CB 750, l’Honda anomala. Cinquant’anni di Four
Lo Tsunami non è un fenomeno recente. Anche se sembra una specie di follia meteorologica degli ultimi anni, sfogliando gli annali si scopre che la prima Honda anomala risale addirittura al 1969. Quando si abbatté con tutta la sua potenza (ben 66 cavalli) sulle strade di mezzo mondo. Era la CB 750, capostipite della fortunatissima serie Four e moto talmente rivoluzionaria che si dovette inventare una nuova categoria che la definisse: superbike. Ma in che cosa consisteva l’anomalia di questa Honda?
ALL’EPOCA… Bisogna tener presente che alla fine degli anni ’60 le reginette a due ruote erano ancora le bicilindriche, soprattutto inglesi e italiane. Ferri duri e puri, con tanta coppia, gran telai e più vibrazioni per tutti. Moto da spacconi, insomma. Su strada e al cinema: e non è un caso che Easy Rider uscisse nelle sale americane proprio nel ’69. La pellicola manifesto del motociclismo a stelle e strisce è una dichiarazione di libertà col vento nei capelli. Parla di trasgressione, sregolatezza, di quello che le due ruote sono diventate nell’immaginario collettivo: la fuga dalla realtà.
ARRIVA LA HONDA. Ma in quel periodo, in pista era tutta un’altra musica, i manici guidavano le pluricilindriche e i veri smanettoni sognavano i fantastici quattro: strumenti di velocità pura, capaci di allunghi stratosferici e rumorini da F1 (con rispetto parlando). Per questo i giapponesi si sono messi a tavolino: bisognava ingegnarsi per portare quei mirabolanti quattro cilindri sulle due ruote di tutti i giorni. Un’intuizione che necessitava una sostenibilità economica. È con la Four che nasce la leggenda della qualità Honda: affidabilità e economia di utilizzo (tagliandi diradati e impianti elettrici a prova di black out) abbinate a un carattere sportivo non rancoroso. Insomma, non te la faceva pagare cara se sbagliavi qualcosa.
MODERNA E VELOCE. Per questo motivo fu una vera e propria rivoluzione, anche culturale. Venduta in Giappone come “la più americana delle moto”, la Four era pensata soprattutto per il pubblico d’oltreoceano (dove allora si facevano i numeri di vendita). Ecco allora prestazioni facili, grande comfort di marcia (veniva strillata come comodissima per crociere a 100 miglia orarie – 160 km/h) oltre a un paio di dettagli che non passavano inosservati, e che facevano la loro comparsa per la prima volta in una moto di serie: l’avviamento elettrico e il freno a disco davanti. Mettere in moto il quattro cilindri semplicemente premendo un bottone fece scartare immediatamente il gesto della scalciata relegandolo nel museo dov’era già custodita la manovella d’avviamento delle auto. E poi il disco davanti assicurava frenate vere, non solo rallentamenti, e quindi la pace mentale di godere in tutta sicurezza della cavalleria messa a disposizione dai 4 cilindri, con monoalbero in testa (abbinati a 4 carburatori e 4 scarichi). Cromata il giusto, le livree bicolore ne immortalarono il design. La sella comoda anche per la passeggera avvicinò alle Four anche il gentil sesso che, appena uscirono le cilindrate minori si scoprirono subito amazzoni. Ma questa è un’altra storia.