Carlo Ubbiali, volpi si nasce, campioni si diventa
Bergamasco, classe 1929. Soprannominato il Cinesino, se lo vedi in foto capisci il perché. Piccolino, con gli occhi dal taglio vagamente orientale, Ubbiali non incuteva certo il terrore. Fino a quando non sorrideva. È allora che capivi che ti aveva fregato. E adesso entra in scena l’altro nomignolo, guadagnato sul campo: la Volpe. Non a caso il suo palmares sembra una marcia trionfale: 39 vittorie su 74 gare disputate. Non dimenticare che Ubbiali ha cominciato a correre nella seconda metà degli anni ’40, quando alla fine delle corse si festeggiava anche solo il fatto di esserci arrivati. In fondo. L’affidabilità meccanica era ancora un imperscrutabile mistero, mentre la sfiga, be’, quella ci vedeva già benissimo. Insomma, per portare a casa nove titoli mondiali e cinque Tourist Trophy, non bastava solo usare la mano destra o gli attributi appoggiati sul sellino, ci voleva anche una lucidità da giocatore di scacchi.
IL CAMPIONE DELLE SQUALIFICHE. A Ubbiali piaceva correre. Pista, circuiti cittadini, mulattiere, bastava dargli una moto e quello partiva (e vinceva). Prendi per esempio quella volta che la MV lo fece partecipare alla Sei Giorni (una gara che in confronto la Parigi-Dakar è una vacanza all-inclusive nel deserto): e finisce con una medaglia d’oro al collo. La verità è che la Volpe avrebbe fatto qualsiasi cosa per correre. E l’ha fatto. Anno di grazia 1946, Coppa di Bergamo, il Cinesino chiede in prestito la DKW 125 della Squadra Mobile di Bergamo. Il comandante acconsente a patto che gli venisse riconsegnata riverniciata. Ubbiali ci sta: la prende, parte e vince. Ma quando sta per andare sul podio qualcuno lo blocca. “Oh, tus! Ma quanti anni hai?”. E siccome non ne aveva ancora diciotto venne squalificato. La Volpe è come il lupo, perde il pelo, ma non il vizio. Lungomare di Taranto, 1950. Una selva di gente spinge un centauro, semi svenuto, su una Mondial. Spenta. Anzi, rotta. Lo riconoscono, è Ubbiali, che arriva fresco fresco, si fa per dire, da Milano. Il fatto è che a pochi chilometri dal traguardo la moto l’ha lasciato a piedi e, senza più voce neanche per dire alla folla che lo sostiene di non aiutarlo, riesce come per magia a tagliare il traguardo. Ma prima di riuscire a scendere collassa tra le braccia dei soccorritori. Quando si risveglia è in albergo, nella stanza c’è uno che scuote la testa. Non sa cosa pensare, Ubbiali non si ricorda più niente di quel che è successo il giorno prima. Pensa a una tragedia. E quando quello, che era il direttore di gara, gli dice che è squalificato quasi quasi tira un sospiro di sollievo.
VALENTINO, AGO E UBBIALI. Ma se, numeri alla mano, la classifica dei centauri nostrani più titolati di sempre lo vede ultimo, il Cinesino in realtà è stato il capostipite di una specie. La famosa razza centaura italiana. Roba che andrebbe bollara con un bel DOCG. Ubbiali si ritira dopo aver vinto il nono titolo mondiale, nel 1960. E prima che comparisse sulla scena un suo conterraneo. Tal Agostini che, sponsorizzato anche da lui, cominciò a correre proprio per la MV. C’è chi dice che è con questa mossa che dimostrò ancora una volta di essere sempre la stessa (vecchia) Volpe…