Ducati 916: una splendida trentenne
In ogni settore prima o poi arriva un’invenzione che traccia una linea, determinando un prima e un dopo. In quello delle moto sportive moderne questo ruolo di spartiacque spetta senza ombra di dubbio della Ducati 916. A livello stilistico è così ben riuscita che per molti è ancora la più bella di tutte, mentre quando arrivò sul mercato fece invecchiare di colpo tutte le proposte della concorrenza. Il debutto avvenne a Eicma 1993 e la commercializzazione iniziò nel 1994. Oggi, trenta anni dopo, la 916 è quasi un oggetto di culto.
FIRMATA TAMBURINI. Lo sviluppo della 916 fu seguito in toto dal geniale Massimo Tamburini – inventore della sospensione posteriore a geometria progressiva nel 1975 e costruttore della prima moto con telaio perimetrale nel 1978 – che affidò il design a Sergio Robbiano. Questi firmò anche la Cagiva Mito EV del 1994, ovvero la copia stilistica della 916 (Ducati apparteneva ancora a Castiglioni) che entrò subito nei sogni di molti adolescenti, me compreso.
TELAIO AL TOP. Tornando alla Ducati, il suo stile era la somma perfetta di bellezza e funzione, partendo dalle carene e dal cupolino con il doppio faro e terminando con il forcellone monobraccio e con il doppio scarico sotto la sella. Anche a livello tecnico la 916 era al top: del telaio a traliccio si poteva regolare addirittura l’inclinazione del canotto di sterzo (24 o 25°) per avere maggiore agilità o stabilità a seconda delle occasioni. L’ammortizzatore di sterzo, invece, era coperto da un brevetto mondiale e spiccava per la compattezza.
DESMODROMICO. Le sospensioni erano firmate Showa e la forcella a steli rovesciati da 43 mm fu realizzata appositamente per la 916. Il motore era la parte meno innovativa: il bicilindrico a distribuzione desmodromica bialbero a quattro valvole era un’evoluzione di quello progettato da Massimo Bordi e usato sulla 888. La cilindrata era salita a 916 cc maggiorando l’alesaggio e molte parti erano state rinforzate. Ne risultavano 114 CV a 9000 giri nella versione di serie, che costava poco meno di 24 milioni di lire.
LA PISTA E’ CASA SUA. Fu un successo immediato anche se subito ci si rese conto che per la guida su strada era davvero estrema e scomoda. Il suo habitat naturale, in effetti, era la pista e lo dimostrò subito abbassando di due secondi il record del Mugello con in sella Davide Tardozzi e in configurazione stock, eccezion fatta per il motore che era un po’ più pimpante. Il palmares della 916, del resto, non mente e totalizza tre mondiali Superbike consecutivi.
UNA LUNGA STORIA. Se poi si considerano anche le evoluzioni 996 e 996 R, i mondiali diventano sei e stiamo parlando solo di quelli piloti. A livello produttivo, invece, la 916 ha una storia decennale, visto che la sua ultima evoluzione, ovvero la 998, è stata venduta fino al 2004. Le versioni speciali sono talmente tante che meriterebbero un libro a parte, partendo dalle varie SP e Senna ed arrivando fino alle S e R, senza dimenticare la “piccina” 748. Se pensate di comprarne una usata, sappiate che la forbice va dai 10.000 agli oltre 40.000 euro.