760: l’ammiraglia Volvo che viene dal freddo compie 40 anni
Il 2 febbraio 1982 la Volvo lanciò quella che negli Anni ’80 era destinata a diventare la sua nuova ammiraglia: la 760. Le sue forme squadrate strizzavano l’occhio alla clientela di riferimento della Casa svedese, quella nordamericana, che in passato aveva già premiato con un successo commerciale straordinario i modelli 544, Amazon e 240, senza contare le sportive 1800 e derivate. Lo stile delle auto dei principali marchi statunitensi, in quel periodo, privilegiava linee decise, spigoli netti, angoli retti. Per la Volvo, che in quel periodo non navigava – finanziariamente parlando – in acque tranquille, la scelta della direzione stilistica di optare per forme squadrate, in parte ispirate dalla concept-car VCC del 1980, permetteva di raggiungere un paio di obiettivi in tema di contenimento dei costi e di ottimizzazione dell’abitabilità in rapporto agli ingombri esterni.
PIÙ COMPATTA E SPAZIOSA DELLA 260. Fu così che la nuova Volvo 760 poté offrire misure interne più generose rispetto alla 260 che andava a sostituire, con una lunghezza ridotta di una manciata di centimetri, nonostante l’interasse allungato da 260 a 270 cm, e con la stessa larghezza. Le fiancate verticali permisero tra l’altro di aumentare il volume dell’abitacolo a parità di ingombro. Incidentalmente il peso venne ridotto di 100 kg circa. Per contenere i costi si scelse di riprendere dalla serie 240-260 l’impostazione meccanica con motore anteriore longitudinale, trazione posteriore, doppia scelta di cambio manuale o automatico, sospensioni anteriori a ruote indipendenti con schema McPherson e retrotreno ad assale rigido di tipo Constant Track. Curiosamente il prototipo della 760 adottava un motore diesel: quattro decenni dopo la Casa svedese avrebbe annunciato l’abbandono di questo genere di propulsori.
UNO STILE INSOLITO PER L’EUROPA. L’estetica della 760, raffinata, permetteva alla nuova Volvo di vestire perfettamente quei panni di ammiraglia che l’aspetto della 260 faticava a esprimere, al netto del motore 6 cilindri PRV di 2,9 litri, ereditato proprio dalla 260 e portato a 156 cavalli. Erano poi disponibili al debutto altri due motori: il sei cilindri turbodiesel di 2,4 litri di cilindrata, con 116 cv, di origine Volkswagen (con cui la 760 GLE Turbodiesel all’epoca si conquistò i gallone di vettura a gasolio più veloce del mondo) e il quattro cilindri turbobenzina di 2,3 litri e 179 CV. Questa unità motrice ebbe maggior successo però sulla 740 Turbo Intercooler, che debuttò successivamente, quando della ‘serie 700’ era stata presentata anche la versione Station Wagon che, come tradizione in casa Volvo, riscosse un successo nettamente superiore alla berlina. L’arrivo del motore quattro cilindri sulla 760 mandò in crisi il sistema di numerazione delle Volvo che, composto da 3 cifre, attribuiva a quella centrale il compito di indicare il numero dei cilindri. Del resto, negli USA era già capitato che alcune serie delle 244-245 adottassero il propulsore PRV di 2664 cc delle 264-265.
BERTONE NE DERIVÒ UNA COUPÉ. Sulla base tecnica della Serie 700 venne realizzata una coupé, la 780, disegnata e prodotta in Italia da Bertone e disponibile con le tre tipologie di motori della berlina: 6 cilindri di 2,8 litri a benzina e 2,4 litri turbodiesel, 4 cilindri turbobenzina da 2,3 litri (2 litri su alcuni mercati fiscalmente penalizzati, come quello italiano). La 780, ribattezzata semplicemente Coupé a fine carriera commerciale, conservava le forme squadrate della berlina anche se con qualche spigolo più smussato e con un frontale ribassato, accompagnato da una fanaleria leggermente più sottile. Sulla 780 il criterio della numerazione dei modelli Volvo crollò quasi definitivamente: a quanto pare l’8 centrale fu scelto per sottolineare l’esclusività di un modello particolarmente raffinato e costruito in piccola serie.
INVESTIMENTO COLOSSALE E UNA CARRIERA LUNGA 14 ANNI. Sulla 760 la Volvo investì quello che si definisce ‘un sacco di quattrini’: precisamente 3,5 miliardi di corone svedesi, pari a poco meno di 1,2 miliardi di euro attuali. L’auto, in Svezia, debuttò sul mercato nel 1982 con il prezzo di 99.800 corone svedesi, circa 33.500 euro attuali, quando quella delle 100mila corone svedesi rappresentava una soglia psicologica difficilmente superabile da parte della maggior parte dei clienti. Nella dotazione di serie della sei cilindri figuravano servosterzo, cambio automatico, vetri elettrici, aria condizionata e tetto apribile per un value-for-money di tutto rispetto.
PERDE GLI SPIGOLI. Nel 1987 la 760 conobbe un leggero restyling, concentrato soprattutto nella zona anteriore, dove il frontale venne arrotondato grazie alla calandra e alla fanaleria leggermente inclinati e ai gruppi ottici più avvolgenti. Nel 1990 la 760 (e la 740) cedettero il posto alla Serie 900, composta dai modelli più lussuosi e raffinati 960 e dai più economici 940, entrambi declinati in berline e Station Wagon. Nel 1997 la 960 lasciò il posto alle quasi identiche S90 e V90, rispettivamente berlina e Station Wagon, disponibili solo con il motore a benzina da 3 litri e rimaste a listino solo fino al 1998.
200MILA ESEMPLARI. La 760 è stata prodotta complessivamente in 221.309 esemplari, mentre la sua sorella minore (ma allestita con gli stessi lamierati e con gran parte degli stessi organi meccanici e dal prezzo più accessibile) superò il milione di unità. A comprarla, in prevalenza, clienti svedesi e statunitensi, con gli USA come primo mercato d’esportazione. Ma anche in Italia conobbe un bel successo, più d’immagine che commerciale (che arrise invece alla meno costosa 740), soprattutto con la carrozzeria Station Wagon.