Coda tronca… all’estremo! I ‘furgoncini’ da corsa
Le prime carrozzerie aerodinamiche per utilizzo sportivo appaiono negli Anni ’30: con uno spirito più professionale rispetto al pomposo stile decorativo di Castagna, Bertone o Farina, Zagato si considera tra i pionieri di uno stile affusolato e più funzionalista. All’inizio degli Anni ’60 gli enormi alettoni ancora mancano dal lessico automobilistico. Le Case chiamano ‘razionalismo’ quello che oggi consideriamo una apoteosi dello stile. Esplode in questo periodo il motore posteriore ma in Italia le grandi credono ancora un po’ ai buoi davanti al carro. La questione è l’efficienza. Come tagliare l’aria ed essere stabili? Zagato ancora traccia il solco: nel ’61 inizia a sperimentare al meglio la ‘coda tronca’ secondo l’impianto teorico di Wunibald Kamm. Sarà la sua firma per tutti gli Anni ’60. Come estremizzare il concetto? Ecco la soluzione di due ‘grandissime di casa nostra’.
MASERATI 151 1962. Nel 1962 la FIA riserva il Mondiale Sport alle sole Gran Turismo. Alcuni organizzatori temono defezioni allora la Commissione Sportiva corre ai ripari e istituisce la categoria Prototipi. La Maserati si interessa: conclusa la messa a punto della Tipo 64 a motore centrale inizia la progettazione della Tipo 151. Poiché viene imposta una cilindrata massima di quattro litri, si preferisce il motore anteriore, più congeniale all’enorme potenza in campo. Il telaio è un traliccio di grossi tubi a sezione mista con sospensioni anteriori indipendenti e ponte posteriore De Dion. Per il motore l’idea iniziale di un V12 viene dirottata su un V8 derivato dalla 450 S e poiché l’obbiettivo è soprattutto la 24 Ore di Le Mans viene utilizzata una carrozzeria chiusa simile alla 450 S di Zagato: coda tronca e muso imponente con una vistosa protuberanza che nasconde la batteria dei carburatori.
Alla 24 Ore Francese del giugno ‘62 si presentano tre 151: due schierate dal team Cunningham e la terza con i colori della Maserati France. Come da prassi del Tridente di quel periodo le tre Maserati alternano un inizio sfolgorante a un rovinoso ritiro. Dopo la corsa le 151 Cunningham volano in America: una riceve un motore portato a 5,6 litri, un’altra accoglie un Ford ‘settemila’ ma viene distrutta a Daytona nel ‘63. L’esemplare della Maserati-France, interessata alle gare in Europa, torna a Modena e viene aggiornato: nuovo motore da quasi cinque litri, nuovo layout del ponte posteriore, peso diminuito. Ma la stagione ’63 non porta risultati sbalorditivi: ritiro a Le Mans (dopo un eccellente avvio di gara), vittoria di classe nel Trofeo d’Auvergne.
Per il ’64 il Tridente allestisce la terza versione della 151: motore e trasmissione più bassi, coda più alta e imponente, con una forma posteriore tronca piuttosto inusuale. Gli iniziali problemi di guidabilità dati da un’aerodinamica così spinta sono risolti in tempo per la 24 Ore di Le Mans: per cinque ore la 151/3 n.2 di Simon e Trintignant lotta ad armi pari con Ford e Ferrari ma è costretta al ritiro per rottura dell’impianto elettrico. Gli stessi problemi si ripresentano alla 12 ore di Sebring e alla Mille chilometri di Parigi. La 151/3 si rinnova ancora per la stagione ‘65. Il motore viene maggiorato a poco più di cinque litri e vengono aggiornati telaio e carrozzeria. Casner si presenta alle prove di aprile per Le Mans ma durante il weekend il pilota perde la vita in un incidente lungo il rettilineo Mulsanne. Il progetto 151 si conclude mentre la Casa è impegnata nel massimo sviluppo, con la Tipo 65, sul tema della barchetta con motore centrale.
