Alfetta 158: la monoposto più longeva (e vincente)

Alfetta 158: la monoposto più longeva (e vincente)

Pochi giorni fa la Formula 1 ha festeggiato un anniversario importante: il 13 maggio di settant’anni fa l’autodromo di Silverstone ospitava il primo Gran Premio del neonato campionato mondiale. Quel giorno sulla griglia di partenza erano pronte a sfidarsi 21 monoposto di tre nazionalità e cinque costruttori: le inglesi ERA e Alta, le francesi Talbot e le italiane Maserati e Alfa Romeo.

Alfa Romeo Alfetta Tipo 158

LA PRIMA VA AL BISCIONE. La casa di Arese arriva sul circuito inglese da favorita: i piloti del Biscione Fangio, Farina, Fagioli e Parnell dominano le qualifiche e monopolizzano la prima fila. Posizioni che ad eccezione di Fangio, costretto al ritiro per surriscaldamento, i piloti Alfa Romeo non lasceranno per tutti i 70 giri del Gran Premio, vinto dopo 2 ore e 13 minuti da Nino Farina. Un dominio, quello del pilota torinese e dell’Alfa Romeo, che si protrarrà per tutta la stagione sigillando la conquista del primo campionato del mondo piloti e costruttori di Formula 1.

Alfa Romeo Alfetta Tipo 158 2

POTENZA E AGILITÀ. La protagonista di questo dominio assoluto è l’Alfetta 158. La stagione 1950 l’ha consegnata agli annali della Formula 1, ma questo risultato è soltanto la ‘punta di diamante’ dei suoi successi. La sua storia ha infatti un origine ben più lontana, più precisamente tredici anni addietro: siamo nel 1937 e – su progetto di Gioacchino Colombo – la Scuderia Ferrari (all’epoca ancora impegnata con le Alfa Romeo da corsa) dà forma a nuova monoposto particolarmente compatta (da qui il soprannome Alfetta, piccola Alfa) e potente spinta da un otto cilindri da 1500 cc (l’origine del numero 158) sovralimentato con un compressore volumetrico Roots per 195 cavalli a 7000 giri. Grazie all’utilizzo di leghe leggere il propulsore ha un peso di soli 165 chilogrammi, mentre una buona distribuzione dei pesi della vettura è garantita dall’adozione dello schema transaxle, con il cambio a quattro rapporti posizionato al posteriore insieme al differenziale.

Alfa Romeo Alfetta Tipo 158 6

PRIMA DELLA GUERRA. Il debutto della Alfetta 158 è subito vincente: alla Coppa Ciano di Livorno dell’agosto 1938 Emilio Villoresi conquista il primo posto mentre l’anno successivo, con una nuova evoluzione del propulsore questa volta capace di 225 cv, l’Alfa Romeo domina tutte le competizioni italiane a cui partecipa. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e lo stop generale delle attività di motorsport, anche lo sviluppo dell’Alfetta si ferma: la monoposto in quegli anni corrono soltanto in Sud America mentre in Europa le vetture vengono nascoste per preservarle dal conflitto.

Alfa Romeo Alfetta Tipo 158 5

VITTORIOSA. Non appena le ostilità volgono al termine, l’Alfetta 158 è subito pronta a tornare in pista; già nell’estate del 1946 – ancora una volta pilotata da Nino Farina – la monoposto si aggiudica il I Grand Prix des Nations di Ginevra. Ancora una volta l’Alfetta è stata potenziata e dai circa 200 cavalli della versione anteguerra si è arrivati prima a 254 cv poi, dal 1947, grazie a un nuovo compressore volumetrico a due stadi si sale ulteriormente fino ai 350 cavalli della versione utilizzata proprio nel campionato del mondo del 1950. Un valore che unito al peso di appena 700 kg permette all’auto da corsa Alfa Romeo di avere uno tra i migliori rapporto peso potenza dell’epoca (e ancora oggi appannaggio delle migliori sportive): 2 kg/cv. Per la stagione 1951 i tecnici Alfa Romeo portano in pista l’evoluzione, denominata Alfetta 159: con questa vettura il Biscione si aggiudicherà il secondo titolo mondiale prima di ritirarsi dalla Formula 1 e iscrivere la sua monoposto – così longeva – tra le migliori auto da corsa di tutti i tempi.

