La leggendaria e tragica storia della Ferrari 335 S

La leggendaria e tragica storia della Ferrari 335 S

Nei salotti buoni e irragiungibili dell’automobilismo da collezione ne parlano un po’ tutti, dopo la vittoria assoluta nel concorso d’eleganza di Salon Privé, ma in pochi possono dire di conoscerla bene. La Ferrari 335 S, d’altronde, non è tra le rosse rimaste più famose, eppure la sua parabola, tanto breve quanto intensa e densa di emozioni contrastanti, ha lasciato un segno indelebile nella storia del cavallino rampante e delle corse automobilistiche.

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SEMBRAVA INVINCIBILE… La Ferrari 335 S premiata con il prestigioso Best of Show dalla giuria del Salon Privé (foto sopra), una delle quattro costruite dalla casa di Maranello nel 1957, è quella con cui Peter Collins e Maurice Trintignant nel marzo di quell’anno arrivarono sesti nella 12 Ore di Sebring. Due mesi più tardi, alla Mille Miglia, la stessa macchina sembrava destinata a sgretolare il record stabilito da Stirling Moss nel 1955 con la Mercedes 300 SRL: Collins transitò a Siena dopo 6h 47’ 48”, alla media di quasi 162 km/h, ma quando tutto sembrava andare per il verso giusto i suoi sogni di gloria si frantumarono a Parma insieme agli ingranaggi della trasmissione del suo bolide.

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LA SCONFITTA PIÙ GRANDE. Andò molto peggio al compagno di squadra, il marchese Alfonso de Portago, pure lui al volante di una 335 S e in lotta per le prime posizioni per gran parte della corsa, fino a quando, a una cinquantina di chilometri dal traguardo, a causa dello scoppio di una gomma uscì di strada a una velocità di oltre 250 km/h, trovando la morte insieme al copilota, Edmund Gurner Nelson, e ai nove, malcapitati spettatori travolti dalla sua Ferrari.

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TRIPLETTA AMARA. Quella tragedia, che ha fornito a Michael Mann un’angolazione struggente e malinconica per raccontare il “suo” Enzo Ferrari nel film Ferrari, sconvolse l’Italia e il mondo e gettò un’ombra di dolore incancellabile sulla tripletta della casa di Maranello – primo Taruffi, secondo von Trips e terzi Gendebien-Washer – che pose tristemente fine alla Mille Miglia come gara di velocità.

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ANIMALE DA CORSA. Al di là del suo triste destino, la Ferrari 335 S è stata un’ottima auto da corsa. Il suo principale punto di forza era il grosso e potente motore, evoluzione del V12 delle barchette 290 MM e 315 S, un 4.0 da ben 390 CV, chiamato a muovere un’auto con un peso a vuoto di appena 880 kg. Dopo il dramma della Mille Miglia del ’57 la 335 S tornò in pista, ottenendo due secondi posti, alla 1000 km del Nürburgring e al Gran Premio di Svezia, e una doppietta a Caracas, nel Gran Premio del Venezuela, che valsero alla Ferrari l’ennesimo titolo mondiale. 

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Un commento su “La leggendaria e tragica storia della Ferrari 335 S”
  • Alberto Spriano ha scritto:

    La 335 S, un bolide rosso fuoco, si trasformò in una bara volante sulla strada napoleonica tra Mantova e Brescia. La Mille Miglia, una volta celebrazione dell’automobilismo italiano, divenne il teatro di una tragedia che sconvolse il mondo. Alfonso de Portago, il marchese affascinante e sconsiderato, e tanta gente comune, tra cui bambini entusiasti, persero la vita in un attimo.

    “Motorsport is dangerous”, recita il biglietto sui circuiti. Ma sulle strade aperte della Mille Miglia nessun biglietto si doveva pagare, chi poteva immaginare che quella frase si sarebbe trasformata in una macabra profezia? La strada, affollata di spettatori, non era un circuito sicuro. Fu un’escalation di follia, una corsa contro il tempo e contro la morte, dove tutti sembravano aver dimenticato i pericoli.

    La tragedia di Bologna aveva già mostrato la fragilità di queste corse su strada aperta, ma la lezione non fu appresa. La Mille Miglia continuò, alimentata da una sete di adrenalina e di gloria che offuscò ogni senso di responsabilità.

    “Undici vite spezzate, un numero che non può essere dimenticato. Dietro ogni nome, una famiglia distrutta, un sogno infranto. La tragedia di Guidizzolo fu un punto di non ritorno. La Mille Miglia scomparve, ma il suo ricordo ci ricorda ancora oggi i rischi dell’incoscienza e l’importanza della sicurezza.

    Ma oggi le corse sono così necessarie al progresso o servono unicamente al marketing per vendere auto veloci, costose ma sopratutto inadatte alle competizioni?

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