Flop! Le auto che i brand non vorrebbero ricordare
Le più veloci, le più potenti, le più belle, le più innovative, le più costose. Ognuna di queste medaglie ha un suo rovescio. Non tutte le vetture progettate, prodotte e commercializzate diventano delle icone, anzi: la storia ci ha insegnato che i fallimenti – anche quelli delle case automobilistiche più forti – sono sempre stati dietro l’angolo. Che si tratti di un design infelice, di soluzione tecniche mal concepite o di quattro ruote nate senza l’appeal giusto per conquistare il grande pubblico, l’universo automotive è costellato da astri che non hanno mai brillato. Alcuni di questi sono scolpiti nella memoria degli appassionati come dei grandi, incredibili e memorabili flop. A fatica – perché ce ne sono davvero tanti – ne abbiamo selezionati 10: per non dimenticare le débâcle più clamorose che alcuni brand farebbero volentieri a meno di ricordare.
FORD PINTO (1971-1980). La Pinto era una coupé compatta – ma ci fu anche una versione station wagon – che Ford produsse tra il 1971 e il 1980. Quando la vettura veniva tamponata, le probabilità che questa s’incendiasse erano altissime e, a causa delle deformazioni che il telaio mal strutturato subiva, anche in caso di impatti a bassa velocità, spesso le portiere si bloccavano, impossibilitando la fuoriuscita degli occupanti. Questo accadeva perché il serbatoio – collocato dietro tra l’asse posteriore e il paraurti – in caso d’incidente veniva spinto verso alcuni bulloni sporgenti che lo perforavano. Il colosso americano naturalmente era a conoscenza del gravissimo difetto, ma siccome il costo di riprogettazione della Pinto era superiore a quello dei rimborsi dovuti per le cause intentate dalle vittime dei vari sinistri, non intervenì fino 1978 con un richiamo di oltre un milione e mezzo di vetture.
BRICKLIN SV1 (1974-1976). La Bricklin SV1 era un catorcio bello da vedere, proprio come una DeLorean DMC-12, con la differenza che quest’ultima è perlomeno stata la protagonista di una delle saghe cinematografiche più celebri di sempre. La SV1 – acronimo di Safety Vehicle 1 – debuttò nel 1975, per Malcolm Bricklin era l’auto del futuro ed un baluardo di sicurezza, essendo anche dotata di un paraurti anteriore retrattile in grado di assorbire gli impatti. Purtroppo però la vettura soffriva di numerosi difetti di progettazione, come le portiere ad ala di gabbiano non impermeabilizzate e troppo pesanti per restare aperte, la carrozzeria in vetroresina che si accartocciava al minimo urto e un impianto elettrico particolarmente incline ai corti circuiti.
ZASTAVA YUGO (1981-2000). La Yugo derivava da un progetto Fiat mai venuto alla luce, poiché subito ritenuto obsoleto dai vertici della casa torinese. Sarebbe dovuta essere l’erede della 127, ma per fortuna a noi toccò la Uno. La Yugo è stata la prima vettura prodotta in Europa orientale – siamo in piena guerra fredda – ed esportata negli Stati Uniti; aveva un prezzo così basso rispetto alle concorrenti che inizialmente le vendite abbondarono. Poi la scarsa qualità costruttiva e l’improbabile affidabilità ne decretarono l’inesorabile declino. Circolava la barzelletta secondo cui lo sbrinatore del lunotto posteriore fosse in realtà un accessorio utile a non congelarsi le mani mentre si spingeva la Yugo nelle giornate più fredde. Nei paesi dell’Ex Jugoslavia, tuttavia, ebbe molto successo e rimase in produzione per quasi vent’anni.
ALFA ROMEO ARNA (1983-1987). Il progetto Arna nasce dalla joint venture tra la Casa del Biscione – nei suoi anni più bui – con il marchio giapponese Nissan: sarebbe dovuta essere la nuova berlina medio-compatta che avrebbe sostituito l’ormai vecchia Alfa Sud. La sue linee incarnavano perfettamente i dettami stilistici delle vetture orientali, che però non avevano ancora spopolato nel Vecchio Continente: un’estetica che nello specifico piacque davvero poco agli Alfisti del tempo, abituati a design di tutt’altro calibro. La prima cosa che Fiat fece dopo aver rilevato gli stabilimenti di Arese nel 1986 fu proprio porre fine alla produzione dell’infelice e peraltro poco affidabile Arna.
FIAT DUNA (1985-2000). La Duna è entrata nell’immaginario collettivo come sinonimo di auto brutta per eccellenza. Ciò nonostante, qualcuno – nell’arco degli anni successivi alla sua uscita di listino nel 1991 – ha tessuto lodi circa la sua presunta efficienza. Era la versione a tre volumi della Fiat Uno, che arrivò dal Sud America nel 1987 dove veniva assemblata e dove è stata venduta fino al 2000. La mancanza delle cinque porte, la scarsa affidabilità e l’estetica non proprio da prima della classe la mandarono presto incontro al flop commerciale e allo scherno di molte riviste dell’epoca. Fiat, pur di venderla, aggiungeva nel prezzo un televisore o un videoregistratore per il salotto di casa. Affare fatto?
