Alfa Romeo Spider, una favola di nome Duetto
La storia dell’Alfa Romeo è costellata di automobili straordinarie. Bolidi figli del vento, perle di rara bellezza, macchine divenute icone senza tempo che hanno acquisito lo status di opera d’arte e svolto un ruolo importante nella diffusione dello stile italiano nel mondo. Tra i modelli entrati nella leggenda, un posto di tutto riguardo spetta alla mitica Spider del 1966, capostipite di quattro generazioni che, nella storia del Biscione e del nostro Paese, hanno attraversato un arco di tempo lungo quasi trent’anni e una serie di stagioni molto diverse l’una dall’altra. Dopo la parentesi Giulia Spider e la meteora Giulia Sprint GTC, il nuovo modello si prepara a raccogliere il testimone della Giulietta Spider, un’auto relativamente giovane eppure entrata già iconica per l’esuberanza del suo piccolo quattro cilindri bialbero e l’eleganza della carrozzeria firmata da Pininfarina. Come l’illustre progenitrice – icona di bellezza e motore del miracolo economico degli Anni ’50 – anche la nuova scoperta nasce sui tavoli da disegno della celebre carrozzeria torinese, che per l’occasione si avvale della preziosa collaborazione dell’ufficio stile della casa milanese.
DI NOME FA DUETTO. Quando viene presentata al Salone di Ginevra del 1966 insieme al resto della gamma Alfa Romeo, l’auto non ha ancora un nome. In un servizio Rai dell’epoca girato sull’autostrada Torino-Ivrea, il giornalista Gino Rancati definisce infatti la nuova nata in casa Alfa Romeo ‘l’innominata’. Il nome, come aveva già specificato in occasione della kermesse ginevrina l’allora amministratore delegato della casa del biscione, Raffaello Di Nola, l’avrebbe scelto il pubblico, partecipando a uno speciale concorso internazionale intitolato ‘Ecco il nuovo spider. Dategli un nome, diventerà famoso’. Ai piani alti del Portello arrivano ben 140501 proposte, ma solamente una colpisce la dirigenza dell’Alfa Romeo e Leonardo Sinisgalli, ex dirigente dell’Olivetti e, all’epoca, consulente della casa milanese. È lo stesso Sinisgalli, ripreso dalle telecamere della Rai accanto alla nuova vettura, a svelare le ragioni che fecero cadere la scelta che l’avrebbe contraddistinta fino a oggi: ‘Duetto’. “Al di là del significato”, spiega il celebre ingegnere-poeta lucano, “è un nome bello, raffinato, dalla pronuncia pulita. Il senso di queste due sillabe non si consuma subito. Duetto vuol dire armonia doppia, armonia tra la grazia e la forza, ma anche tra il pilota e chi gli siede accanto”. A proporre il nome ‘Duetto’ sono in quattro, tra cui una donna inglese, ma il fortunato vincitore del concorso, cui spetta in premio la nuova spider dell’Alfa Romeo, può essere soltanto uno. La fortuna sorride a un signore bresciano di grande cultura, tale Guidobaldo Trionfi, che tuttavia non non avrà mai la soddisfazione di veder assegnato ufficialmente l’elegante epiteto di sua invenzione alla nuova Alfa.
SIMBOLO ED EREDITÀ PER INTERE GENERAZIONI. A ben guardare, in realtà, la parola ‘Duetto’ ha sempre affiancato la denominazione ufficiale ‘Spider 1600’, talvolta addirittura sostituendola nell’immaginario collettivo e nel lessico quotidiano degli alfisti. Come si fa, del resto, a non chiamare affettuosamente Duetto un’auto che fa delle emozioni condivise con una persona speciale la sua stessa essenza? Al volante del Duetto hanno imparato a sognare intere generazioni di automobilisti, da quelle cresciute nel mito della velocità e del benessere a quelle che, proprio nel desiderio di libertà e nella ricerca della bellezza, hanno saputo trovare un antidoto efficace contro certe frenesie e brutture del mondo moderno. La Spider dell’Alfa Romeo si trasforma come per magia in Duetto quando si accende il motore e il cuore di chi la guida comincia a battere più forte. È l’auto di chi non ha paura d’amare e vive l’amore d’un fiato, lasciandosi spettinare e sedurre dall’ebbrezza della velocità. È l’auto di chi vuole scoprire il futuro e ama andare svelto da una tappa all’altra, senza però l’ansia di dover arrivare a un punto entro tempi prestabiliti. È, e non poteva essere altrimenti, un’auto destinata a incarnare gli ideali e le speranze di una generazione che ha tutta una vita davanti. Una generazione che in parte, nella seconda metà degli Anni ’60, è ben raccontata dal film Il laureato, in cui uno strepitoso Dustin Hoffman interpreta Benjamin Braddock, bravo ragazzo americano di famiglia benestante un po’ spaurito e imbranato di fronte al destino che l’attende dopo il college. La rossa Alfa Romeo Duetto regalatagli dal padre per la laurea sarà la prigione a cielo aperto dei suoi dubbi e il motore inesauribile dei suoi cambiamenti, inseparabile compagna di corse sfrenate a capote abbassata e teatro improvvisato di dialoghi in perenne tensione tra attimi complicità e spaventosi fraintendimenti. Errori, rimpianti, occasioni perse come sabbia tra le dita, riacciuffate per la giacca anche grazie alla grinta della sua bellissima, fiammante Alfa Romeo. Una macchina che, passo dopo passo, gl’insegnerà ad amare, a rompere i silenzi e ad ascoltare fino in fondo le ragioni del cuore.