Addio al Drake dei motoscafi Tullio Abbate
Vediamo se indovini chi è. Ti do qualche indizio. Primo: aveva una Ducati 851 in salotto, parcheggiata proprio di fianco al camino. Secondo: agli inizi degli anni ’90, quando uscì l’Audi 80 cabrio, fu uno dei primi a comprarla. “Bellissima auto: ha solo un difetto. Si sono dimenticati di montarci il motore”. Terzo: il suo numero fortunato era il 5. Esatto, è proprio lui, Tullio Abbate. Impallinato di pistoni, amante della velocità e delle onde, è stato il Ferrari dei motoscafi.
DI PADRE IN FIGLIO. Siamo a Tremezzo, Lago di Como. Figlio d’arte, il papà di Tullio era quel Guido Abbate che smonta il motore dell’Alfa di Fangio per metterlo sul ‘Laura’, e battere il record mondiale di velocità con una media di 226 km/h. Ma non basta. Per tirar su bene il figlio, lo affida a Guidotti (quello della Mille Miglia a fari spenti con Nuvolari). E così Tullio comincia a correre coi motoscafi nel 1960. Prima gara (come co-pilota), prima vittoria. Nel palmares ci sono anche undici primi posti alla Centomiglia del Lario, ma l’inizio non è stato facile, soprattutto perché Tullio non si accontenta di guidarli, i motoscafi, lui li vuole anche costruire. “Mio padre faceva Stradivari col timone” e si offese a morte per il suo tradimento. Perché Tullio, scoperta la vetroresina, se ne innamora. “Nel ’64 ho addirittura rischiato di vincere il campionato europeo con un 1300cc… (gli altri montavano bestie dai 5000 in su). Però le loro barche erano roba da 15 quintali, mentre la mia pesava 300 chili”.
IL CANTIERE DEI CAMPIONI. Ma è a metà degli anni ’70 che fa il salto di qualità. Il papà va in pensione e lui molla (o quasi) le corse per dedicarsi alla progettazione delle sue barche. Rigorosamente in vetroresina, con una vocazione corsaiola, anche se poi sottocoperta c’erano cucina e camera da letto. Apri il cofano del vano motori e leggi cosa c’è scritto su quei monumenti alla potenza: Ferrari, Lamborghini, Porsche. Non si faceva mancare niente. Per la gioia dei clienti. Che prima di tutto erano appassionati. E gran manici. Già perché delle 8500 barche costruite in 40 anni di attività, alcune sono finite nelle mani di assi della pista. Da Agostini a Villeneuve, passando per Ickx e Prost. E Senna, a cui dedicò pure un modello speciale.
DA GIUGIARO AL VILLA D’ESTE. Al varo della Exception 70 c’era anche Giugiaro. Che estasiato gli domanda i disegni, vuole cercare di capire. Ma Abbate gli risponde, che non ci sono. E rilancia: “facciamoli adesso…”. Il motoscafo che ha cambiato la storia dei motoscafi è nato col metodo di suo padre: quattro linee per terra e via di stampi. Del resto Guido era ormai diventato l’addetto al controllo qualità, dal terrazzo di casa. “Capiva tutto solo dal rumore e dalla scia d’acqua… e poi mi mandava a chiamare dalla mamma”. Tullio se n’è andato come tutti gli uomini fortunati: solo dopo aver realizzato il suo sogno. Quello di costruire il Villa D’Este Special. Un motoscafo ipertecnologico, ma in mogano. Veloce e elegante. Erede ideale dell’Aquarama e un omaggio al papà.