veloce15 n.26: Olivetti e l’Italia dei visionari
Cominciamo con un ripasso dei tempi, perché non si sa mai. Il presente è quello che vivi, il passato, se te lo sei perso, al limite lo puoi sempre studiare. Ma il futuro è un’altra cosa: ci devi credere. Ecco perché in un mondo di sognatori, di visionari ce n’è in giro comunque molto pochi. La verità è che il futuro è sempre una scommessa, come diceva Pascal. E non bastano i bluff per giocarsela bene. Ci vuole anche sangue freddo, determinazione: insomma, fegato. Purtroppo però il visionario non è una guida turistica, non gli basta alzare un ombrellino rosso e tutti dietro in fila indiana. No, la fede, anche nel futuro, è un dono. E chi non ce l’ha lo riconosci subito perché viene colto da raptus di scuotimenti di testa, seguiti da farfugliamenti incomprensibili e da raffiche di “non è possibile”. Intervallate da “ma va là”.
Eppure ci sono (stati) momenti storici in cui ci si è attaccati a qualsiasi cosa. Colpa di guerre, fame, pandemie (a volte basta solo una gran noia) e gli ‘andrà tutto bene’ cominciano a spuntare sui davanzali. Perché è quando si pensa di non aver nulla da perdere che si crede in qualsiasi cosa. E si è disposti a seguire il primo che canta sul balcone o urla vinceremo. Non è una novità, è già successo un sacco di volte. Con le religioni, c’è gente che ha seguito uno nel deserto per quarant’anni. O nella politica: e tutti a sfasciar vetrine di notte e a bruciar libri in piazza (ogni riferimento alla Germania di Hitler non è puramente casuale). Perché no, il futuro non è sempre roseo. O, per finire, nell’industria. Dove l’Adriano di casa Olivetti ha sognato una fabbrica dal volto umano. Bene, e dopo che il futuro si è avverato, cosa succede? Passa. E ritorna. Come la primavera, che fiorisce forte solo dopo l’inverno più freddo. Il numero di metà maggio di veloce15 è dedicato a lui Adriano Olivetti e a tutti i sognatori che hanno reso l’Italia protagonista del boom economico. Lo trovate qui, buona lettura!