Cilindropedia: in principio fu il mono

Cilindropedia: in principio fu il mono

Si comincia sempre a contare da uno, no? Anche nel caso del numero di cilindri delle moto, queste sconosciute. Già perché all’inizio le due ruote motorizzate erano considerate una specie di azzardo, una sfida troppo sfrontata nei confronti di sorte e forza di gravità (a tal punto che le prime ‘moto’ avevano addirittura le ruote laterali come le bici dei bambini). Tornando al motore. I vantaggi di un singolo cilindro sono facili da immaginare: massima semplicità di costruzione e di manutenzione, economia di marcia e coppia da vendere. Di contro ti becchi più vibrazioni e giri non stratosferici (quindi potenze limitate).

Moto Guzzi Lodola 1

COMINCIA L’AVVENTURA. Se tutto nasce con la Hildebrand & Wolfmüller del 1894, le mono sexy arriveranno solo qualche decennio dopo. Per capire esattamente di cosa stiamo parlando pensa che nel periodo della Prima Guerra Mondiale la Triumph cominciò a produrre la Model H, celebrata come il primo esemplare della Casa di Coventry a non avere i pedali da bici… Ma grazie all’economia del mezzo (e del motore mono) e all’affidabilità maturata in guerra, la moto comincia a conquistarsi un angolino nel cuore degli smanettoni. Per questo i campionissimi che hanno fatto la storia delle corse a quattro ruote di solito hanno cominciato con due. Prendi Nuvolari che, con la famosa Freccia Celeste della Bianchi, una 350 con doppio albero a camme in testa e cambio al serbatoio, negli anni ’20 ha vinto tutto quel che ha potuto. Eppure pensa che già allora a qualcuno le limitazioni del mono cominciavano a dar fastidio. È per questo motivo che qualche pazzo decide di mettere un altro pistone nel motore per ottenere un… No. Non un bicilindrico, ma semplicemente, si fa per dire, un mono con doppia camera di combustione. Il resto rimane, più o meno, invariato. I vantaggi di questo arzigogolo ingegneristico? Un’erogazione più fluida, ma i costi di produzioni praticamente raddoppiano e i pesi aumentano. In Italia ci crede solo Garelli, che lo monta sulla sua 350 cc.

Bianchi Freccia Celeste

LE MONO: CHE VOLANO. Già, uno dei segni più caratteristici del singolo cilindro è proprio il volano maggiorato. Che diventa ben presto uno dei dettagli più belli delle rosse di Mandello: come il Falcone degli anni ’50 che aveva un motore che sembrava un’affettatrice della Berkel. Rimanendo in casa Guzzi, la monocilindrica più sexy dell’aquila è la 500 cc, nata per fare da muletto alla V8; era una bestia tutta carenata da cui spuntavano solo due teste, quelle del pilota e del motore (con le tipiche sporgenze del doppio albero). Anche se storicamente la Gilera ha sfornato una quantità di mono da sogno da far paura, te ne voglio ricordare solo un paio (e per di più degli anni ’90). La prima è la Saturno Bialbero. Una bicicletta semicarenata: meno di 150 kg per 44 cv. Roba da 125 dirai tu. Bravo, ci hai preso. Perché subito dopo averla prodotta, in Gilera pensarono la stessa cosa, immaginando di cacciare il mono della RC 600 (enduro snella e seria, anche da Dakar) nel telaio di una moto che sembra appunto la SP-02 (una 125). Nascono così i 50 esemplari della Saturno 600 Piuma (come l’avresti chiamata tu una moto da 130 kg?). E anche se oggi il mono sembra la soluzione migliore di ciclomotori e endurine, ma ci sono stati anni in cui quell’1 del motore corrispondeva a quello che campeggiava nel portanumero dei campioni del mondo. Leggi: la Norton Manx di Mike Hailwood. Ma non basta, il gioiellino di Wolverhampton era così ambito che divenne lo standard delle auto da corsa inglesi di Formula 3, Cooper in testa. Una delle ultime bestie da pista ad avere un cilindro per amico è stata una Ducati, la Supermono degli Anni ’90 (disegnata da Pierre Terblanche). Motore molto interessante, questo, che sostanzialmente era il classico bicilindrico di Borgo Panigale a cui era stato tolto quello superiore per lasciare solo quello sotto (a tutto vantaggio di baricentro e guidabilità). Al posto del pistone mancante era stato messo un braccio che ne simulava i movimenti e, quindi, assicurava un perfetto bilanciamento. Il risultato fu un mostro capace di arrivare secondo al TT del ’94 e di dominare la classe nel ’95. Senza contare che fu usata come banco di prova per il Campionato Superbike dove le rosse fecero strage. Del resto il mono in Ducati (con distribuzione a coppie coniche) l’ha sempre spremuto a dovere nel corso della sua produzione, dagli Scrambler che piacevano anche a lei, alla bellissima 175 Sport bicolore col serbatoio sinuoso come una scultura.

Ducati-Supermono

METTI UN MONO IN GARAGE. Il bello delle moto è che costano meno delle macchine e che, se vuoi collezionarne un po’, la tua hit parade potrebbe stare tranquillamente in un box condominiale. Stai attento al monocilindrico, che è come il Lambrusco. Va giù facile e rischi di ubriacarti prima ancora di arrivare ai tortellini… Già perché potresti partire con uno scooter, un grande classico come Vespa o Lambretta (tanto per dirne un paio) o preferire il tubone che avevi da ragazzino, o il Ciao che aveva la più bella della classe. Se ti piacciono le classiche, una bella 150 Anni ’50 ci sta tutta, se invece sei più ‘moderno’ allora potresti svenarti con le 125 degli anni d’oro (i ’90). Aprilia AF1, Gilera SP01 (ma anche la CX) e Cagiva Mito (una 916 in miniatura). Preferisci le enduro? Con l’Aprilia Tuareg non sbagli mai (125). Se vuoi cilindrate più importanti allora punta sulla Ducati Scrambler (che era 250, 350, 450) per andare in piazza la domenica (se preferisci le due tempi ci sono le KTM da competizione degli anni ’70). E a una Gilera RC600 per fare quattro salti il sabato. Bestie da soma con il look giusto, e la sella comoda anche per la tua zavorra a forma di fidanzata, sono l’Aprilia Pegaso o la Honda Dominator (quest’ultima la troverai con la gomma anteriore originale nuova, visto che girava solo impennata). Devi darti un limite? Allora prendi i due estremi: un bel cinquantino e il mono più grande di sempre. Quello della Suzuki DR Big 800S (ti dico solo che per domare le vibrazioni di questo mostro meccanico hanno dovuto piazzargli ben due alberi di equilibratura). Due moto sono ancora troppe? Allora fatti un Kreidler Van Veen 50cc o un bel Itom per andare in pista e fine. E proverai l’emozione di cambiare marcia a 14000 giri.

Suzuki DR 800 S

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