Jerrari, una Jeep maranellizzata
È una vettura unica al mondo, questo è poco ma sicuro. Enzo Ferrari ne era schifato e, d’altronde, non poteva certo essere biasimato. La storia di questa Jeep Wagoneer incrociata con alcuni tratti somatici d’alto lignaggio tricolore ebbe inizio per volere di Bill Harrah, un eccentrico milionario americano che costruì la propria fortuna grazie a due casinò in quel di Reno, Nevada. Le automobili erano una delle sue passioni e si dice avesse una collezione privata da oltre un migliaio di veicoli. Un giorno, durante una violenta tormenta di neve, un meccanico di Harrah si schiantò mentre era alla guida di una delle Ferrari di proprietà dell’imprenditore, nella fattispecie una pregevole 365 GT 2+2. Il sinistro scatenò in Harrah il desiderio di possedere una Ferrari a quattro ruote motrici: una vettura che combinasse potenza, velocità, ma anche confort, spazio e sicurezza. Praticamente — siamo nel 1969 — il buon Harrah ricercava tutte quelle qualità che oggigiorno ritroviamo in una suv ad alte prestazioni.
IL ‘MOSTRO’ PRENDE FORMA. Harrah conosceva praticamente chiunque e pare che — secondo alcune indiscrezioni — avesse addirittura chiesto aiuto ad Enzo Ferrari in persona e che questi, per una questione di principio, avesse rifiutato. La volontà del Commendatore — che non avrebbe mai pensato potessero esistere Ferrari station wagon, né tantomeno suv — non fermò il determinato Harrah. Chiedendo aiuto ai meccanici che mantenevano e supervisionavano la sua collezione, decise di far tutto da sé. Venne quindi presa la parte interiore della 365 GT 2+2 — tutto il resto era andato pressoché distrutto — e ‘con un paio di pinze e una buona saldatrice’ il team di lavoro riuscì ad inserirla nel corpo vettura di una Wagoneer nuova fiammante. Una specie di Frankenstein a quattro ruote, che tuttavia riuscì a combinare le forme sinuose ed eleganti della gran turismo italiana con quelle rudi e più spigolose della Wagoneer in modo abbastanza discreto.
JERRARI 1 E 2. Road & Track, a suo tempo, pubblicò le immagini che mettevano in luce la complessità del progetto, tutt’altro che semplice. Basta pensare che il dodici cilindri Colombo da 365 cavalli fu abbinato ad una trasmissione T-10 Borg-Warner a 4 rapporti. La Jerrari — che non è un nome di fantasia da noi attribuito — venne colorata in British Racing Green, una delle livree preferite di Harrah; per questo motivo venne rinominata da alcuni ‘mostro verde’. Una vettura che non passava certo inosservata. Harrah, che paradossalmente preferiva l’anonimato quando si muoveva per le strade di Reno, decise di farsi costruire una Jerrari 2: era una Grand Wagoneer originale e full optional — senza frontale modificato — su cui fece montare il V12 della Jerrari 1. Quest’ultima, rimasta temporaneamente senza cuore, venne dotata di un docile e affidabile V8 Chevy da 5.9 litri, più funzionale ad un uso quotidiano.
LA PRIMA È IN VENDITA. Alla morte di Harrah, avvenuta nel 1978, l’intera collezione di sua proprietà venne venduta. La Jerrari 1, passando di mano in mano, è riaffiorata in Germania nel 2008. L’auto è stata completamente restaurata e, ancora oggi, ha solo 15mila chilometri all’attivo. Qualora foste interessati, è in vendita qui e aspetta soltanto un nuovo eccentrico proprietario.