Alfa Romeo sportive anni ’90: le 155 V6 e Turbo Q4
Quando nel 1992 prese il posto dell’Alfa 75 se non suscitò un’alzata di scudi nelle frange più “estreme” del popolo alfista, poco ci mancò. Dettato da ovvie ragioni di costi, il passaggio dal datato ma raffinato schema transaxle con il cambio in blocco al differenziale posteriore al pianale Tipo 2 a trazione anteriore di origine Fiat era d’altronde un boccone difficile da mandare giù per chiunque fosse cresciuto a pane, Giulia e Alfetta.
SPORTIVE SI NASCE O SI DIVENTA? Così la casa milanese, che nel 1986 era passata dallo Stato al colosso torinese, per ravvivare la fiamma del mito Alfa e non deludere i clienti più sportivi cercò in tutti i modi d’infondere nella sua nuova berlina media qualche sprazzo di sportività. Non fu certo una cosa semplice, innestare il seme alfista nell’Alfa Romeo 155, ma a conti fatti oggi possiamo dire che le cose non andarono poi così male, e come dimostra la storia, il risultato finale ebbe persino degli inattesi, piacevolissimi risvolti nelle corse, un terreno di conquista per il Biscione sin dai primi passi della sua lunga e gloriosa avventura, negli anni ’10 del Novecento, quando esisteva semplicemente l’Alfa e l’Alfa Romeo era ancora di là da venire.
IL PUNTO NON È “DAVANTI O DIETRO”… Non è un mistero e non bisogna essere piloti di professione per accorgersi dopo un paio di curve che guidare un’Alfa Romeo 155 è un’esperienza meno appagante che mettersi al volante dei biscioni di precedente generazione. E non è una mera questione di avere la trazione dalla “parte sbagliata”, come sostengono alcuni sulla base di non si sa bene quale evidenza tecnica, perché la piccola Alfasud, checché se ne dica, pur avendola sulle ruote davanti restituisce le stesse, forti emozioni delle Alfa a trazione posteriore. Le ragioni di un piglio assai meno brillante, semmai, si annidano per lo più nella piattaforma di derivazione Fiat, un’architettura nata per fare da base a una tranquilla berlina da famiglia, piuttosto che a una berlina sportiva. Come fare, dunque, per dare un barlume di sportività all’Alfa Romeo 155? Mettendole sotto il cofano un gran bel motore, con o senza turbo, ma in ogni caso prodigo di cavalli, e magari pescando dalla banca organi del gruppo Fiat una trasmissione in grado di migliorare grip e tenuta di strada.
CON QUEL “GIOIELLO” DI V6 PROFUMA DI CORSE. Da queste premesse nacquero le Alfa Romeo 155 V6 e Q4. La prima, che manteneva la base meccanica delle “normali” 155, era mossa dal 2.5 V6 progettato da Giuseppe Busso che aveva debuttato sull’Alfa 6 nel 1979. Rispetto a quell’unità c’erano due grosse differenze: la collocazione trasversale e non longitudinale del motore, per via del collegamento alle ruote anteriori e non posteriori, e l’alimentazione, affidata non più a una batteria di sei carburatori monocorpo ma a un più moderno impianto di iniezione elettronica. Com’è da guidare? Nel nostro breve ma intenso test sul pistino del Museo Storico Alfa Romeo, la scorsa primavera, abbiamo apprezzato soprattutto l’allungo e il rombo pieno e vellutato del sei cilindri, nonché il comportamento sicuro garantito dalla trazione anteriore. La sportività, certo, è tutta un’altra cosa, ma il giudizio può e deve in un certo senso essere rivisto, perché quel V6 leggendario porta la mente e il cuore a un ciclo di successi irripetibili, culminati con la straordinaria vittoria del DTM 1993: l’Alfa Romeo che, contro ogni pronostico, domina il durissimo Campionato turismo tedesco ai danni della Mercedes. Emozione pura.
DI ALFA HA POCO O NULLA, MA VA COME UN TRENO. Con 165 CV, l’Alfa Romeo 155 V6 filava a meraviglia, superando in scioltezza i 210 km/h, ma nei cambi di direzione più bruschi tutti quei cavalli, scaricati sulle sole ruote davanti, rischiavano non solo di mandare le gomme in fumo, ma anche di far prendere qualche spavento ai guidatori meno esperti. Il problema fu risolto con l’ancor più potente versione Turbo Q4, che, a ben guardare, è la 155 meno Alfa di tutte, perché sotto la “pelle” nasconde una meccanica torinese fino al midollo: il motore quattro cilindri sovralimentato mediante turbocompressore e il sistema di trazione integrale permanente con tre differenziali sono quelli della Lancia Delta Integrale. Un nome, una garanzia.
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