In ricordo di Sabine, pilota senza paura
In riferimento alla scomparsa dell’amata Sabine Schmitz, pubblichiamo il ricordo di Claudio Braglia. Collega e tester di alVolante.
Vado al Nürburgring dalla fine degli anni ’70, e scendo sempre all’hotel Am Tiergarten (che sorge di fianco al rettilineo principale del tracciato). Un tipico e lindo gasthof (albergo) di campagna gestito dalla famiglia Schmitz (cognome, peraltro, diffusissimo nella zona di Adenau); famoso fin dagli anni ottanta per il comfort, il buon cibo e l’atmosfera pistaiola che si respira al suo interno, ma anche perché gestito dall’affascinante frau Ursula (che, quand’era ragazza, ha fatto girare la testa a fior di piloti) e dalle sue altrettanto avvenenti tre figliole. Fra queste, l’unica che – fin da quando era una teenager – mostrava un’insana passione per i motori, ronzando con insistenza attorno alle auto e alle moto che portavamo al Ring per i nostri test, era proprio Sabine. Schmitz. Già allora le sue domande non erano mai banali: più che chiederci ‘a quanto va?’ o ‘quanti cavalli ha?’, voleva capire le qualità dinamiche dei veicoli: quanto fossero agili e leggeri nelle curve strette, oppure stabili nei tratti veloci.
COME NUVOLARI. Con una grinta e una determinazione da fare invidia ai più duri colleghi maschi, appena conseguì la patente (ma una volta ci confidò che i suoi giri di pista erano iniziati quando non aveva neppure il foglio rosa) cominciò a frequentare l’inferno verde con qualsiasi tipo di veicolo a motore. Le piaceva soprattutto scoprire l’anima di ogni auto, cercandone il limite, e si divertiva parecchio a girare in pista con vecchi catorci (comunque bene assettati), oltre che con un furgone Ford Transit, opportunamente preparato e alleggerito, col quale dava spesso la paga a qualche porschista senza arte né parte in vena di fare lo sbruffone. La sua passione era incontenibile e la trasmetteva senza filtri ai suoi fan coi quali si intratteneva volentieri nelle sale dell’hotel di famiglia. Grazie all’eco dei suoi tempi sul giro (spesso incredibili) che spuntava quasi quotidianamente sulla Nordschleife, ha presto trovato degli sponsor e ha potuto intraprendere una brillante carriera agonistica. Così, nel 1996 (successo bissato nel 1997), è diventata la prima e unica donna a vincere la 24 Ore del Nürburgring alla guida di una BMW M3. E nel 1998 ha conquistato pure il titolo di endurance VLN (un campionato che si disputa tutto sulla Nordschleife). L’eco dei suoi brillanti risultati l’ha presto portata a diventare l’autista ufficiale del Ring Taxi (con una BMW M5 portava in giro sul circuito appassionati e turisti alla ricerca di brividi e adrenalina) e, dal 2004, ha pure intrapreso la carriera televisiva nel noto programma Top Gear, trasmesso dalla BBC. A tutta la famiglia Schmitz, allo staff dell’hotel Am Tiergarten e del ristorante Pistenklause, nonché al marito Klaus Abbelen, vanno le sentite condoglianze di Veloce.
STORIA DI UNA CAMPIONESSA. Allevata tra rombi e puzza di benzina, il salto al volante come pilota fu quasi spontaneo, sebbene anche lei abbia dovuto fare i conti con la dose di pregiudizio che accompagna ogni donna che voglia cimentarsi in cose che i maschi hanno deciso essere maschili. Ma Sabine era una che sorrideva e faceva un’alzata di spalle. Così a 26 anni conquistò per la prima volta la 24 Ore di casa sua insieme con Johannes Scheid e Hans Widmann sulla BMW M3 ‘Eifelblitz’, per fare il bis nell’edizione 1997. Nel 1998 decise di essere anche la prima donna (e anche in questo caso unica) a conquistare il titolo della VLN, prima di iniziare la carriera di pilota Porsche insieme con Klaus Abbelen, che sarebbe diventato suo marito. La grande notorietà però sarebbe arrivata solo con la televisione, con Top Gear, il celeberrimo format della BBC, dove apparse per la prima volta nel 2004, sfidando l’allora conduttore Jeremy Clarkson in un giro del Nurburgring alla guida di un Ford Transit. Nel 2017, Sabine si ammala gravemente, ma non si arrende. Si cura, si ristabilisce e torna alle corse. Una donna che della velocità, tanto nelle manovre in pista come nell’intelligenza viva e sorridente, aveva fatto uno stile. Ma il destino è beffardo e quando tutto sembrava essersi messo al meglio, la ricaduta: solo una malattia, cattiva e rara, l’ha fermata, a 51 anni, e il mondo intero delle corse e dello sport la piange. I social sono pieni dei ricordi e dei saluti a questa donna con i motori e le auto nel sangue, segno che la sua esistenza ha saputo dare gioia. “Il Nurburgring ha perso la sua pilota donna più famosa – si legge sul profilo Twitter del circuito – . Ci mancherà lei e ci mancherà la sua natura allegra”. (Testo: Francescopaolo Tarallo)