MIMO 2022 e 1000 Miglia, che spettacolo a Monza
MIMO E 1000 MIGLIA, UN PIENO DI EMOZIONI. Avete mai sentito parlare dell’Amilcar? Per un ventennio circa, a cavallo tra gli anni ’20 e ’30 del Novecento, in Francia ha costruito auto sportive di un certo successo. Oggi vederne una sulle strade italiane è praticamente impossibile. A meno di imbattersi nella carovana della 1000 Miglia, una specie di “miracolo” che, per gli appassionati, si ripete puntuale ogni anno. Ed è sempre la stessa sorpresa, la stessa meraviglia. Ieri, a Monza, ospiti del MIMO 2022 per la Journalist Parade, abbiamo assaporato un pezzo molto importante della leggendaria Freccia Rossa. Quest’anno, infatti, ricorre il centenario dell’inaugurazione del Tempio della Velocità, mentre la rievocazione storica della “corsa più bella del mondo” (mai slogan fu più vero) taglia il traguardo delle quaranta edizioni.
MACCHINE E UOMINI D’ALTRI TEMPI. Compleanni tondi che si sovrappongono, raccontando storie di grandi uomini e grandi macchine e gettando fiumi di benzina sulla fiamma della passione. E non solo in senso figurato: di benzina, le “vecchiette” in gara – più di 400, tutte costruite tra gli Anni 20 e 50 del secolo scorso – ne hanno scolata a fiumi, durante i quattro giorni dell’evento. Benzina con speciali additivi, per preservare la zona delle valvole dei motori più anziani, e ovviamente anche tanto, tantissimo olio. Negli abitacoli delle Bugatti, stretti al limite del claustrofobico (pensate rimanerci incastrati in due per 2000 chilometri…), ne galleggiava uno strato alto almeno un paio di millimetri. Sempre di olio erano imbrattate le tute e le mani dei piloti e dei meccanici, le facce esauste ma felici, nere di fuliggine e rigate qua e là da rivoli di sudore per il grande caldo e le fatiche della corsa.
UNA COSA SERIA. A differenza nostra, spettatori “dentro” la corsa ma solo per qualche ora (e soprattutto senza in corpo il flusso d’adrenalina impetuoso di chi l’ha compiuta), i concorrenti più competitivi probabilmente non sono nemmeno riusciti a godersi la pausa pranzo. Del resto, parlando di un problema alla macchina con quell’impeto – o di un guasto, insomma di un qualcosa andato storto e costato caro nell’economia della classifica – un prosciutto cotto e una pancetta coppata probabilmente diventano la stessa cosa. È anche questo il bello di una corsa che oggi è di regolarità e non più di velocità come un tempo, ma nella quale tutti continuano a fare sul serio.
IN PISTA CON LA SUPER “G”. Con uno spirito decisamente meno arrembante, l’asfalto della pista, comunque, l’abbiamo “assaggiato” anche noi. La macchina non era forse la più adatta allo scopo ma, a suo merito, c’è da dire che notare s’è fatta notare. E pure alla grande. Ebbene sì, con tutti quei cavalli e quelle due coppie di scarichi che sbucano con fare minaccioso da sotto le portiere, la “nostra” gigantesca Mercedes-AMG G63 è riuscita a rubare sguardi e flash persino in mezzo a quel fantastico “museo viaggiante” – per dirla con il grande Enzo Ferrari – che è la Mille Miglia. È stato meglio lanciarla lungo il rettilineo, però, che lasciarla “coricare” sui tratti più ripidi della Sopraelevata, con l’elettronica di controllo completamente “impazzita” nel timore di un imminente patatrac. In realtà, di ritrovarci sdraiati su un fianco o, peggio, a ruote per aria, non abbiamo corso il minimo rischio. La Geländewagen più potente di sempre, da ottima fuoristrada qual è, se l’è cavata egregiamente. Chapeau.