FERRARI 250 BREADVAN 1962. Nell’ottobre ’61 un forte malcontento tra i dirigenti Ferrari, in atto da mesi, raggiunge l’apice: esplode la ‘Rivolta di palazzo’ e otto ‘spiriti magni’ di Maranello abbandonano l’azienda. All’inizio del ’62 una triade del gruppo dei transfughi (Giotto Bizzarrini, Carlo Chiti e Romolo Tavoni) fonda l’ATS (Automobili Turismo e Sport) con il sostegno del Conte Volpi di Misurata: l’obbiettivo è la produzione di auto stradali e da corsa in scontro aperto con il tiranno di Maranello. Uno degli ultimi progetti a cui Bizzarrini stava lavorando era la 250 GTO (affidato ora a Mauro Forghieri), che viene presentata alla stampa il 24 febbraio ’62. Il Conte Volpi cerca di acquistare un paio di esemplari ma Ferrari viene informato e si rifiuta di venderle. Il nobile veneziano reagisce con la fondazione del suo team sportivo, la Scuderia Serenissima, e decide di riutilizzare una sua 250 SWB e portarla alle specifiche GTO. E chi se non Giotto Bizzarrini è l’uomo giusto? Il tecnico livornese esegue in tempi rapidi un ulteriore sviluppo: arretra il motore fino a portarlo dietro l’asse anteriore e aggiunge il carter secco così da spostarlo ancora più in basso. Poi aggiunge sei carburatori e un cambio a quattro marce (contro le cinque di una GTO standard). Per chiudere il cerchio è necessaria una carrozzeria ancora più efficiente. Bizzarrini concepisce una forma sconvolgente tradotta in realtà dalla Carrozzeria Sportscars di Pietro Drogo: davanti il cofano motore è così basso da rendere necessario un cupolino di plastica per coprire i tromboncini del V12. Per il posteriore il grande Giotto porta all’estremo i principi della Coda di Kamm, che Zagato all’epoca sfrutta a tutto campo con il design a coda tronca. La 250 SWB così ottenuta pesa oltre un quintale in meno di una 250 GTO (siamo sotto 950 kg), è più potente (300 cv) e veloce.
La Serenissima iscrive la macchina al Mondiale Sport/Prototipi ’62, con il debutto fissato per la 24 Ore di Le Mans. Ad attendere Carlo Maria Abate e Colin Davis sulla Sarthe ci sono le nuove Maserati 151 e tre Ferrari ufficiali: due 250 GTO e una Testa Rossa. La strana Ferrari con coda tronca, iscritta tra i prototipi, è subito ‘vittima’ dell’ironia britannica: gli inglesi creano per lei il vezzeggiativo ‘breadvan‘, furgoncino del pane. Parte molto bene e nella prima ora di gara è nei primi dieci. Tutto fila liscio, sul rettilineo Hunaudières è molto più veloce delle concorrenti. Ma alla quarta ora l’imponderabile: si rompe l’albero motore ed è costretta al ritiro. dopo le riparazioni continua la carriera agonistica: corre a Brands Hatch (quarta assoluta), alla Ollon-Villars (vittoria di classe) e alla Mille Chilometri di Montlhéry (Scarfiotti-Davis) dove conquista il terzo posto. Il Conte Volpi la usa spesso come auto stradale tra Venezia e Monte Carlo in uno straordinario clima da Dolce Vita. Nel marzo ’65 partecipa all’ultima corsa: Ermanno Gurgo Salice, noto pilota gentleman, conquista il nono posto alla Coppa Gallenga. La Breadvan inizia un valzer di nuovi proprietari (Inghilterra, Stati Uniti…) e, nel frattempo, si trasforma in una affascinante e preziosa auto storica da collezione. Secondo le ultime info oggi si troverebbe in Austria.
