Dal Maggiolino alla Golf: 20 anni di prototipi Volkswagen

Dal Maggiolino alla Golf: 20 anni di prototipi Volkswagen

Il Maggiolino Volkswagen è una vera icona che, nel corso degli anni, ha rappresentato tante cose diverse. Ha motorizzato la rinascita economica della Germania del dopoguerra ma è stato anche un simbolo della controcultura, ricordando a tutti quanto le cose più semplici possano essere spesso le migliori. Soprattutto, è diventato il metro di paragone per tutte le utilitarie di grande volume della sua epoca e di quelle successive. La sua erede, la Golf, arrivò solo nel 1974, preceduta da due modelli a trazione anteriore di formato più grande, la K70 del 1970 e la Passat del 1973, ma la Volkswagen nel corso degli anni realizzò numerosi prototipi di possibili successori. Eccone alcuni.

Sin dalle origini della Volkswagen moderna, il Maggiolino è diventato il simbolo del cosiddetto boom economico in Europa e oltre: già nel 1952 era venduto in ben 46 Paesi. Nel corso della sua storia, durata fino al 2003, è stato prodotto da fabbriche situate in 14 Paesi di tutto il mondo in un totale di oltre 21,5 milioni di esemplari. Eppure, questa straordinaria longevità era tutt’altro che scontata: già negli anni ’50, la Volkswagen iniziò a prendere in considerazione oltre 70 potenziali successori del Maggiolino, per concludere ogni volta che l’originale offriva un mix unico di caratteristiche di successo difficili da replicare. Così, il vero successore del Maggiolino arrivò solo nel 1974: in quell’anno la Volkswagen lanciò la Golf, la compatta che ancora oggi, giunta alla sua ottava generazione, rappresenta il riferimento assoluto nel segmento con i suoi oltre 35 milioni di esemplari venduti. Ecco alcuni dei potenziali eredi del Maggiolino realizzati dalla Volkswagen nel corso degli anni.

EA47-12 (1955/1956)

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Dodicesimo di 15 prototipi realizzati tra il 1953 e il 1956, l’EA47-12 fu tra i primi tentativi della Volkswagen di creare un successore moderno per il Maggiolino. Fu il primo di molti prototipi disegnati dalla carrozzeria italiana Ghia: ciò spiega la sua netta somiglianza con la Karmann Ghia, modello di produzione realizzato in quegli anni sulla base meccanica del Maggiolino e offerto con carrozzeria coupé e cabriolet. Questo prototipo era mosso da un motore 4 cilindri boxer raffreddato ad aria di 1.192 centimetri cubi, con una potenza di 30 CV. Aveva sospensioni a bracci trasversali all’anteriore, barre di torsione al posteriore e un cambio completamente sincronizzato, tecnologia avanzata per l’epoca. La velocità massima era di circa 80 km/h. La linea a 3 volumi ricordava quella di alcune vetture francesi dello stesso periodo, come la Simca Aronde e la Renault Fregate, anche se l’impostazione a 2 porte, poi ripresa dalla Typ 3, e l’adozione di un motore di piccola cilindrata e potenza contenuta ne evidenziava l’economicità.

EA48 (1955)

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Nel 1953, la Volkswagen iniziò a ipotizzare lo sviluppo di un modello di segmento inferiore rispetto al Maggiolino in termini di dimensioni, prestazioni e prezzo. Il risultato di questi studi fu la EA48, il primo prototipo progettato interamente all’interno della Volkswagen, senza alcun contributo da parte della Porsche, che prefigurava un tipo di auto che sarebbe diventato molto popolare negli anni immediatamente successivi: la city car. I progettisti decisero di partire dal proverbiale foglio bianco, pertanto la EA48 non condivideva alcun componente con il Maggiolino. La vettura aveva scocca portante e trazione anteriore, con un motore boxer a due cilindri raffreddato ad aria da 0,7 litri e 18 CV collocato davanti. Le sospensioni anteriori erano di tipo McPherson e la velocità massima di circa 95 km/h. Le forme richiamano ancora una volta i modelli francesi di classe intermedia mentre le dimensioni collocano questo prototipo nella fascia di mercato che occuperà la Polo.

