successi sportivi di modelli entrati nella leggenda come Fulvia, Stratos e 037, conta più che per chiunque altro.

Lancia Delta S4 stradale

SALTO DI QUALITÀ. Quella del 1984 è una stagione spartiacque. Se la 037 a trazione posteriore – con cui l’anno precedente la Casa torinese aveva conquistato il titolo costruttori – sull’asfalto ha ancora molto da dire, sulla terra e soprattutto sulla neve nulla può contro lo strapotere delle sempre più evolute e potenti Audi quattro. A ridimensionare ulteriormente le ambizioni della Lancia contribuisce la nuova Peugeot 205 Turbo 16, che alla trazione integrale permanente abbina uno spaventoso motore turbo collocato trasversalmente dietro il pilota. È un’autentica rivoluzione. Ma a Torino non erano certo rimasti con le mani in mano, anzi. Già nel 1983, sulla pista di collaudo della Mandria, alle porte del capoluogo piemontese, erano cominciati i test di una 037 con un’impostazione del tutto simile a quella della Peugeot. Dopo due intensi e travagliati anni di sviluppo, nell’autunno del 1985 gli sforzi degli uomini Lancia – da sempre un esempio per spirito di squadra, inventiva e coraggio – verranno ripagati da un modello senza precedenti nella storia dell’auto e del motorsport. Dal progetto ‘Abarth SE038’ nasce la Lancia Delta S4, una macchina destinata, nel bene e nel male, a segnare un’epoca. Ripercorriamo la storia di questa regina del Gruppo B nella nostra Gallery+.

  • 1-lancia-trevi-bimotore
  • 2-lancia-delta-s4
  • 3-lancia-delta-s4
  • 4-lancia-delta-s4
  • 5-lancia-delta-s4
  • 6-lancia-delta-s4
  • 7 -lancia-delta-s4
  • 8-lancia-delta-s4
  • 9-lancia-delta-s4
  • 10-lancia-delta-s4
CONDIVIDI SU
4 commenti su “Lancia Delta S4, la regina (senza corona) del Gr. B”
  • Alberto Spriano ha scritto:

    L’epopea dei gruppi B terminò con l’S4, il Triflux e il laboratorio ECV1.

    Ci fu un tempo dove gli italiani, un popolo di santi, poeti, e navigatori divennero anche ingegneri.

    A quel tempo, in un’accesa tenzone si fronteggiavano tedeschi con l’egida di 4 anelli, francesi sotto il vessillo di un ruggente leone, inglesi con l’emblema del vascello a vele spiegate ed italiani pronti a scagliare la loro lancia.

    Iniziarono a far sul serio i tedeschi, trasformando i loro 4 cerchi in affilati artigli per ghermire neve e ghiaccio e azzannare l’asfalto.

    In breve anche il leone dei francesi, che già gli aveva, affilò i suoi artigli e spostò alle spalle del pilota il suo leggero, semplice e potente motore.

    Gli italiani che poco sapevano di trazioni integrali, umilmente studiarono, sperimentarono e facero errori ma avevano dalla loro il Leonardo delle turbomacchine, un saggio e pacato ingegnere alessandrino che con il suo genio ideo la macchina più spaventosa fino ad allora mai vista.

    Quella spaventosa turbomacchina dopo poco tempo non solo s’impose su tutte, ma anche su tutti. Preoccupava i più grandi piloti di tutti i tempi, tale era la sua velocità da battere anche quella del loro pensiero.

    Il Leonardo delle turbomacchine, mai pago dei risultati ottenuti, impiegò il suo genio ispirato per creare di nuovo qualcosa di inimmaginabile che avrebbe permesso a quella lancia la supremazia assoluta.

    Ma il timore di quei grandi piloti era fondato, la mostruosa creatura sparse il sangue dei due più valorosi ed intrepidi.

    Di fronte ad una tale tragedia anche la nuova geniale ideazione fu consegnata all’oblio, le spaventose turbomacchine scomparvero ed i piloti restarono miti senza rischiare di perdere la vita.

    Oggi restano di quella gloria, le gesta e le immagini di quei valorosi che cercarono di domare la spaventosa turbomacchina sulle strade del mondo.

    Nascosto chissà dove, giace quel trovato d’ingegno a tre flussi del Leonardo alessandrino.

    Tanto tempo è passato da allora, le nuove generazioni non guardano al passato, anche se a volte qualcuno pensa che per comprendere quello che siamo, dobbiamo sapere quello che è stato fatto prima di noi.

    Quel segreto consegnato alla storia vale la pena di ricordarlo, sperando ci sarà un tempo dove si potrà vedere e sentire di nuovo quel mostro spaventoso ruggire senza gemiti perché dotato di quel trovato d’ingegno ideato per le turbomacchine a quattro valvole per cilindro, incrociando i flussi dei turbocompressori: il Triflux che non fu.

  • Alberto Spriano ha scritto:

    Un suggerimento ai redattori, così, tanto per riprendere il discorso con questa leggenda Gruppo B: un’intervista, meglio ancora un video a Bruno Ianniello confederato partenopeo, giusto erede di questa bellezza che a 3 atmosfere di sovralimentazione scatena 800 cavalli e 740 newton metri.
    Ianniello sta invecchiando e ora per i suoi exploits si accontenta di 600 cavalli e circa 600 newton metri. L’S4 diventa così meno selvaggia e gestibile.
    Sembra che l’S4 di Bruno sia stata rimaneggiata. I pistoni sono sempre i suoi, i Mondial da 88 e mezzo di alesaggio, in grado di sopportare potenze e regimi ancora più alti. Però la sua S4 non è più lamentosa, non ha più il compressore Volumex R18, a cui era affidata la spinta ai bassi interagendo con la turbina KKK K27 o con la K28 che soffiavano con vigore dai medi agli alti regimi.
    Bruno ha fatto una scelta radicale: utilizzare due turbogruppi Garrett Gtx 35 a doppio cuscinetto, per cui la sua S4 si è evoluta e non ha più la valvola sgolfatrice, che limitava la pressione in esubero agli scarichi provocando il lamento e il sibilo Volumex.
    Abbiamo tutti le nostre macchine del tempo.
    C’è chi le usa per tornare indietro e rivivere i ricordi del passato.
    C’è invece chi pensa e guarda solo al futuro, studiando, cercando, esplorando e fallendo nella ricerca di nuove tecnologie, meno selvagge, più sostenibili.

  • Cesare Nebbia ha scritto:

    Grazie del contributo Alberto! Ne terremo conto senz’altro

  • t5457925 ha scritto:

    nel gruppo b c’erano anche nissan 240 RS ,mitsubishi starion 4wd rally car ,toyota celica twin cam 16v , oltra la mitica renault r5 turbo maxi , a mio giudizio la compianta toyota mr2 222d mai aprovata dal gruppo s era micidiale

Lascia un commento

INCENTIVE
VIDEO
ALTRI VIDEO