Dopo Wunibald Kamm e la sua coda perfezionata da Ercole Spada e spoilerata da Peter Brock con Carroll Shelby ci fu un genio aerodinamico che la rese ancora più efficiente rendendola concava per velocizzare e richiamare i flussi sottoscocca concentrando e velocizzando il vortice nell’invaso.
Il risultano fu memorabile e oggi vale la pena di ricordarlo: Luigi Colani e la metamorfosi della Giulietta spider.
Il 1957 fu un anno importante per Lutz Colani, un anno dove mise in atto tutte le conoscenze acquisite quattro anni prima in California presso la Douglas Aircraft.
Prima di tutto Lutz decise di cambiare nome. D’ora in poi si sarebbe chiamato Luigi Colani e per dimostrare quanto valevano le sue intuizioni aerodinamiche prese lei, la vivace ed elegante spider de “La Dolce Vita”, l’Alfa Romeo Giulietta Spider di Orazio Satta Puliga e Rudolf Hruska con il bialbero da 1290 cc per svestirla dal classico stile di Giovanni Battista Farina trasformandola in quella che si sarebbe chiamata per sempre, Colani Alfa Romeo.
Giulietta, la spider della rinascita italiana e Luigi Colani non erano i soli protagonisti dell’impresa. Per realizzare il suo sogno, Luigi Colani da Berlino si accompagnò al viennese Karl Albert Abarth, diventato Carlo a Torino.
Un ménage à trois quello di Luigi Colani, Giulietta e Carlo Abarth, ispirato da una passione ossessiva per l’aerodinamica, allora scienza imperfetta.
Intuizioni, fili di lana e tanto, tanto empirismo.
Biodynamic, così venne chiamata la reinterpretazione di Colani delle forme fluide della natura in aerodinamica. Una svolta stilistica che accompagnerà tutta la lunga, quasi interminabile esistenza di Luigi Colani.
Aerodinamica è raggiungere la maggior velocità possibile in rettifilo e percorrere le curve oltre l’aderenza meccanica creando deportanza. Quell’equilibrio che cercano tutti i piloti per vincere, il bilanciamento tra lift e drag.
Carlo e Luigi sanno come trattare Giulietta. Prolungano a punta oltremisura la presa d’aria anteriore allungando il cofano facendolo precipitare a spiovente verso il basso e praticano la sagomatura a doppia bolla sul tetto. Un artifizio per ridurre l’altezza dell’abitacolo, diminuire la sezione frontale ed alloggiare la sommità della testa degli occupanti.
Ampio, spazioso e luminoso il lunotto curvo che da forma al posteriore che si conclude con un’innovazione di Colani, oltre la coda tronca di Wunibald Kamm, firma delle TZ di Ercole Spada. Luigi Colani incurva la coda all’interno per richiamare dal fondo scocca i flussi d’aria. Un’intuizione geniale ed innovativa.
Una Giulietta quella di Luigi Colani e di Carlo Abarth decisamente prorompente, una forma distinguibile da lontano e da seguire da vicino, sintesi di convinzioni aerodinamiche sperimentali, ma anche mai sperimentate.
I battilastra sagomarono il foglio di alluminio in quelle forme morbide, protese a punta, contenendo il peso in 780 kg che uniti ai 110 CV del bialbero da 1290 cc diedero prova di prestazioni memorabili.
La Giulietta rivestita da Luigi Colani raggiunse i 210 km/h. Fu all’Inferno Verde che la Giulietta Colani divenne una leggendaria Alfa Romeo.
La prima vettura gran turismo ad infrangere il record dei 10 minuti al Nürburgring.
Luigi Colani aveva visto giusto. Insieme a Carlo Abarth creò dalla Giulietta spider una piccola innovativa coupé airflow che divenne una delle Abarth più rare mai costruite, utilizzabile su strada.
Così fu che proprio da quella Giulietta, Luigi Colani creatore di forme fluide e del Biodynamic design si affermò in ogni campo fino a diventare uno dei più influenti industrial designer a cavallo dei due secoli.
Addio Luigi, il tuo Biodynamic design ci manca.