A tu per tu con il custode della tradizione Bentley
L’INIZIO DELLA LEGGENDA. C’è stato un tempo lontano in cui, per sfidare sé stessi e farsi beffa dei pericoli della velocità, un gruppo di ricchi automobilisti inglesi girava di circuito in circuito per tutta Europa. Sfrecciavano impavidi sulle loro fiammanti Bentley e per questo li chiamavano i “Bentley Boys”: ragazzi della buona società e dal piede pesante che, con le loro imprese in pista, a cavallo tra gli anni ’20 e ’30 hanno contribuito a diffondere e tenere alto il prestigio dei bolidi con la “B” alata sul cofano. Uno di loro, al secolo Sir Tim Birkin, era particolarmente bravo con i motori, ed è in larghissima parte a lui che si deve la leggenda della seconda delle quattro “Blower” che allestì nel 1929. Questa possente 41/2 Litre che, con l’aggiunta di un compressore Roots, Birkin riuscì a portare alla stratosferica soglia – per allora – dei 240 CV, ha tantissime avventure da raccontare.
TRIONFO A LE MANS. La più famosa riporta le lancette dell’orologio alla 24 Ore di Le Mans del 1930 ed è incorniciata in una tela dipinta dall’artista Bryan De Grineau: la “Blower” numero 2 di Birkin, per metà sull’erba e con una gomma posteriore praticamente sulle tele, si sbarazzò della Mercedes SSK del favorito Rudolph Caracciola sul rettilineo dell’Hunaudières. Proprio lavorando ai fianchi il forte alfiere della stella a tre punte, Birkin riuscì a spianare la strada alla vittoria della Bentley Speed Six ufficiale di Woolf Barnato e Glen Kidston. Di storie come questa, pullula il vecchio edificio in mattoni rossi che s’affaccia sulla First Street dello storico stabilimento Bentley di Crewe. Qui, negli spazi dell’Heritage Garage che la casa britannica ha inaugurato lo scorso ottobre, brillano 42 modelli da collezione: 8 da corsa e 34 stradali – tutti rigorosamente funzionanti, tengono a precisare i membri dello staff -, in rappresentanza di una storia ultracentenaria in cui l’eleganza sopraffina si fonde con il brivido per la velocità. A farci da Cicerone, nella nostra passeggiata tra i gioielli su ruote che hanno fatto grande la Bentley, è Mike Sayer, custode del patrimonio storico dell’azienda e vero amante delle belle auto, o car guy, come dicono da queste parti. “Potrà sembrare strano, ma non è questa la macchina della collezione più difficile da guidare”, ci confessa girando attorno alla “Blower” n.2 da corsa.
Adesso siamo curiosi: a quale Bentley spetta la palma di spezza-braccia, dunque?
A lei – risponde Mike aprendo lo sportello della nera 8 Litre parcheggiata proprio accanto al potentissimo mostro modificato da Sir Birkin – ma non è tanto una questione di sterzo, quanto piuttosto di gestione del motore: ha sei cilindri, due in più rispetto alla “Blower”, e quindi in gioco c’è un’inerzia molto maggiore. Tutto sommato, comunque, sono due auto abbastanza simili per quel che riguarda la guida: certo la “Blower”, essendo un’auto da corsa, risponde con più prontezza al comando dell’acceleratore, ma il cambio, su entrambe non sincronizzato, si usa allo stesso modo, facendo la “doppietta” per facilitare gli innesti. A ogni modo, la mia preferita in assoluto rimane la 8 Litre.
Perché?
Perché suona come una locomotiva e l’impegno che richiede nella guida mi dà enorme gioia. E poi questa non è una 8 Litre come le altre 99 costruite nel biennio 1930-31: per un paio d’anni, Walter Owen Bentley, il creatore della leggenda, la utilizzò per spostarsi da un reparto all’altro della fabbrica. E sappiamo che ci era davvero molto, molto affezionato. L’idea di impugnare quel volante, di star seduto sul sedile su cui sedeva il signor Bentley, mi fa quasi piangere ogni volta che la guido”.
Ci indichi un’altra pietra miliare, magari facendo un balzo in avanti nel tempo…
Credo sia impossibile non soffermarsi sulla Turbo R, entrata in produzione nel 1985 e rimasta sulla breccia fino alla fine del decennio successivo, conquistando un successo corposo. La nostra è stata costruita nel 1991 ed è entrata in collezione solo quest’anno. Con il suo potente motore sovralimentato da 6,75 litri e 320 CV, all’epoca, quest’auto fu una vera rivoluzione: filava come una Ferrari e, a parità di comfort e sontuosità, era nettamente più sportiva di una Rolls-Royce. Insomma, un perfetto distillato d’eleganza e sportività, che poi è la sintesi del più puro DNA Bentley.
Non scherza neppure questa Arnage Red Label, però…
E infatti siamo di fronte a un’altra vettura che ha segnato una svolta decisiva nella storia della Bentley. Per l’Arnage del 2000 il gruppo Volkswagen, di cui entrammo a far parte due anni prima, decise di abbandonare il 4.4 V8 di origine BMW, che aveva di fatto mandato in soffitta il nostro V8 e che era un punto d’orgoglio della produzione motoristica Bentley sin dal 1959. Ebbene, il ritorno al nostro “vecchio” 6,75, naturalmente nella sua ultima evoluzione, cambiò il carattere di quest’auto da così a così. Non serviva più accelerare come matti, per sentire la spinta del motore: era sufficiente sfiorare l’acceleratore.
Qual è il rapporto tra i proprietari di Bentley storiche e la casa madre?
Molti di loro sono riuniti in un grande sodalizio, il Bentley Drivers Club. Ci diamo supporto a vicenda, soprattutto in occasione di eventi importanti. Capita spesso che ci forniscano le auto che a noi mancano in collezione e il registro che loro conservano è per noi una miniera d’informazioni storiche e tecniche di valore inestimabile. Un esempio su tutti: quando è arrivato il momento di scoprire se davvero la S2 Drop Head Convertible del 1960 che avevamo portato a casa era una delle 15 costruite, è a loro e solo a loro che ci siamo rivolti.
Restando in tema di classiche, qual è lo “spirito” e quali sono gli obiettivi dei progetti Continuation Series?
Si tratta di repliche fedeli in ogni dettaglio alle vetture originali, come nel caso delle 12 “Blower” gemelle della nostra n.2. Naturalmente, queste macchine hanno tutte già un compratore prima che vedano le luci dell’officina in cui vengono costruite da zero. Ma il business non è solo questo: mettere le mani su macchine così antiche, per i nostri tecnici e artigiani, significa anche poter sviluppare e allenare capacità utili, un domani, a riparare e restaurare le tante Bentley d’epoca ancora in circolazione. In proiezione futura, potrebbe diventare un servizio in più da aggiungere al nostro ventaglio di attività post-vendita”.