Car Noir: DMC-12, dal cinema allo scandalo
La DeLorean DMC-12, la star di Ritorno al Futuro insieme a Michael J. Fox e Christopher Lloyd, è un’icona e lo sarà per sempre. L’imprenditore che l’ha messa al mondo e le ha dato il nome però si è dovuto confrontare con la bancarotta, ha rischiato il carcere e molti dei suoi ex soci sono passati a miglior vita in circostanze alquanto misteriose. Nei primi Anni ’60, John Zachary DeLorean lavora alla Packard, azienda nella quale si occupa della progettazione della trasmissione Ultramatic. Si sposta poi in General Motors dove è tra gli artefici del salvataggio della Pontiac grazie al radicale cambio d’immagine ottenuto con la commercializzazione della GTO nel 1964 (siete degli estimatori di questo modello? Qui parliamo dell’altro suo papà, ma quanto a design: Jerry Hirshberg). Cinque anni dopo finisce a capo della Chevrolet, quadruplicandone in pochi anni i profitti. Nonostante sia prossimo a raggiungere i vertici dell’azienda, nel 1975 decide di mettersi in proprio e fonda la DeLorean Motor Company: vuole realizzare un’auto sportiva di qualità, dal design unico e con un prezzo contenuto.
PROBLEMI DA SUBITO. Il prototipo della DMC-12 arriva nel 1976. Disegnata da Giorgetto Giugiaro, ha le portiere ad ala di gabbiano (se vi piace il genere, qui una carrellata di ‘gullwing’) e una carrozzeria in acciaio inox non verniciato. Il grosso dei finanziamenti per tale impresa, che ammonta a circa 100 milioni di sterline, proviene dal governo britannico: DeLorean ha deciso infatti di produrre la vettura in Irlanda del Nord – non lontano da Belfast – per usufruire dei finanziamenti contro la disoccupazione. Nel 1978 cominciano i lavori per la costruzione dell’impianto di produzione, ma quelli per sviluppare la vettura vanno a rilento: per la scocca viene scelto un nuovo materiale composito chiamato ERM (Elastic Reservoir Moulding) particolarmente leggero e resistente, ma a causa dei costi di produzione e della mancanza di test adeguati questa tecnologia scelta per il telaio si rivela inadatta. Si rischia da un lato di accumulare ritardi eccessivi e dall’altro d’esaurire di lì a poco tutto il budget previsto. DeLorean chiede quindi aiuto al grande Colin Chapman.
L’INTERVENTO DI COLIN CHAPMAN. Il geniale ingegnere inglese, fondatore e proprietario della Lotus, accetta di collaborare in cambio di una tangente da 10 milioni di dollari provenienti, si scoprirà, da un’impresa panamense. Revisiona quasi interamente tutto il progetto e la vettura approda, finalmente, nel 1981, in linea di produzione. Chapman ha sostituito molto del materiale dubbio e delle tecniche di produzione con quelle che utilizzate in Lotus; più nello specifico, la DMC-12 eredita le sospensioni e lo chassis della Esprit.
LO SCANDALO E LA CHIUSURA. Nonostante ciò, la DeLorean DMC-12 si rivela un fallimento. Se ne vendono 6mila – le previsioni dicevano il doppio esatto – inizialmente senza garanzia, perché già alla fonte si capisce subito che la vettura è tutto fuorché affidabile. Inoltre le prestazioni sono abbastanza ridicole rispetto alla concorrenza e le magagne di una manodopera inesperta balzano subito all’occhio. È ormai ben chiaro che tutto il progetto sia un fiasco; il governo inglese e gli altri investitori lasciano la presa e si fanno da parte. Nel frattempo John DeLorean finisce nel mirino dell’FBI e, ormai sull’orlo della bancarotta, viene arrestato per traffico internazionale di stupefacenti. Ad inchiodarlo un filmato in cui, oltre ogni ragionevole dubbio, svolge contrattazioni utili per accaparrarsi un quintale esatto di cocaina il cui valore sul mercato supera i 24 milioni di dollari. Questa è l’ultima goccia che fa traboccare il vaso: a bancarotta dichiarata la DeLorean Motor Company entra in amministrazione controllata e la fabbrica di Dunmurry chiude per sempre. Storia degna di una sceneggiatura: non a caso nel 2018 è stato presentato il film Driven – Il caso DeLorean. Dategli un’occhiata, è abbastanza incredibile.