EA97 (1960)

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Le informazioni dell’epoca riportano che il progetto della EA97 venne abbandonato quando già i lavoratori stavano preparando la linea di produzione, dopo avere assemblato a mano i primi 200 esemplari. Lo sviluppo di questa due porte era iniziato nel 1957, il motore da 1,1 litri era disposto posteriormente mentre la carrozzeria era caratterizzata da un cofano anteriore ampio e piatto. Il suo posizionamento troppo vicino a quello di Maggiolino e Typ 3 ne fermò la messa in produzione. La EA 97 ebbe però una “seconda vita” in Brasile, dove dal 1969 fece da base per il modello Brasilia prodotto localmente dalla Volkswagen do Brasil fino al 1982. Di fatto, una Typ 3 berlina in scala ridotta nello stile, con un frontale semplice.

Typ 3 Cabriolet (1961)

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Lanciata nel 1961, la Typ 3 berlina offriva ai Clienti un’alternativa più raffinata al Maggiolino. La Volkswagen ipotizzò di offrire anche una variante aperta del modello, dotata di una capote in tela con lunotto posteriore in vetro. Il prototipo non raggiunse mai la produzione di serie in quanto si temeva che avrebbe potuto fare concorrenza interna alla versione cabriolet della Karmann Ghia, modello Volkswagen già in vendita da alcuni anni. Un timore che in futuro non si sarebbe più presentato, visto che nel decennio scorso convivevano nella gamma Volkswagen la New Beetle Cabriolet, la Golf Cabriolet e la Eos. Questa proposta era allineata con le numerose cabriolet allestite in Germania poco più che artigianalmente sulla base di alcune berline a larga diffusione come la Ford Taunus 17M e la Opel Rekord negli Anni Sessanta.

EA142(1966)

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Nel corso dello sviluppo della Typ 4, che debuttò sul mercato nel 1968, la Volkswagen creò diversi prototipi con carrozzerie differenti, tra cui la berlina a tre volumi EA 142. Il motore era lo stesso 1,7 litri boxer che avrebbe equipaggiato la Typ 4 di serie. La linea ricorda da vicino, forse anche per il disegno dei gruppi ottici posteriori, quella dell’Audi 100 prima serie.

EA 266 (1969)

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Tra le candidate a succedere al Maggiolino, una delle più innovative fu la EA 266. Sviluppata con l’assistenza della Porsche e di una squadra guidata da Ferdinand Piëch, nipote di Ferdinand Porsche che nel 1993 sarebbe stato nominato Presidente del Gruppo Volkswagen. Si trattava di una berlina a due volumi con portellone posteriore, dotata di motore centrale. L’unità era un quattro cilindri raffreddato a liquido da 1,6 litri, montato sotto il sedile posteriore in configurazione longitudinale con cambio direttamente dietro, per risparmiare spazio. Nonostante l’ingegnosa configurazione tecnica, il DNA Porsche e l’aspetto piacevole, la EA 266 non ottenne l’approvazione per la produzione in serie. Evidente in questo caso l’influenza delle “compatte” giapponesi dello stesso periodo, come le Honda N360 e Z900.

EA 276 (1969)

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Il percorso che portò alla nascita della Golf nel 1974 vide la realizzazione di numerosi prototipi, tra cui la EA 276 che riprendeva molti concetti di quella che sarebbe diventata la berlina compatta Volkswagen per antonomasia: carrozzeria due volumi, ampio portellone posteriore, nonché motore e trazione anteriori. Per contenere i costi di sviluppo, tuttavia, la EA 276 montava il quattro cilindri boxer raffreddato ad aria del Maggiolino. Con la Golf, invece, si passò a una configurazione a quattro cilindri in linea con raffreddamento a liquido. Questo prototipo ricorda da vicino, esteticamente, la Brasilia, pur con un allestimento estetico, quasi certamente successivo, che riprende molte delle caratterizzazioni esteriori della Golf GTI, dai cerchi ai codolini in plastica ai parafanghi.

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