Alfa Romeo: cose che (forse) non sai sulla 147
Tra le Alfa Romeo dell’era moderna – quelle nate, per intenderci, dopo il passaggio, nel 1986, dell’azienda dall’Iri alla Fiat – pochi modelli sono riusciti a calamitare l’attenzione del grande pubblico come la 147. Alla grintosa berlina a due volumi del Biscione, svelata nel 2000 al Salone di Torino e insignita l’anno successivo del premio Car of the Year, il più prestigioso e autorevole nell’industria dell’auto, lo scorso agosto il Museo Storico Alfa Romeo ha dedicato una bella conferenza d’approfondimento, disponibile anche in streaming sulla pagina Facebook del museo. A condire il racconto dell’auto, ancora oggi apprezzatissima dalla critica e dagli appassionati per la bellezza del design e le straordinarie doti dinamiche, moltissimi aneddoti curiosi, alcuni dei quali rivelati in videocollegamento dall’ingegner Domenico Martino, l’allora responsabile delle prestazioni della vettura. Della gestazione e dello sviluppo tecnico e stilistico dell’Alfa Romeo 147 abbiamo riassunto gli aspetti meno noti, concentrandoci su quelle innovazioni che l’hanno resa un punto di riferimento nella categoria delle compatte (e non solo).
TUTTO EBBE INIZIO… L’Alfa Romeo 147 ha debuttato nel 2000, ma ai primi bozzetti e alle prime maquette il Centro Stile di Arese aveva cominciato a lavorare già nel 1994, anno di lancio della 145. “La messa a punto dell’auto – rivela l’ingegner Martino – è cominciata con una piattaforma dotata di sospensioni MacPherson all’anteriore. Quando fu chiaro che quel layout avrebbe penalizzato non poco la dinamica e la sicurezza di guida, in nostro aiuto venne l’ingegner Cantarella (all’epoca ex amministratore delegato del Gruppo Fiat, ndr). Un bel giorno, durante una riunione con il mio team, ci guardò tutti negli occhi e con una mano disegnò nell’aria la sagoma della 156, dicendoci: ‘Voi la prendete, la tagliate a metà e la accorciate’. Lo ringrazio ancora, perché quella fu un’accelerazione decisiva verso lo sviluppo dell’handling eccezionale che poi saremmo riusciti a ottenere”. I quadrilateri alti all’avantreno migliorarono immediatamente la manovrabilità e la tenuta di strada, ma trarre il massimo beneficio dal MacPherson al posteriore non fu certo un gioco da ragazzi: “Rispetto alla 156 cambiavano i punti d’attacco alla scocca – spiega Martino -. Decisivo, in tal senso, fu l’apporto dell’ingegner Travaglio, che riuscì a ottenere una configurazione ideale: più si caricava il posteriore e più la macchina rimaneva incollata alla strada”. Fondamentale fu anche il contributo di Philippe Krief, l’ingegnere al quale molti anni dopo Sergio Marchionne avrebbe affidato lo sviluppo della nuova Giulia: “Era un ragazzo timido – ricorda Martino -. Arrivava da un’esperienza di sei anni in Giappone con la Michelin e in Alfa portò una metodologia di calcolo sui pneumatici che rese enormemente più semplice la taratura dell’ABS e dell’ESP”.
CITAZIONI RÉTRO. Una delle chiavi del corposo successo dell’Alfa Romeo 147 è il suo stile: grintosa, semplice e raffinata, la linea è pensata per vincere il tempo. Com’era già accaduto per la 156, i designer del Biscione costruirono un percorso creativo basato anche e soprattutto sulla reinterpretazione di alcuni degli stilemi che hanno caratterizzato le più famose e venerate Alfa Romeo del passato. Due esempi su tutti? Il lunotto a V è un omaggio alla Giulietta Sprint, mentre i fari e le linee del cofano anteriore richiamano, facendogli fare un salto avanti di mezzo secolo, il frontale della 6C 2500 SS Villa d’Este.
MA CHE STRANO RUMORINO… L’Alfa Romeo 147 ha fatto da apripista per alcune soluzioni tecnologiche che avrebbero conosciuto un impiego diffuso solo alcuni anni dopo il suo debutto, come per esempio i termoespandibili inseriti negli scatolati della scocca. Si trattava, in pratica, di spugne speciali che, immerse nei bagni di cataforesi a 180°C, si espandevano e sigillavano le fessure da cui potevano originarsi vibrazioni e rumori. “C’era un piccolo problema, però – rivela l’ingegner Martino -: le spugne erano montate su dei piccoli supporti di alluminio che d’estate, con le alte temperature, si dilatavano, scricchiolando sulle lamiere. Ricordo le auto parcheggiate nel piazzale della fabbrica di Pomigliano d’Arco: al sole, rumoreggiavano da sole”.
MENO SFORZO. Un altro punto d’orgoglio, per i progettisti dell’Alfa Romeo 147, è la frizione a recupero di usura. Il sistema, che nel gergo tecnico si chiama SAT e all’epoca richiese una laboriosa messa a punto, si basa su un meccanismo che provvede al mantenimento dello stesso carico sul pedale lungo tutta la durata della vita della frizione. “In questo modo – chiosa Martino -, anche se il disco era consumato, il cliente non percepiva l’incremento dello sforzo sotto il pedale”.
LA GEMMA INFUOCATA. Tra le tante intuizioni felici avute nel corso della definizione dello stile dell’Alfa Romeo 147, di una, apparentemente marginale, i designer e il loro responsabile del tempo, Walter de Silva, andavano particolarmente fieri: il pomello del cambio, inizialmente previsto con l’incisione dei numeri delle marce su una lamina di alluminio. “Era bellissima, tant’è che la soprannominammo la gemma. Aveva però un unico, grande difetto – spiega Martino -: esposta ai raggi solari diventava bollente, roba da ustionarsi la mano. Così, poco prima dell’avvio della produzione, la sostituimmo con una placchetta più sottile, fatta di plastica”.
SEDILI CHE FANNO LA DIFFERENZA. Una macchina sportiva non è una macchina sportiva senza un sedile in grado di contenere adeguatamente il corpo del pilota. “Su questo punto – ricorda Martino – lottai a lungo con l’allora responsabile dell’ergonomia, che era molto più basso di me e non voleva capire che la macchina sarebbe andata in mano anche a persone di statura sopra la media. Insistetti molto affinché si superasse definitivamente il concetto di sedile a panchetta su cui si basavano ancora le sedute della 156. Per la 147 volevo un sedile più sportivo, con un punto H il più basso possibile e spallette laterali in grado di tenere ancorato il guidatore: alla fine ci riuscimmo, lavorando sulla rigidezza e sulla portanza delle schiume per l’imbottitura”.
TELEMATICA DI SERIE. Nel 2000 i sistemi di infotainment che conosciamo oggi sarebbero stati fantascienza, ma sull’Alfa Romeo 147 qualcosa di simile – e ovviamente di un po’ più rudimentale – esisteva già. Con il sistema Connect, inserendo una SIM in un’apposita tasca sulla plancia, era possibile ottenere, per esempio, informazioni sul meteo e sul traffico, incluse le indicazioni dei percorsi più brevi per raggiungere la destinazione desiderata.