BMW 333i: conoscevate la M3 sudafricana?
Ci sono una M3, una 320iS e una 333i. No, non è l’incipit di una barzelletta sulla BMW, ma l’inizio di una storia assai poco nota sullo sfondo delle Serie 3 E30 ad alte prestazioni. Inutile, almeno per gl’intenditori della casa bavarese, perdersi in convenevoli con la capostipite, la M3: motore quattro cilindri S14 (imparentato con il ‘millecinque’ turbocompresso della Brabham BT52 con cui Nelson Piquet si laureò campione del mondo di Formula 1 nel 1983) con doppio albero a camme in testa, 2,3 litri di cilindrata e 200 cavalli sul modello del 1985, nato per omologare l’auto da corsa del Campionato del mondo turismo. Ribattezzata ‘la M3 italiana’, la 320iS fu invece concepita espressamente per evitare la tagliola del 38 percento di IVA a cui nel nostro paese erano soggette le automobili con una cilindrata superiore ai due litri: la cubatura del quattro cilindri M20 era di 1990 cc, i cavalli in meno rispetto alla sorella maggiore solo otto, con prestazioni praticamente invariate.
CON L’ALPINA PER VINCERE NELLE CORSE. E la 333i? L’avventura di questa velocissima coupé, che pochissimi, dalle nostre parti, conoscono o ricordano, si consumò interamente in Sudafrica, un mercato che assorbiva un gran numero di auto sportive straniere, ma nel quale la M3 non arrivava. Così, per non deludere i clienti con il pallino della velocità, la filiale sudafricana della BMW prese contatti con l’Alpina, in Germania. Pur riconoscendo la bontà dei motori M20, molto performanti anche nelle versioni di minor cilindrata, a Buchloe i tecnici avevano una predilezione per il sei cilindri in linea M30B32, che all’epoca equipaggiava la 533i, la 633CSi e la 733i, modelli tutti più grandi e costosi della piccola Serie 3. L’obiettivo iniziale di BMW Sudafrica era partecipare alle locali gare del Gruppo 1, dove a fare il bello e il cattivo tempo erano modelli sportivi prodotti apposta per il mercato sudafricano come la Ford Sierra XR8 e l’Alfa Romeo GTV 3.0, ma nel 1985 la categoria fu abolita e l’appena nata 333i a sei cilindri si trovò fuori dai giochi ancora prima di mettere le ruote su strada.
UN’ELABORAZIONE PROFONDA. Il progetto, comunque, non si arrestò. Sotto il cofano della 325i, il modello di partenza, fu cambiato praticamente tutto: i collettori d’aspirazione e di scarico furono ridisegnati, il radiatore rivestito in rame e molti componenti sostituti con equivalenti in lega leggera, mentre l’impianto d’iniezione Bosch L-Jetronic fu ritarato per avere una risposta più pronta dell’acceleratore. Con una potenza massima di 194 cv a 5500 giri e una coppia massima di 295 Nm a 4.300 giri/min., il sei cilindri ottenne un’erogazione più piena e corposa dell’unità originale, con un maggior tiro ai bassi regimi. L’operazione, però, non era priva d’inconvenienti: il propulsore era più ingombrante del quattro cilindri della M3, e per farlo stare sotto il cofano della Serie 3 E30 un componente tra il climatizzatore e il servosterzo doveva essere sacrificato.
QUASI VELOCE COME UNA M3. Il cambio, prodotto dalla Getrag, era a cinque rapporti ravvicinati, e un differenziale a slittamento limitato firmato ZF migliorava la motricità e l’inserimento nelle curve. BMW Sudafrica dichiarava un tempo di 7,4 secondi nell’accelerazione da 0 a 100 km/h e una velocità massima di 228 km/h. L’ABS e il tetto apribile erano a richiesta, mentre l’auto usciva di fabbrica con l’atletico ma sobrio kit aerodinamico M-Technic 1 e i cerchi in lega multirazze Alpina da 16 pollici. Solo quattro le tinte disponibili per la carrozzeria: Henna Red, Ice White, Diamond Black e l Aero Silver. A conti fatti, la BMW 333i offriva pochissimo di meno rispetto alla M3, rispetto alla quale però, oggi come allora, è decisamente più rara.
