Jerry Hirshberg, l’uomo che trasformò la Nissan
La premessa. Era il 14 novembre. Stavo leggendo il Times di Los Angeles e mi casca l’occhio su un necrologio. Parlava di un certo Jerry Hirshberg e dentro c’erano un sacco di nomi che sembravano buttati a caso: Buick, Nissan e La Jolla (noto posto di fighetti a nord di San Diego). E mi sono chiesto: Hirshberg, chi era costui? Ma per fortuna nel Far West ho ancora qualche amico, e alzo la cornetta. Lo trovo sveglio, “ciao Tom, ma Hirshberg ti dice niente?”. Apriti cielo, Tom (il Matano, papà della Miata), comincia a elencarmi una sfilza di gente con cui “dovrei proprio parlare”, perché anche se qui da noi non ce lo siamo filati più di tanto, pare che questo Hirshberg fosse davvero un genio.
FUORI DAL COMUNE. Ecco, ma per capire Hirshberg bisogna conoscere il suo lato Jerry. E quello che salta fuori in un’intervista di AutoWeek per l’uscita della Infiniti J30 è diventato il suo biglietto da visita. Il giornalista gli chiede: per chi ha disegnato quest’auto? E la sua risposta è stata “per gli stronzi”. Del resto, che il papà della Pontiac GTO, quella cafonata tutta radiatore, o della Buick Riviera con il sedere da motoscafo (appunto, boattail), fosse un anticonformista lo si era capito da subito. Inizia con la musica, e a sei anni gridano al nuovo Mozart, gli fanno studiare composizione e direzione d’orchestra. Poi passa al rock’n’roll, incide un paio di brani e si butta nella pittura. Quindi s’innamora di Leonardo da Vinci, che diventa il suo punto di riferimento, e un bel giorno gli torna in mente quella radio Philco che girava in casa quando era bambino. E di quella volta che aveva chiesto allo zio chi l’avesse fatto, quell’oggetto così magico. Un designer industriale, gli rispose lo zio. E creò un mostro (di bravura).
DALLA GM ALLA NISSAN. Nel 1964, di ritorno dall’Europa, Jerry viene preso dalla GM che lo mette a lavorare insieme a John DeLorean (quel DeLorean). Nascono così le Buick Le Sabre e Shyhawk, come pure le Pontiac GTO, Firebird, Sunbird e Grand Prix. Ma Jerry scalpita, vuole di più. E quando nel ’79 arriva la chiamata della Nissan, lui risponde. Il progetto era poliedrico, stimolante, ambizioso. Insomma, una gran figata. Aprire il primo centro di design Nissan fuori dal Giappone (NDI, Nissan Design International). Hirshberg lo vuole a La Jolla, l’esclusivo fuoriporta di San Diego e crea quello che Google copierà, ma 30 anni dopo: un campus a metà strada tra un’università della Ivy League e un giardino giapponese, insomma un posto di lavoro che sa di vacanza. La prima richiesta che Jerry fa alla Nissan è un campo da football. Non ti dico i giapponesi… l’hanno approvato solo quando hanno capito che non serviva per giocarci, ma per vedere le auto da ogni prospettiva. Qui nascono la Pathfinder, la Pulsar NX, il prototipo della Z. Si inventò pure il pick-up Gobi che, nonostante fossero gli anni in cui Nissan si divertiva a produrre auto impossibili come la Figaro, non venne mai realizzato.
IL RICORDO. Bryan Thompson conferma tutto. Bryan è uno di quelli che Tom mi aveva detto di sentire. Lui è stato uno degli ultimi designer assunti da Jerry. “Sono cresciuto ad auto francesi e giapponesi e così, quando ho saputo che Nissan e Renault si stavano per sposare e che quello che celebrava il matrimonio era Jerry… be’, gli ho scritto subito. E lui mi ha richiamato immediatamente, lasciandomi un messaggio in segreteria. Che conservo ancora oggi”. Per Bryan Jerry era un mito, e lo diventa già il primo giorno di lavoro. Quando si presenta al campus di La Jolla e Jerry gli dice di togliersi immediatamente la cravatta. “Jerry poteva parlarti di filosofia orientale e di musica classica come farti tirare un dito e scoreggiare. Era uno vero. E anche se il suo mantra era, ‘quello che mandiamo in Giappone dev’essere sempre un regalo, dobbiamo saperli sorprendere’, non metteva addosso nessuna pressione. Per lui il designer è uno che deve essere lasciato libero di sbagliare”.