CADILLAC ALLANTÉ (1987-1993). Perché non fare concorrenza alle roadster più belle della seconda metà degli Anni ’80 – ovvero Mercedes-Benz SL e Jaguar XJS – con una due posti mossa da un cuore americano e vestita esclusivamente Made in Italy? I 21mila esemplari della Allanté vennero tutti assemblati a Detroit con chassis e componenti locali montati su carrozzerie provenienti dal Bel Paese. Queste erano prodotte e verniciate dalla Pininfarina a Grugliasco, poi trasferite in uno stabilimento apposito a San Giorgio Canavese dove venivano applicate alle vetture che, una volta ultimate, erano spedite negli States – al ritmo di 56 macchine per volta – su Boeing 747 allestiti per l’occasione. Cosi facendo ogni Allanté aveva già percorso 20mila chilometri prima che il proprietario fosse mai salito a bordo. Questo si ripercosse sui prezzi molto elevati e sull’inevitabile insuccesso commerciale del modello.
LANCIA DELTA II (1993-2000). Lei è stata la prima erede della mitica regina dei rally. Certo, direte voi, fare meglio di chi ha fatto il massimo non poteva essere un’impresa facile. La sua linea era decisamente anonima e vedere una Delta II sfoggiare il badge HF sulla calandra o i cerchi del Deltone era un vero tonfo al cuore. Condivideva il pianale con la Fiat Tipo – avevano anche la stessa strumentazione – e in brevissimo tempo le sue cuginette Alfa Romeo 145, Fiat Bravo e Brava la superarono in termini di vendite. Non dovrebbe esserci altro da aggiungere: un flop in piena regola che ha segnato l’inizio del declino e della fine del glorioso marchio Lancia. Ai posteri l’ardua sentenza.
RENAULT AVANTIME (2001-2003). Disegnata da Patrick Le Quément, la Avantime era una monovolume che voleva fingersi coupé. Aveva una linea insolita, all’interno c’era spazio solo per 4 persone e le soluzioni stilistiche che proponeva erano forse troppo azzardate per l’epoca. Renault sperava che la sua unicità e l’interesse suscitato durante la presentazione statica al Salone di Francoforte del 1999 trovassero un generoso riscontro nelle vendite, ma nulla andò secondo i piani. Non era né veloce come una coupé, né versatile come una monovolume: dopo due anni dall’inizio della commercializzazione e dopo solo 8500 esemplari venduti, la produzione dell’Avantime viene fermata per sempre.
PONTIAC AZTEK (2001-2005). Pontiac chiuse i battenti nel 2010 dopo oltre ottant’anni di onorato servizio e la Aztec fu una delle cause di questa sconfitta. Fu presentata nel 1999, il suo look era abbastanza insolito e veniva pubblicizzata così: “probabilmente il veicolo più versatile del pianeta”. Il suo cruscotto aveva l’head-up display, ma il lunotto posteriore era sprovvista di tergicristallo. Nel 2007 il Time la definì come una delle peggiori autovetture di tutti i tempi e un sondaggio del Daily Telegraph nel 2008 la mise al primo posto nella classifica delle cento auto più brutte di sempre. Nel 2013 un concessionario texano cercò invano di vendere su Ebay il primo esemplare mai prodotto, che aveva tra l’altro solo 12mila chilometri all’attivo: era esposto nel salone dal 2009. Nulla. Nella serie TV Breaking Bad Walter White guidava un esemplare di Aztek: fu messo all’asta per 1000 dollari e anche questo rimase invenduto.
PEUGEOT 1007 (2005-2010). Una mini movolume ‘simpatica’, caratterizzata da linee spigolose e da un corpo piuttosto squadrato che proponeva un fantastico paio di portiere scorrevoli elettriche come segno distintivo. Purtroppo però l’assenza di quelle posteriori, in una vettura pensata principalmente per le famiglie, non era proprio il massimo della coerenza e il pubblico la snobbò clamorosamente. In aggiunta, le motorizzazioni che venivano offerte si rivelarono errate per un’auto dalla vocazione prettamente urbana. Peugeot, grazie alla 1007, accusò perdite per quasi due milioni di euro: praticamente, al dettaglio, andava sotto di oltre 15mila euro per ogni esemplare venduto.
auto che ricordo molto bene, e che alcune nel mio paese si vedano rare
mente ancora : nel caso della koral rimarchiata innocenti che fu immessa anche in italia e la mosca bianca cadillac ,altre invece rammentate e o viste nei giornali e tv come nel caso della bricKlin vista nella puntata di Fast N’loud
puntualizzando solo le italiane e francesi ( vendute da noi) ma vi siete dimenticati della AMC Pacer e delle varie auto inglesi non sportive : le austin allegro o princess marina o altre da ricordare per gli inglesi come le deridevano ,avete dimenticato queste che che vi allego ,anche se alcune che erano brutte di design hanno avuto molto successo nei altri paesi incluso il nostro se mi state leggendo redazione di veloce :Ssangyong Rodius.,FORD SCORPIO, HYUNDAI ATOS,CITROEN AMI 6, NSU PRINZ ,TRABANT,Nissan Primera 5 porte ,Citroen C3 Pluriel,Chrysler PT Cruiser Cabrio,Mercedes Vaneo,Fiat Cinquecento 1991,Audi A2,BMW Serie 3 Compact,Alfa Romeo 146,Alfa Romeo 146,Tutte le auto francesi a 3 volumi,ASTON MARTIN LAGONDA (1976),BMW SERIE 7 (2002),JAGUAR X-TYPE (2001),Daf Kini,Simca 1100,Reliant Robin,Eagle Premier del 1989,e ce ne sarebbero altre ancora che non hanno avute successo la attenzione dovuta