Fuorilegge, il restomod della Lancia degli anni d’oro
Voi tagliereste i montanti di una B20 per abbassarne il tetto? Buttereste via il suo motore V6 – il primo nella storia ad equipaggiare una vettura di serie – e tutte le componenti degli impianti dell’epoca per creare una fuoriserie storica ma con un tocco moderno? Diciamocelo chiaramente, a prima vista l’idea dietro alla Lancia Aurelia Fuorilegge di Thornley Kelham sembra una bestemmia in grado di far tremare anche gli appassionati più disinvolti. A prima vista, dicevamo. Perché in realtà questa filantissima coupé dal rombo ipnotico nasce da una ricerca storica maniacale, che arriva proprio alle origini del mito sportivo di Lancia. Il tutto per caso, grazie al ritrovamento di una B20 GT particolare. Quella del pilota Giovanni Bracco.
L’UNICORNO DEL GENTLEMAN DRIVER. Se il progetto Aurelia era un’esaltazione del marchio Lancia su tutti i fronti, erano proprio le competizioni ad animare i sogni di Gianni, l’erede del fondatore, e della dirigenza dell’epoca. Con in testa la versione coupé il patron cercò infatti di esaltare le visioni ingegneristiche di Vittorio Jano e Francesco De Virgilio, creando una macchina dalla linea morbida capace di battagliare con le Alfa Romeo ma anche con le Ferrari e le Maserati nonostante un prezzo di listino più contenuto. Non ci mise molto a diventare la vettura più aspirazionale per i corridori della domenica, che si trattasse di nobili annoiati dalla vita, industriali in cerca di adrenalina o piloti spiantati ma dai grandi sogni, tutti impegnati ovviamente non solo nei circuiti cittadini e nelle altre gare locali, ma anche nelle grandi competizioni che rispondono ai nomi di Mille Miglia, Carrera Panamericana, 24 Ore di Le Mans.
LA B20 GT DI BRACCO, SCHIACCIATA PER CORRERE. Tra le tante vetture impegnate nelle gare, ce n’è una speciale. Una B20 GT del 1951, che Giovanni Bracco portò al via in tante occasioni. Una macchina modificata direttamente in fabbrica e caratterizzata dal tetto ribassato, fatta per essere lanciata in velocità alla Mille Miglia (secondo assoluto), alla 24 Ore di Le Mans (primo di classe) e in alcune competizioni italiane minori, prima di essere riverniciata e spedita in Messico per la Carrera Panamericana. Gara che non finì per un incidente, a seguito del quale rimase in Sudamerica, correndo ancora un po’ e poi finendo nel dimenticatoio. Sparita dalla circolazione per qualche decennio viene ritrovata nella seconda decade del 2000 da un collezionista, che decide di riportarla al suo antico splendore.
THORNLEY KELHAM, IL MAGO DELLE LANCIA PARLA INGLESE. Nonostante il motore fosse in condizioni dignitose, il restauro della scocca e delle altre parti è di quelli gravosi per il portafoglio e impegnativi anche per gli esperti. L’incarico, complicato ma prestigioso, viene conferito a Thornley Kelham, un’officina dedicata alle auto d’epoca dove le Lancia sono il piatto forte della casa. Viene fatta molta ricerca sulla storia della vettura, viene addirittura verniciata due volte per darle la stessa tonalità che aveva nel 1951 a seguito di un cambio livrea tra una gara e l’altra: il risultato è una macchina che sembra appena uscita dallo stabilimento – ormai solo un ricordo – di Borgo San Paolo. L’accoglienza da parte degli aficionados del marchio e degli addetti ai lavori va oltre le aspettative, tanto che alcuni clienti chiedono lo stesso trattamento per le loro Aurelia. E così in un’officina del Gloucestershire prende forma un’idea folle, la Aurelia Fuorilegge.
IL RESTOMOD FILOLOGICO. Se la B20 ex-Bracco conquista tutti, perché non renderle omaggio? Ed ecco che nasce un restomod un po’ atipico, invasivo ma garbato. La macchina viene rivista nell’estetica in maniera irreversibile, più bassa grazie al taglio del tetto e anche più larga, tuttavia non si tratta di una violenza irrispettosa. È l’omaggio a qualcosa che c’era già, sublimato attraverso le tecniche di costruzione moderne e da materiali più leggeri come l’alluminio. Ed ecco che il V6 Aurelia, all’avanguardia, viene comunque sostituito con quello da due litri e mezzo della Flaminia – portato a 2,8L – con un’attenzione maniacale verso etichette, targhette e coperchi period-correct.
SUL FILO DEL POSSIBILE. Vengono ripensati completamente anche freni e sospensioni, montato un roll-bar in tinta e rifatto l’interno: difficile sbagliarsi, il family feeling con la macchina donatrice c’è tutto. Saltano però all’occhio i miglioramenti, come i sedili in pelle connolly di derivazione Porsche 356 o la pedaliera minimal ma moderna, unico accenno visibile al mondo di oggi. Il resto, dentro e fuori, è omaggio al passato. La Fuorilegge è una macchina difficile da catalogare nel panorama attuale. È sicuramente veloce ma da gustare tra i tornanti più che in autostrada, è a suo agio al Festival of Speed di Goodwood ma potresti anche prenderla per uscire la sera e andare a puntare due fiches a Montecarlo.
POCHI NEL MONDO. Va oltre i paragoni, ma se proprio voleste farne uno potremmo dire che la Fuorilegge sta alla Futurista di Automobili Amos come le 356 Outlaw di Roy Emory (quelle timide, non la brutale Emory RS) stanno alle 911 re-immaginate da Singer. Per farla breve, catalogatela come volete ma è un campionato che si gioca sulle vette più alte. Dal vivo ti affascina, anche se è una eventualità piuttosto remota: ne sono previste solo 9, nate da Aurelia B20 barn find e da restauro quasi impossibile. Vi suggeriamo tuttavia di tenere d’occhio quelli di Thornley Kelham nei prossimi mesi, stanno già lavorando ai bozzetti della prossima Lancia Fuorilegge e qualcuno vocifera che potrebbe essere il turno della Fulvia. (testo di Cesare Sasso)