Veloce intervista: Alessandro Fassina

Veloce intervista: Alessandro Fassina

Classe 1966 (è nato il primo gennaio a Valdobbiadene, in provincia di Treviso), Alessandro Fassina è Presidente di Isotta Fraschini Milano. Sportivo di primo piano e imprenditore, dopo essersi cimentato da teen-ager con l’atletica e il calcio, si è lasciato attrarre dalla passione di famiglia per i motori debuttando sui kart prima di passare ai rally, seguendo quindi le orme del padre, “Tony”. I successi nel Trofeo Uno lo hanno portato a essere pilota ufficiale Lancia-Jolly Club nel Mondiale 1987 con la Delta HF4WD Gruppo N, vincendo in seguito la categoria Produzione nel Campionato Italiano nel 1990 con la Ford Sierra RS Cosworth, e nel Mondiale nel 1993 sulla Mazda 323 GT-R (Coppa FIA Gruppo N). Attualmente è Presidente di Isotta Fraschini Milano e Amministratore Delegato di Fassina Automotive, che distribuisce 14 brand (comprese Bentley e McLaren in esclusiva per l’Italia) e Amministratore Delegato di Autopolar Spa.

Doveroso iniziare con i complimenti, terminare la prima 24 Ore di Le Mans per un team e un Costruttore è sempre un bel traguardo. Come avete affrontato la gara?
Anche se Isotta Fraschini partecipa all’intero Campionato del Mondo Endurance WEC, la 24 Ore di Le Mans è la gara più importante della stagione, la più iconica, la più ricca di storia al mondo. Quest’anno in particolare la lotta al vertice nella categoria Hypercar, quella della nostra vettura, è stata molto serrata sul piano delle performance e ha visto la presenza di 23 auto al via, un fatto mai accaduto negli ultimi anni, il che ha reso la gara ancora più combattuta, con un equilibrio incredibile nella lotta per le prime posizioni. Noi abbiamo fatto tutto il possibile con i mezzi a disposizione e devo riconoscere anche a Giuliano Michelotto e alla sua struttura il merito di aver fatto un gran lavoro. Terminare e terminare al quattordicesimo posto assoluto la nostra prima 24 Ore di Le Mans, in un contesto così combattuto poi come quello di quest’anno, con le difficoltà atmosferiche, le quattro ore di Safety Car e le ultime ore corse con la pista umida o bagnata è un risultato molto appagante.

Con quali obiettivi eravate arrivati a Le Mans?
L’obiettivo era ben figurare; puoi essere veloce, molto veloce e non terminare la corsa, oppure finire la gara senza essere realmente veloce, senza mai brillare. Chiaramente finire Le Mans alla prima 24 Ore avrebbe avuto, e in effetti ha avuto, un sapore particolare. E ha comportato un notevole seguito mediatico perché alla fine la stampa ci ha accomunato alla Ferrari, che ha vinto e ha portato la seconda auto ufficiale sul podio, e alla Lamborghini, che pure si è ben distinta alla sua prima Le Mans con la hypercar. Del resto a Spa giravamo sui tempi delle Lamborghini, dunque l’accostamento è del tutto appropriato. Devo anche dire che su una gara di 24 Ore si raccoglie una tale mole di informazioni grazie alla telemetria che le stiamo ancora approfondendo a qualche giorno di distanza, per comprendere dove si trovano i margini di miglioramento.

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Vi avrebbe fatto gioco portare una seconda hypercar a Le Mans?
Per come è andata a finire siamo contenti così. Con una seconda vettura avremmo certamente avuto qualche vantaggio, per esempio raddoppiare le possibilità di arrivare al traguardo e raccogliere più informazioni ancora, così da correre più sereni, ma anche un impegno logistico maggiore e il rischio di distrarsi dalle cose più importanti. Quindi confermo, è andata bene così. Del resto il nostro è un programma a lungo termine, corriamo nel tempo e siamo onorati di farlo.

Quanto alla scelta dei piloti, non avete mai pensato di far affidamento su uno dei “mostri sacri di Le Mans”, per esempio, per sfruttarne l’esperienza e, perché no, la velocità?
La scelta dei piloti è stata demandata al team che fa correre la macchina e che ha puntato su una compagine giovane, con un pilota di 19 anni  e uno di 21. Ragazzi che fanno esperienza in gara, perché non è affatto facile pilotare a 340 chilometri orari un prototipo che pesa una tonnellata, quanto un’utilitaria dei giorni nostri. Sono auto impegnative, con cui è complicato andar forte. Per noi, lo ripeto, questo è un anno che serve per fare e accumulare esperienza. Onestamente non so se avrebbe avuto senso puntare su un campione affermato; credo che sia inutile accelerare i tempi del nostro progetto industriale e sportivo.

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Con quale spirito continuerete la stagione 2024 dopo questo bellissimo risultato?
Ora andiamo in Brasile che, in chiave logistica, è una gara molto scomoda perché si corre due settimane dopo Le Mans, che da parte sua è la corsa più impegnativa della stagione; siamo quindi obbligati a lavorare sulla nostra hypercar davvero in pochissimi giorni. Quanto ai piloti, confermo che è il team che li sceglie e potrebbero esserci novità nella parte finale della stagione ma non è un aspetto che mi compete direttamente.

Dov’eri nel weekend di gara?
L’ho seguita da casa, mentre ero stato in pista in tutte le precedenti gare. Per Le Mans però ho pensato che sarei stato più produttivo a casa o in ufficio e così è stato. Certo gli ultimi giri sono stati i più emozionanti, l’adrenalina scorreva a mille perché oltretutto si stava correndo in condizioni molto difficili, con le slick su una pista umida e bagnata a tratti. L’arrivo e la bandiera a scacchi, certamente sono stati il momento più bello. In verità non c’è mai stato un momento particolarmente difficile durante la corsa; abbiamo gestito un problema tecnico sul sistema ibrido il venerdì risolvendo la criticità in tempo utile.

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Quali ricadute avrà questo risultato sul progetto delle Isotta Fraschini stradale e da track-day?
Chiaramente le ricadute saranno e sono già notevoli e positive. Un bel risultato nella gara più importante del mondo, non solo del calendario WEC, è fondamentale e così è stato per noi. Per la vettura da track-day abbiamo già in atto varie interlocuzioni con piloti e gentleman driver che intendono servirsene per allenarsi in vista della partecipazione alle competizioni, date le prestazioni prossime a quelle della hypercar da gara. Per il modello stradale stiamo ultimando la definizione delle caratteristiche e delle soluzioni tecniche in rapporto alle omologazioni, in particolare stiamo valutando se puntare all’omologazione come GT, uguale per tutto il mondo, o come hypercar in tanti esemplari unici. Di certo, sono queste le auto su cui si base il piano industriale.

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