#evoweekveloce: Evo VI, la ‘gloriosa’
La Mitsubishi Lancer Evo VI merita un capitolo a parte. Un po’ perché segna la fine delle prima generazione di Evo. Intendiamoci, i telai sono progrediti e le forme si sono modificate, ma nel complesso le misure sono sempre rimaste le stesse e, per quanto le dimensioni dell’ala posteriore siano mutate, non si sono mai ravvisati degli stravolgimenti degni di nota. E poi è quella che ha avuto più successo a livello globale tra le Evo di primo pelo, forte del fatto che il solito Tommi Mäkinen aveva già vinto tre titoli mondiali di fila, pronto a fare filotto con il quarto del 1999. Una storia che diventa leggenda, supportata da una base solida come quella della Lancer Evo. Che sulla VI, al di là di quello che è stata la sua evoluzione agonistica, mette sul piatto l’esperienza di oltre sei anni di ‘martellamenti’ – positivi s’intende – di Lancer vitaminizzate.
NUOVA FACCIA. Come le precedenti generazioni, neppure la VI è bella, ma ha carattere e come si dice in questi lo dimostra con i fatti. Dalla V ha mutuato quasi tutta l’estetica, sebbene la dimensione dei fendinebbia sia rientrata nei ranghi, tanto che non sembrano più due lampadari. Una scelta dettata dalla necessità di migliorare il flusso d’aria che doveva necessariamente scontrarsi con un intercooler più grande e più efficiente. Sulla VI anche il radiatore dell’olio ha visto incrementare le proprie dimensioni, nuovo poi il layout del condotto dell’acqua.
TITANIO O ALLUMINIO. Ma le migliore tecniche che hanno toccato più profondamente il quattro cilindri turbo, sono i nuovi pistoni e le nuove bielle che presenziano sul rinnovato propulsore 4G63. Unità che, a seconda della versione – RS e GSR – poteva avere due differenti tipologie di turbine. O meglio, la scelta dei materiali che definivano il turbocompressore era diversa. Sulle vettura pronto corsa la girante della turbina era in titanio, mentre quella del compressore era nuovamente in lega d’alluminio. Altrimenti sulla stradale erano entrambe realizzate con quest’ultimo elemento. Poco dopo il debutto venne realizzata pure una variane RS2, che in sostanza si presentava ‘violenta’ come una RS, ma piacevole come una GSR, ovvero dotata di tutti quei comfort che la rendevano una vettura adatta anche all’uso quotidiano. Alla fine dei conti la RS erogava più di 300 cavalli, mentre la GSR, stando ai valori ufficiali, si fermava a 280.
DA COLLEZIONE. La sospensione ha subito alcuni ritocchi rispetto a quella dell’Evolution V. Nuovi i bracci anteriori e posteriori realizzati in lega di alluminio mentre il centro di rollio delle sospensioni posteriori è stato abbassato. La trasmissione è rimasta invece sostanzialmente la stessa. Difficile tenerle testa in montagna, anche perché le Subaru Impreza commercializzate ufficialmente in Italia non avevano ne la stessa cavalleria e fino a quel momento non erano neppure così estreme. E tanto per manifestare ulteriormente la loro superiorità, i giapponesi tirarono fuori dal cilindro pure la leggendaria Lancer VI Tommi Mäkinen Edition, dotata della turbina in titanio della versione da corsa e di alcune chicche tipicamente da fanatico. Come i sedili Recaro con il logo dedicato oppure i cerchi in lega da 17” prodotti da Enkei, niente clima, radio e chiusura centralizzata. Minimum frills maximum thrills (pochi fronzoli massime emozioni) dichiarava una pubblicità dell’epoca: il perfetto riassunto di una storia di successo degna di un epilogo tanto importante.
da quando ero adolescente mi piace sempre e , giocando con granturismo dalla prima edizione ne ho fatto un collezione virtuale comprese le avversarie del WRC NOTA bellissima la 5 e 6 tunizzata dalla mine’s