Alfa Romeo Alfetta Tipo 158 3

  • Alfa Romeo Alfetta Tipo 158 1939
  • Alfa Romeo Alfetta Tipo 158 1940
  • GP Europa SPA, TROSSI, GP Alfa Romeo Tipo 158 “Alfetta” 1947
  • Alfa Romeo Alfetta Tipo 158 6
  • Alfa Romeo Alfetta Tipo 158 motore
  • Alfa Romeo Alfetta Tipo 158
  • Alfa Romeo Alfetta Tipo 158 2
  • Nino Farina GP Silverstone 1950 Alfa Romeo F1
  • Alfa Romeo Alfetta Tipo 158 1
  • Alfa Romeo Alfetta Tipo 158 3
  • Alfa Romeo Alfetta Tipo 158 5
  • Alfa Romeo Alfetta Tipo 158 4
  • Alfa Romeo Alfetta Tipo 158 Giulia Quadrifoglio Museo di Arese
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Un commento su “Alfetta 158: la monoposto più longeva (e vincente)”
  • Alberto Spriano ha scritto:

    La storia così continua: Vittorio Jano risentito per essere stato fatto fuori in Alfa Romeo, sostituito da Colombo e dalle 158 e 159, già progettate prima della guerra, volle esagerare con la Lancia D50 che rappresentò il suo canto del cigno.

    Per progetttare la preferita di Fangio, svezzata da Ascari, Jano decise di abbassare il più possibile l’albero di trasmissione, la seduta del pilota e il baricentro statico, disponendo obliquamente l’albero di trasmissione e bucando il sedile in un angolo. Nelle altre monoposto, l’albero di trasmissione contenuto dal tunnel al centro del telaio innalzava il sedile e comprometteva la posizione di guida. La Lancia D50 era tecnicamente ben oltre le 158 e 159.

    Ovviamente, se l’albero di trasmissione è obliquo anche il motore lo deve essere, in quanto, la campana frizione, il cambio e il differenziale sono collocati posteriormente sull’assale rigido con balestra trasversale per ripartire uniformemente i pesi sui due assali.

    I giunti omocinetici a cui è collegato l’albero motore consentono la disposizione obliqua dello stesso e del motore, mentre la trasmissione era allineata all’assale posteriore.

    L’aerodinamica della Lancia D50 era più penetrante delle antagoniste, in quanto aveva i serbatoi tra le ruote, quindi la fusoliera aveva una sezione frontale più ristretta rispetto alle altre monoposto con il serbatoio dietro al pilota e con l’assale, che alleggerendosi dal carburante penalizzava l’equilibrio in curva e in frenata.

    La D50 più si alleggeriva e più era veloce e controllabile, mantenendo equilibrio e stabilità grazie al peso del carburante tra gli assi.

    Nessuna monopoposto a motore anteriore aveva queste caratteristiche:

    – Baricentro abbassato grazie alla disposizione obliqua di motore e albero di trasmissione che sfilava a lato del sedile
    – Sezione frontale ridotta
    – Semi Carenatura dei serbatoio alle ruote per ridurre le turbolenze
    – Peso del carburante al centro degli assi
    – Lunghezza inferiore in quanto non aveva il serbatoio posteriore e a sbalzo

    Praticamente era il non plus ultra delle monoposto a motore anteriore centrale, prima dell’arrivo delle Cooper a motore e trazione posteriore.

    Jano fini’ – dopo il fallimento di Gianni Lancia che si ritirò in Argentina per confezionare carne in scatola – alla Ferrari come consulente in una palazzina vicino alla pista di Fiorano.

    A lui venne affidato per 2 anni il giovane Forghieri.

    Il giovane Forghieri nonostante fosse un motorista risolse il problema di instabilità della 250 GTO dovuto all’assale rigido posteriore che si torceva provocando l’autosterzamento delle ruote motrici. Forghieri applicò il parallelogramma di Watt e rese figurative e non più funzionali le molle dallo spessore di 1 mm.

    Nei 2 anni trascorsi con Jano e con il compianto l’ing. Andrea Fraschetti, Forghieri si confrontò con loro ed avviò gli studi per progettare il telaio della prima Ferrari tutto dietro: la 350 Le Mans.

    Un ingegnere per realizzare vetture vincenti deve confrontarsi con un grande insegnante. Disporne di due, contemporaneamente, fu il massimo.

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