Popoli-Alfa Romeo, il motoscafo da record

Popoli-Alfa Romeo, il motoscafo da record

Al Museo Storico Alfa Romeo un siluro affilato dipinto di bianco e di rosso riposa silenzioso. Giace immobile sotto le luci soffuse della sala Giulia, come sulla riva di un porto sicuro: là dove insieme a tante altre creature meccaniche, compagne di mille avventure tra cielo, terra e mare, racconta l’epopea della casa del Biscione. Il primo atto della rassegna Backstage 2020 fa sold out e con un protagonista così, che profuma di mare, velocità, rischio e azzardo, volare sulle ali della fantasia è un gioco da ragazzi.

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TRE PUNTI. Una sensazione di euforia mista a paura deve aver pervaso i presenti nell’immaginarsi quel ‘siluro’ immobile, così sottile, leggero e fragile, lanciato sul pelo dell’acqua a oltre 200 chilometri all’ora. Un esercizio della mente da completarsi calandosi idealmente nell’angusto abitacolo dello scafo e, quindi, nei panni dell’uomo che lo consegnò alla storia: Leopoldo Casanova. A riavvolgere il nastro di quell’impresa – il record di velocità su acqua nella categoria KC 500 kg, stabilito nel 1969 e tuttora imbattuto – è il figlio del leggendario motonauta emiliano, Giuseppe Casanova, anch’egli pilota pluripremiato di natanti da competizione dal 1977 al 1990 con i colori della Motonautica Parmense. L’imbarcazione Popoli-Alfa Romeo conservata al museo è una ‘tre punti’, configurazione in voga negli Stati Uniti fin dal 1945 e sperimentata per la prima volta nel nostro paese quattro anni più tardi da Achille Castoldi, uno dei padri della motonautica italiana. A differenza di una barca tradizionale, il cui scafo poggia interamente sull’acqua, qui gli elementi di contatto con la superficie acquatica sono soltanto tre: i due scarponi laterali e l’elica, che sollevando la poppa crea la portanza idrodinamica tipica di queste imbarcazioni, del tutto simili a missili acqua-aria quando lanciate alla massima velocità.

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UNA FRECCIA SULL’ACQUA. “Una soluzione che permette di planare sull’acqua, raggiungendo velocità altrimenti impensabili”, spiega Casanova, sottolineando come quel sistema era anche il “modo più efficace per vincere l’attrito dell’acqua, che ha una densità di oltre 500 volte superiore rispetto a quella dell’aria”. Un assetto tanto geniale quanto precario, che trasformava la barca in una specie di aeroplano a pelo d’acqua e che al pilota richiedeva doti di funambolo. “Se il motoscafo a vuoto ha una massa di 490 chili – fa notare Casanova – quando plana sull’acqua ne pesa soltanto poche decine”. L’abilità del motonauta consisteva nel mantenere il sottile equilibrio tra le insidie del mare e del vento e la potenza del motore. In questo caso, un vero cavallo di battaglia per l’Alfa Romeo: il V8 di derivazione Tipo 33, che i tecnici dell’Autodelta, il reparto corse della casa milanese, portarono da 2 a 2,5 litri ottenendo una potenza superiore ai 300 cv.

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IL MATRIMONIO POPOLI-ALFA ROMEO. “Fu l’ingegner Carlo Chiti (direttore generale dell’Autodelta, ndr) a contattare mio padre nel 1969”, rivela Casanova, spiegando come la triangolazione tra l’esperto motonauta, l’Alfa Romeo e il cantiere Popoli – un’officina navale di belle speranze che in quegli anni stava iniziando a farsi conoscere per la qualità delle sue imbarcazioni – avrebbe reso felici tutti gli attori in campo. Per Casanova si trattava di una sfida personale contro il cronometro e i pericoli del mare che, in caso di vittoria, gli avrebbe regalato il titolo di campione mondiale di velocità su acqua. Un traguardo che, ancor prima di iniziare i lavori per la costruzione della barca, cominciavano a pregustare anche il piccolo cantiere navale emiliano e l’Alfa Romeo, i cui primi contatti con la motonautica risalivano addirittura agli Anni ’20. Al prestigio delle vittorie conquistate dalle sue automobili da corsa, infatti, la casa del Biscione avrebbe aggiunto un tassello che avrebbe dato ancora più lustro al suo già ricchissimo palmarès sportivo.

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UN RECORD… A TEMPO DI RECORD. Per l’Alfa Romeo si trattava anche di un duello a distanza con le altre case automobilistiche impegnate nella costruzione di motori marini, su tutte la Maserati, che aveva motorizzato il motoscafo detentore del record da battere: 210,84 km/h. “Nel giro di un mese la barca fu pronta. Secondo precise indicazioni di Chiti – ricorda Casanova – fu studiato un profilo poco portante, in modo da ridurre al minimo il rischio di sollevamenti o, peggio ancora, decolli indesiderati”. Una volta stabilito il baricentro della barca, passaggio fondamentale prima di inserire il motore, fu montato un moltiplicatore. “Bisognava aumentare il regime di rotazione dell’elica da 9500 a 12mila giri al minuto – spiega Casanova –: soltanto così si sarebbe potuta adottare un’elica a passo corto, condizione necessaria per ottenere una buona guidabilità”. Le prime prove furono effettuate nel parmense, a Sacca di Colorno, proprio su quel tratto del Po che aveva forgiato il talento di Leopoldo Casanova e di tanti altri veterani della motonautica di casa nostra. “I primi test – racconta Casanova – mostrarono un beccheggio preoccupante: sopra i 190 km/h la barca non era sicura. Dopo alcuni interventi fallimentari sulla distribuzione dei pesi, furono messi dei rialzi sotto gli scarponi per aumentare il flusso d’aria sul frontale e, quindi, ridurre la tendenza della barca a puntare il muso verso l’acqua”. Un espediente decisivo per la sicurezza, ma anche per l’efficienza idrodinamica dello scafo che, dopo le modifiche, fece registrare un passaggio alla straordinaria velocità di 236 km/h.

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ORGOGLIO ALFISTA. Con una velocità di punta di 26 km/h superiore a quella di 210,84 km/h stabilita da Liborio Guidotti con il suo ‘tre punti’ motorizzato Maserati, l’entusiasmo in casa Popoli e Alfa Romeo era alle stelle. Anche Casanova non vedeva l’ora di aggredire il chilometro lanciato del lago di Sabaudia (base italiana ufficiale per i record di velocità su acqua, ndr) con il suo racer. A cui, per la prima volta in carriera, aveva deciso di dare un nome. “Mio padre la chiamò President – spiega Giuseppe Casanova –, in onore del fratello maggiore che, all’epoca, era il presidente del circolo nautico dove si allenava”. Casanova, da vero fuoriclasse qual era, studiò le onde e i loro inganni e, davanti alle telecamere della Rai, ritoccò il record precedente, stabilendo il primato tuttora imbattuto nella categoria KC 500 kg: 225,15 km/h. La mattina seguente, all’impresa di Casanova la Gazzetta dello Sport dedicò la prima pagina, a testimonianza di quanto la motonautica, all’epoca, tenesse col fiato sospeso milioni di italiani. “Al di là del significato sportivo, quel record è lo specchio di un’epoca fatta di sogni, un’epoca in cui si cercava di andare sempre oltre. Oggi – ha concluso Giuseppe Casanova – gli alfisti sparsi in giro per il mondo sono gli eredi di quel clima meraviglioso”. (Foto B/N: Archivio Storico Alfa Romeo)

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