Jaguar C-Type: il sinuoso felino di La Sarthe
La C-Type, sul cui passaporto si legge – inizialmente – XK120C come nome e ovviamente Coventry come luogo di nascita, è stata prodotta dalla Jaguar tra il 1951 e il 1953. Un storia tanto breve, quanto vincente, corredata da un palmarès di tutto rispetto. La meccanica impiegata era quella della già iconica XK120 stradale, di cui la Jaguar C-Type era la versione destinata alle gare: la lettera C nel suo nome di battesimo stava appunto per Competition. Per essere competitivi tra i cordoli, gli ‘organi’ della spider stradale furono installati su un inedito telaio tubolare progettato da Bob Knight, su cui erano rivettati i pannelli in alluminio della filante carrozzeria disegnata da Malcolm Sayer. Ogni particolare non necessario venne eliminato per limare ogni possibile chilogrammo extra: l’ago della bilancia della C-Type si fermava a quota 960 kg, circa 450 kg in meno rispetto alla stradale.
POTENZA E CONTROLLO. Meno peso e, naturalmente, più potenza: il sei cilindri in linea da 3,4 litri della XK120 fu oggetto di una completa messa a punto , passando dai 160-180 cavalli della versione standard a circa 205 cavalli grazie, tra gli altri, a nuovi carburatori Weber a doppio corpo e diversi alberi a camme che incrementavano sensibilmente il regime di rotazione del propulsore. Gli ultimi modelli prodotti erano ancora più potenti e più leggeri di una decina di chilogrammi, ma sopratutto montavano una novità tecnica che da lì a poco sarebbe diventata lo standard per le auto da corsa e in seguito da strada: i freni a disco.
UN ESORDIO DA MANUALE. Va da sé che il suo regno era la pista, l’ambiente per cui era stata progettata e sviluppata e alla Jaguar C-Type non ci volle molto per mettersi la corona: al suo debutto nella 24 ore di Le Mans del 1951 si impose immediatamente, con Peter Walker e Peter Whitehead al volante e forse avrebbe anche potuto fare un ‘1-2’ se la vettura gemella, guidata da un certo Stirling Moss, non fosse stata costretta al ritiro per un problema alla pompa dell’olio. Privo di soddisfazioni per la Jaguar fu invece l’appuntamento a Le Mans del ’52: tutte le vetture furono costrette al ritiro per problemi di surriscaldamento provocati da una nuova aerodinamica, forse troppo estrema per una gara così estenuante.
IL SECONDO SUCCESSO. Ma questo non fece demordere la Jaguar che, sempre con la C-Type, si riconfermò come il costruttore da battere alla 24 ore francese: Tony Rolt e Duncan Hamilton riuscirono a compiere ben 304 tornate, tagliando il traguardo dopo 4088 km ad una velocità media superiore alle 100 miglia orarie, più precisamente a 105,85 mph ovvero 170,3 km/h. Come se ciò non fosse sufficiente a sottolineare la supremazia della vettura inglese, l’equipaggio composto da Moss-Walker arrivò secondo, mentre il duo Whitehead-Stewart si classificò in quarta posizione.
LE QUOTAZIONI. In totale pare ne siano state prodotte 54 unità, esemplare più esemplare meno. All’epoca, una C-Type nuova poteva essere acquistata per circa 6000 sterline, mentre oggi il valore di una delle due vetture salite sul gradino più alto del podio nell’endurance transalpina supera abbondantemente i due milioni di sterline.