
Jaguar XJ-S: icona di lusso e “resistenza”
Il progetto per l’erede della Jaguar E-Type inizia a muovere i suoi primi passi già nel 1966 (la nuova coupé del Giaguaro era stata presentata al Salone di Ginevra del ’61 ed era divenuta in poco tempo un’icona). Il responsabile delle operazioni è Malcolm Sayer con il supporto del boss William Lyons e l’obbiettivo, una volta raccolta l’eredità della E-Type 2+2 (1966), è di rivolgersi anche al mercato americano con una sportiva capace di ospitare più di due passeggeri. Il progetto interno XJ21 contempla tre stili di carrozzeria: coupé due posti, “due posti + 2” e cabriolet. Le motorizzazioni previste sono un nuovo 8 cilindri 3.6 in luogo del glorioso 6-in-linea ma anche un sontuoso 12 cilindri. Inizialmente viene anche ipotizzato un modello più piccolo studiato sulla falsariga della prima E-Type.
GLI STUDI INIZIALI. Il primo prototipo (fine ’66) ha lo stesso passo dell’E-Type 2+2, carreggiata più larga (due pollici in più) e uguale altezza. Tra il ’67 e il ’68 si susseguono diverse proposte. Queste comprendono: un nuovo studio (gennaio ’67) con un design piuttosto simile al risultato finale (frontale diverso, passaruota più larghi e padiglione spigoloso). Questo è accompagnato (marzo ’67) da una proposta di cabrio; Quindi una coupé con “archi rampanti” sul posteriore e una sorta di “berlina sportiva” con quattro posti e coda tronca.
SI AGGIUNGE LA BERLINA. Il progetto è congelato nel ’68 e nel frattempo si aggiunge alla gamma il nuovo motore 12 cilindri 5.3 (marzo ’71) per la E-Type perciò la nuova XJ21 si sarebbe aggiunta a seguire. Nei primi mesi della nuova decade i lavori si “intersecano” con un’inedita berlina e portano a una modifica dei codici interni del progetto. Tra le caratteristiche del design che certamente hanno provocato le discussioni più ampie ci sono gli archi rampanti. Inizialmente saranno molto criticati ma nei successivi restyling dell’auto definitiva qualsiasi tentativo di eliminarli avrebbe provocato generale rifiuto da parte della clientela.
DICEMBRE ’75: NASCE LA XJ-S TRA LE INCERTEZZE. Nonostante la crisi del petrolio, il calo della produzione e l’ingresso dello Stato in British Leyland (che era divenuto azionista di Jaguar nel ’65) nel dicembre ’75 la nuova Jaguar XJ-S è presentata al mondo. Entra in listino con il V12 5.3 della E-Type da 285 Cv, con cambio manuale a 4 marce o automatico a tre rapporti. Poiché il primo è al limite del suo sviluppo (era sul mercato dal ’64) ed è privo di overdrive non ha molto successo. Infatti fino al ’79, quando viene ritirato, ne sono prodotti solo poco più di 350 esemplari. Con l’inizio della produzione la Casa Madre spera di vendere almeno 3.000 unità l’anno e non si tratta, dopo tutto, di un obbiettivo ambizioso. Del resto nel ’73, ultimo anno di produzione della E-Type, ne sono costruite quasi quattromila settecento (vendute al prezzo di circa 3.750 sterline, meno della metà di un’XJ-S) a dimostrazione che c’è ancora interesse.
PIÙ GT CHE SPORTIVA. L’inizio della produzione sancisce l’abbandono da parte della Casa del segmento delle sportive ad alte prestazioni lasciando la supremazia a marchi più estremi come Ferrari, Maserati, De Tomaso e Porsche (nel ’77 sarebbe stata presentata la 928) e preferisce puntare sulla sfida con la Mercedes SLC. Il mercato americano, dal canto suo, non è soddisfatto del nuovo modello: la Jaguar XJ-S ha prestazioni e carattere inferiori alle aspettative, poca affidabilità e lunghe liste d’attesa. Falcidiata dagli scioperi, la fabbrica diventa parte di Jaguar Rover – Triumph. Le vendite sono in calo a causa della scarsa affidabilità così agli inizi degli Anni ’80 (aprile) la Casa ri-acquista la propria indipendenza e nuovo Amministratore Delegato John Egan decide spingere sull’affidabilità: dopo il minimo storico di consegne (circa 1.080 esemplari del 1980) si sale a circa 1.300 nel 1981. Nel 1982 le modifiche sono ancora più importanti: si procede a una profonda revisione del motore (portato a 300 cavalli e reso più affidabile), novità alle sospensioni, allestimento più ricco e prezzo ridotto. In tal modo le vendite quasi raddoppiano.
IL MOTORE A SEI CILINDRI. Dagli studi iniziali di un V8 3.5 nel ’76 parte la progettazione di un nuovo 6 cilindri in linea per allargare la gamma. Dopo vari studi sulle opportunità possibili nel ’79 viene costruito il primo prototipo: si lavora su un 3.6 con 24 valvole e un più economico 2.9 con due valvole per cilindro. In quell’anno è peraltro lanciata una nuova trasmissione manuale con cinque marce di fabbricazione Getrag. Nell’83 entra finalmente in commercio la Jaguar XJ-S 3.6. I pareri della stampa sono contrastanti: Jaguar dichiara una velocità massima di 233 km/h ma nelle prove empiriche non si va oltre 220. Il 6 cilindri soffre il divario con il V12 ma, naturalmente, la XJ-S non perde il valore della raffinatezza britannica.
LA CABRIOLET. Nella stessa occasione è introdotta anche la versione Cabrio, chiesta soprattutto dal mercato americano. Si tratta di un allestimento speciale con due soli posti, prodotta all’esterno. Uscita dalla catena di montaggio la Jaguar XJ-S Coupé viene portata alla Park Sheet Metal Company di Coventry: qui sono rimossi gli archi e aggiunti rinforzi nel sottoscocca. Quindi è trasferita all’Aston Martin Tickford Body Works di Bedworth per il montaggio di tetto e capote. La cabriolet così allestita torna a Coventry per ricevere gli interni (molto lussuosi), le finiture e il collaudo su strada. Nell’agosto 1984 Il governo Thatcher abbraccia la filosofia del libero mercato e, perciò, lo Stato esce dall’azionariato. La Casa produce oltre 6.000 esemplari (ma meno di 180 SC) così nell’85, con il codice XJ28, è varata la V12 Convertibile (non esportata fino al 1986). Con l’arrivo della XJ40 nel 1986 si verifica una “fertilizzazione tecnica” incrociata tra la nuova e la vecchia generazione. Il 3,6 litri AJ6 della XJ-S è molto migliorato e ora era disponibile con cambio automatico ZF a quattro velocità (la domanda di coupé 6 cilindri con cambio manuale è stata deludente). La “scelta dell’appassionato” non è in sintonia con il cliente pagante: la quarta marcia è di fatto un overdrive e l’elevata sofisticazione dei cambi moderni rende il manuale, di fatto, inutile.