Countach, la mamma delle Lambo moderne
No, non si trattava di oggetti finiti come siamo abituati a considerarli oggi. Le supercar, quegli embrioni di, erano prove tecniche, step iniziali di uno sviluppo che avrebbe portato alle supersportive che intendiamo oggi: modelli in grado di prestazioni mozzafiato – praticamente a ogni latitudine – e accessibili a tutti i driver. La parabola evolutiva di queste auto avrebbe poi ricalcato quella dell’elettronica applicata alle quattro ruote: ecco perché potenze un tempo riservate alle auto da corsa oggi sono ampiamente disponibili e potabili. Grazie agli ausili di guida dedicati.
OLTRE IL TEMPO. Questa verità s’intreccia con l’emotività che ancora oggi sono in grado di restituire i modelli che pionieristicamente hanno gettato le basi di questa cultura automobilistica. Auto provocatorie e inesatte, ma belle da togliere il fiato. Intenzione che riescono a perpetrare anche a decenni dalla nascita. Anche in questo mondo parecchio diverso da quello della loro ideazione. Come se il tempo, per loro, non fosse mai passato: privilegio solitamente riservato alle opere fondanti della nostra stessa cultura.
MISSIONE: STUPIRE. A differenza delle granturismo, le sportive più innovative dei Sessanta – le supercar – erano dotate di effetto wow: modelli che inserivano sotto un vestito capace di far girare la testa concetti meccanici nuovi – per le stradali dell’epoca – utili a farsi raccontare agli amici o nei circoli dove questo era importante; così da moltiplicare l’effetto wow promesso dalla carrozzeria. Sulle ali di questa controcultura nacque la Miura: la prima auto a motore centrale, trasversale, meccanicamente firmata da Giampaolo Dallara, uomo geniale e pragmatico che non manca di ricordare quanto fosse visionaria, sì, ma anche acerba. Ferruccio Lamborghini in quegli anni, d’altronde, non aveva nulla da perdere e per farsi notare al cospetto dei clienti Ferrari o Maserati (aziende con ben altro heritage alle spalle) non aveva che osare sotto ogni punto di vista. Fu così che riuscì a calamitare l’attenzione sulla sua produzione (che non usava il motorsport per farsi notare) fino all’infilare la minigonna alle granturismo. Cosa che fece con la Miura: controcultura, appunto.
SPINGERSI OLTRE. Ma la vera mamma delle Lamborghini di oggi e delle supercar moderne fu la Countach (la cui storia raccontiamo qui, in dettaglio): è grazie al suo layout (motore centrale posteriore longitudinale) e al cambio entrobordo (tra i sedili) che Paolo Stanzani, l’ingegnere cui si deve questo modello, definì la cifra tecnica che avrebbe contraddistinto tutte le Lamborghini V12 a venire. E costretto il resto del mondo delle supersportive ad adeguarsi, anche con soluzioni meno radicali. Quella base tecnica, poi, fu vestita dal Michelangelo delle supercar, Marcello Gandini, che grazie anche alle portiere a forbice regalò alla storia un altro masterpiece automobilistico. Operazione non semplice dopo la Miura.
IL POKER DI VELOCE. La Countach venne presentata nel 1971 la sua carriera terminò quasi vent’anni dopo, nel 1990. Alla sua lunghissima carriera e alla sua carica innovativa abbiamo deciso di dedicare il nostro quarto e ultimo film del 2019, che trovate in questa pagina: i protagonisti, lo vedrete, racconteranno perché la Countach fu imperfetta e dirompente, velocissima e delicata da tenere tra le mani. Interverranno personalità del calibro di Maurizio Reggiani (chief technology officier Lamborghini), Valentino Balboni (il mitico collaudatore del Toro che oggi si occupa anche di manutenere perle di questo tipo), Horacio Pagani che, proprio nella Lamborghini dei primi Anni ’80, costruì le abilità e le competenze in campo automobilistico che gli sarebbero poi servite per la sua avventura cominciata nel 1999 con la Zonda; ancora: Luigi Marmiroli (l’ingegnere che getto le basi della Diablo e che ai tempi della produzione della Countach aiutò a definire l’evoluzione della 25 Anniversario con Horacio Pagani) e Gino Moccia (all’epoca collaudatore di Sant’Agata Bolognese) ci raccontano scorci di evoluzione di questa mitica supercar; e, infine, due camei: il primo di Alfredo Stola (presidente di Studiotorino) che qui, in veste di collezionista, ci racconta la sua esperienza di ‘possessore’ di una di queste auto; il secondo è quello di Marco Tronchetti Provera (vicepresidente e CEO di Pirelli) che tanto apprezzò – e apprezza – l’impulso che Ferruccio Lamborghini diede al mondo delle sportive grazie a modelli come la Miura. E la countach, certo. A sottolineare la semplicità di guida raggiunta dalle supercar moderne – ma allo stesso tempo anche la straordinaria sofisticazione delle prestazioni dei nostri anni – penserà, invece, un’auto: la Lamborghini Huracan Evo, in qualche modo erede proprio della Countach e alla quale dedicheremo un approfondimento molto presto. Buona visione.
Servizio da brivido.