La Ferrari “275 GTO” che non fu mai omologata
Agli inizi degli Anni ’60 la FIA prende la decisione di creare una nuova categoria del Campionato Internazionale per vetture Sport, la GT. Questa sarebbe stata introdotta dalla stagione ’62 e raccoglie immediatamente l’interesse dei costruttori verso lo sviluppo ed evoluzione dei loro modelli gran turismo. Le Sport e le GT avrebbero corso fianco a fianco in appuntamenti come la 24 Ore di Le Mans, la Targa Florio o la Mille Chilometri del Nürburgring. Ma mentre le prime, più estreme e sofisticate, sarebbero rientrate in un limitato calendario le GT avrebbero dato vita a un elenco di eventi molto più sostanzioso (e che nel ’63 sarebbe stato allargato alle corse in salita).
LA 250 GTO. Enzo Ferrari colse al volo questa nuova opportunità riuscendo, in modo un po’ machiavellico (aggirando l’obbligo di costruire almeno 100 esemplari stradali), a iscrivere la Ferrari 250 GTO tra le GT e questa, inutile dire, fece terra bruciata intorno a sé nel ’62, ’63 e ’64. In quell’ultimo anno si era trattato, paradossalmente, di una soluzione di ripiego poiché il Drake aveva fallito l’iscrizione della 250 LM, la quale fu ammessa tra i prototipi. Dopo tutte le vittorie della 250 GTO ci voleva, insomma, un prodotto che desse adeguato filo da torcere alla Cobra Daytona e la Ferrari 275 GTB presentata al Salone di Parigi era il punto di partenza più coerente. Nelle settimane seguenti il Salone fu effettivamente allestita una 275 GTB da competizione: era riconoscibile per la carrozzeria in alluminio, motore leggermente potenziato e serbatoio carburante più capiente per le “maratone” di 24 ore. Ma non era certo il tipo di 275 da corsa a cui Ferrari puntava.
UNA 275 GTB PURA DA CORSA. Secondo la normativa FIA, oltre all’obbligo di produrre un minimo di unità per la normale circolazione (entro dodici mesi) era stabilito allestire una carrozzeria più leggera ma il telaio poteva essere solo irrobustito (e non alleggerito). Con grande classe il Drake fece, invece, progettare un traliccio differente, più adatto al ruolo. In quelle settimane furono costruiti i primi esemplari: il telaio era una struttura tubolare con elementi più sottili rispetto all’auto di serie; inoltre il tetto era più rigido e il motore posizionato più in basso per influire positivamente sul baricentro e migliorare la stabilità. Il comparto sospensioni si articolava in triangoli con bracci di lunghezza ineguale e ammortizzatori Koni, i dischi erano di provenienza Dunlop e le ruote da 15” indossavano gomme dello stesso Fornitore. Il serbatoio era da 140 litri e collocato dietro l’asse posteriore.
QUASI UN MOTORE 250 LM. Nel vano motore prendeva posto l’unità Tipo 213, un V12 da 3,3 litri strettamente imparentato all’unità della 250 LM. Aveva testata monoalbero, 2 valvole per cilindro e alimentazione a carburatori. Questo propulsore vantava una notevole leggerezza, il blocco in alluminio, la lubrificazione a carter secco (era del tipo “umido” sulla macchina stradale) con pompa in magnesio (così come gli alberi a camme), alimentazione con 6 carburatori e cambio Transaxle. Tutto questo si traduceva in una potenza (stando stretti) di almeno 350 cavalli. La carrozzeria era allestita su disegno del geniale Pininfarina ed era composta da pannelli in lega leggera molto sottili. Al confronto visivo con la 275 GTB stradale il modello da corsa risultava più piccolo di un 10 percento: il frontale era simile (sulle unità iniziali) alla 330 LMB e la mancanza dei paraurti contribuiva a esaltare l’immagine possente. Sul cofano motore una presa d’aria convogliava aria ai carburatori mentre frontalmente, ai lati della bocca centrale, due ingressi più piccoli erano collegati ai dischi anteriori.
350 CAVALLI… CON LA RADICA! Anche gli interni erano differenti: eliminato ogni rivestimento e montati leggeri sedili a guscio in alluminio, si poteva notare, quale unica somiglianza con la 275 GTB di serie, la presenza della plancia in radica; si racconta fosse un chiaro espediente per “sabotare” le ispezioni della FIA fingendo che la macchina fosse solo una GTB modificata. Secondo le fonti il peso era inferiore ai 900 chili contro gli oltre 1100 di una di serie. Nell’aprile del ’65 la 275 GTB Competizione (o Ferrari 275 GTB/C) venne quindi ispezionata dalla FIA ma questa non rilasciò l’omologazione sicché la Casa non poté schierarla ufficialmente. Piuttosto che abbandonare il progetto, e buttare tempo e denaro investiti nello sviluppo, fu decisa la partecipazione in alcune gare del trofeo per i prototipi GT. L’ipotetica vettura ufficiale, l’esemplare con telaio 06885, fece il suo debutto alla Targa Florio con Giampiero Biscaldi in coppia con Bruno Deserti. Purtroppo la n. 196 di gara si arrese al giro numero otto (vinsero Vaccarella e Bandini con una P2). Due settimane dopo Biscaldi e Baghetti si misurarono con la concorrenza alla Mille Chilometri del Nurburgring. Sul Nordschleife la n.3 riuscì a cogliere il tredicesimo posto assoluto e quarto di classe dietro alle Cobra (e alle invincibili P2).
MISURARSI CON SHELBY? MOLTO DIFFICILE. Di fronte alla scarsa forza contro Shelby, la FIA modificò finalmente il regolamento e la Ferrari 275 GTB/C fu ammessa nella classe GT. Vero è, purtroppo, che ormai il programma non aveva più senso per la Ferrari e fu così concluso, lasciando spazio solamente alle 275 GTB/C private. L’unico esemplare ex-ufficiale fu ceduto all’Ecurie Francorchamps e il 19 giugno si presentò alla 24 Ore di Le Mans. Ottenne un ottimo tempo di qualifica in quarta posizione e in gara riuscì a risalire fino a un incoraggiante terzo posto ma dovette mollare per noie alla frizione. Vinse la 250 LM della NART e proprio a quest’ultima fu ceduta la GTB/C; a fine settembre partecipò alla 500 Chilometri di Bridgehampton, ultima gara del Campionato.
MAGRO RISULTATO. Agguantò un magro undicesimo posto e, naturalmente, non creò alcun imbarazzo alle Cobra: le vetture di Shelby conquistarono con ampio margine il Mondiale Sport ‘65 in classe GT oltre due litri ma Maranello si aggiudicò il titolo nella classe maggiore. Secondo le fonti sono stati prodotti dodici telai, la maggior parte carrozzati con livrea molto simile alla GTB normale. Tra i migliori risultati in gara si segnalano: nel ‘66 il primo posto di classe alla Targa Florio, il primo e il secondo posto di classe alla 24 Ore di Le Mans e il successo di categoria alla Mille Chilometri di Parigi. Nel ’67 il primo posto di classe a Daytona, a Monza, e a Le Mans. Nel ’69 I° di classe alla Mille Km di Parigi. Oltre alle gare internazionali vi sono stati un paio di esemplari molto attivi nelle gare in salita (una di queste ha vinto la Castell’Arquato-Vernasca del ’69) e altrettanti che non risultano utilizzati in gara.