Discrezione zero/2: il fascino degli alettonazzi
La seconda puntata di questa celebrazione si sofferma soprattutto sulle versioni stradali di note auto da corsa della fine degli Anni ’90. Questi missili, oggi di grande valore collezionistico sono dipendono, in molti casi, dalla vaghezza dei regolamenti FIA del periodo. Questi stabilivano, sì, che un’auto da corsa per la classe GT1 dovesse contemplare un’equivalente versione stradale ma, nella realtà, non erano precisi. E non dicevano se queste dovessero essere regolarmente inserite a listino con prezzo (ma, sia chiaro, il clacson e il baule non dovevano mancare). Nel nostro elenco mancano la Nissan R390 GT1 e la McLaren F1 GT. Queste, infatti, al contrario delle loro concorrenti, non indossano immense ali posteriori.
PORSCHE 911 964 CARRERA RS 3800 1993. Nel 1993 la Porsche 964 raggiunge il massimo sviluppo: la Turbo 3.3 diventa Turbo 3.6, nasce la Anniversary (o 30 Jahre) e l’RS tremilasei raggiunge l’apoteosi con la trasformazione in 3.8. L’obbiettivo sono le gare GT ma dal progetto ne viene derivato un piccolo lotto di esemplari stradali. Il motore M64 viene portato a 3,8 litri, la potenza sale a 300 cavalli e il corpo-vettura viene snellito di più d’un quintale rispetto a una Carrera 2 normale grazie anche a porte e cofani in alluminio e abitacolo privo di tutto l’arredo, tranne che per l’essenziali. La carrozzeria dell’RS 3.8 si riconosce per i passaruota allargati della Turbo e, in coda, un nuovo spoiler posteriore di dimensioni imbarazzanti. È regolabile in più posizioni e dà un fondamentale contributo alla stabilità della coda. L’RSR da corsa è molto competitiva: porta a casa ottimi risultati (Spa, Le Mans, Daytona, Sebring…) nell’annata ’93 ma resta una temibile rivale anche nei due anni successivi anche quando la 993 GT2 entra in azione.
JAGUAR XJ 220S. Fino alla comparsa della McLaren F1, la Jaguar XJ 220 è l’auto di serie più veloce del mondo. Nel ’93 Tom Walkinshaw Racing e Jaguar Sport (la prima, fondata, nel ’76, era diventata la depandance sportiva del Giaguaro fino alla fondazione della seconda), ne sviluppano una versione speciale per le gare FIA e di questa ne vengono costruiti sei esemplari stradali. L’operazione è a doppio stadio: da un lato il peso cala a soli 1.080 kg contro i quasi 1.500 di una XJ220 di serie grazie la carrozzeria interamente realizzata in carbonio. Dall’altro la potenza del V6 biturbo cresce da 540 a 680 cavalli per una velocità massima dichiarata di circa 360 km/h. Di tutta l’operazione stupisce lo sconvolgimento delle forme eleganti e sinuose della XJ220 con l’aggiunta di una massiccia ala posteriore.
PORSCHE 911 GT1. Nel ’95, con la vittoria della McLaren F1 alla 24 Ore di Le Mans Porsche lancia il progetto dare un’erede della 917. Norbert Singer sviluppa la 911 GT1. Manca il tempo per progettare un telaio in carbonio perciò si ripiega sul traliccio tubolare. Al centro il boxer sei cilindri 3.2 biturbo raffreddato ad acqua sviluppa 600 cv. La carrozzeria ricorda vagamente una 993 nel design dei fari anteriori mentre al posteriore c’è un’ala regolabile che ‘umilia’ perfino quella della ‘bombastica’ 993 GT2. Le GT1 arrivano seconda terza alla 24 Ore di Le Mans del ’96. Nel ‘97 il nuovo campionato FIA GT in sostituzione del BPR accoglie nuovi competitor. La GT1 diventa ‘EVO’ (riconoscibile dal nuovo frontale ispirato alla nuova 911 serie 996) ma manca ancora la vittoria a Le Mans. Così a Stoccarda passano alle maniere forti: viene sviluppato un telaio in carbonio e, finalmente, la GT1 Evo ’98 centra il successo sulla Sarthe. La produzione della Porsche 911 GT1 stradale è imprecisa: si dice circa una decina di ‘muso 993’ e una trentina di ‘muso 996’.
HONDA INTEGRA TYPE-R. Presentata nel 1985, l’Honda Integra arriva, nel ’93, alla terza generazione. Nel ’95 la gamma si allarga alla Type-R, commercializzata in Italia nel ’97. Monta il 4 cilindri 1.8 aspirato dotato della memorabile testata bialbero V-TEC con fasatura variabile e 190 cavalli a 8.000 giri, trasmessi alle ruote anteriori attraverso il cambio a cinque rapporti. L’estetica della Type R si nota per il vistoso scudo anteriore, ruote in tinta e una poco elegante ala posteriore. Si fulmina da 0 a 100 orari in meno di 7″. e supera 230 di velocità grazie al peso appena superiore ai 1200 kg.
MERCEDES CLK GTR 1997. Nel 1997 la FIA organizza la prima edizione del campionato GT andando a sostituire il precedente BPR. Tra le numerose presenze ufficiali c’è anche la Mercedes: la casa della Stella schiera l’inedita CLK-GTR, che della contemporanea CLK ha sì e no il design della fanaleria. Si basa su una monoscocca in carbonio motorizzata con un V12 longitudinale aspirato di sei litri. Come da regolamento ne deriva la versione stradale: è dotata di una versione 6.9 litri con 630 cavalli oppure con l’ancora più potente 7.3 litri 670 cv. La punta massima è di oltre 320 km/h e lo 0-100 all’ora si copre nei dintorni dei 3″5. La GTR è un mostro da 4 metri e 90 cm di lunghezza, alta poco più di un metro, larga oltre due e schiacciata a terra da un enorme spoiler posteriore a incidenza variabile. E se i 25 esemplari coupé non vi paiono abbastanza esagerati sappiate che esistono anche cinque roadster.
TOYOTA GT-ONE 1998. Nel ’98 anche Toyota si trova in obbligo di creare una versione stradale del progetto TS020, messo in piedi unicamente per vincere la 24 Ore di Le Mans (ma dei tre esemplari al via ne arriva al traguardo uno solo, in 9° posizione). L’auto targata non è molto differente da quella da corsa: monoscocca in carbonio, V8 3500 cc biturbo centrale-posteriore da oltre 600 cavalli, carrozzeria molto lunga con, in coda, un gigantesco alettone. L’abitacolo ha rivestimento in pelle, freno a mano e piccole amenità come l’accendisigari. Ne vengono prodotti solo due esemplari: uno si trova in Giappone, uno presso Toyota Europe in Germania.
Scopri le altre storie della #alettonazziweekveloce:
- Discrezione zero/1: il fascino (senza tempo) degli alettonazzi
- Discrezione zero/3: gli alettonazzi da corsa
- Discrezione zero/4: il tuning degli alettonazzi
- Discrezione zero/5: 911 restomod e alettonazzi